mercoledì 28 marzo 2012

Il Papa ha lasciato Santiago de Cuba e si è trasferito all’Avana. Nell’allegria della vera anima cubana (Ponzi)

Il Papa ha lasciato Santiago de Cuba e si è trasferito all’Avana

Nell’allegria della vera anima cubana

dal nostro inviato Mario Ponzi

Dopo il sombrero, una ghirlanda di fiori per Benedetto XVI. Singolari ma differenti i due omaggi più caratteristici con i quali i messicani prima e i cubani poi hanno voluto dimostrare al Papa tutto il loro affetto. Differenti non tanto, o almeno non solo nella forgia, ma soprattutto nel significato che essi hanno assunto per il Pontefice.
Del sombrero si sa; gli è stato posto sul capo prima della messa al Parco del bicentenario, e lui lo ha tenuto volentieri per rispondere a quel grido Benedicto hermano ya heres messicano e mostrare tutta la sua voglia di sentirsi messicano. Ma la ghirlanda che gli ha posto intorno al collo martedì mattina, 27 marzo, suor Teresa Kerketta, durante la messa celebrata in privato prima di lasciare la residenza nel seminario San Basilio Magno, a Santiago de Cuba, ha avuto per il Papa un valore ancor più profondo. La religiosa è una Missionaria della Carità dedita alla vita contemplativa. Quando fanno la loro scelta le suore sono invitate a decidere quale sacerdote sostenere con le loro preghiere. Venti anni fa suor Teresa decise di pregare per il cardinale Ratzinger.
E da allora non ha mai smesso di farlo, ogni giorno. È indiana e dunque ha voluto rendere omaggio al suo «protetto» con la tipica ghirlanda di fiori. Il Papa è rimasto profondamente commosso dall’incontro con questa suora che continua a pregare esclusivamente per lui.
Concluso questo momento particolarmente intenso, la religiosa si è ritirata nella sua cella per riprendere, ha assicurato al Pontefice, la sua preghiera e accompagnarlo spiritualmente ai piedi della Vergine del Cobre. E nel santuario dedicato alla patrona di Cuba, dove si è recato in visita prima di partire per L’Avana, Benedetto XVI ha sostato a lungo dinanzi alla piccola statua in un raccoglimento profondo. Accanto a lui solo i vescovi cubani. Il luogo ispira una pace interiore incredibile. Non a caso per i cubani è un punto di riferimento nella vita quotidiana. Il più importante. Non passa anno senza che almeno una volta si rechino a venerare la loro patrona. Lo stesso Hemingway, negli anni del suo volontario esilio cubano, era solito sostare nel santuario. Tra i numerosi ex voto è custodita la medaglia d’oro del suo Nobel. Molte le altre onorificenze conquistate da campioni dello sport e da artisti cubani nei secoli passati.
Benedetto XVI ha deposto ai piedi della Vergine una rosa d’oro. Un omaggio che si ripete in ognuno dei santuari mariani che segnano le sue visite apostoliche. All’esterno una piccola cornice di folla sul ristretto piazzale, ma una ben più folta proprio sotto il parapetto della collinetta. Poche parole il Papa ha rivolto a questa gente festosa, mostrando la sua capacità di intrecciare i tanti fili della loro vita spirituale. Salutandoli ha raccomandato di non lasciar morire mai l’allegria dell’anima cubana. Poi è partito alla volta della capitale.
Doveva essere senza formalità l’arrivo all’aeroporto José Martí all’Avana. La cerimonia ufficiale si era svolta a Santiago, dunque niente discorsi. Ma questa gente non finisce di stupire: niente discorsi ufficiali è vero; a «parlare» però sono stati i giovani allievi di una scuola di danza classica, che, a pochi passi dalla scaletta dell’aereo, hanno eseguito uno dei loro pezzi forti, accompagnati da un’orchestra di soli giovani. Benedetto XVI, sorpreso dalla singolare accoglienza, ha molto gradito e si è fermato alcuni istanti per ammirare le loro evoluzioni. Li ha ringraziati e poi è partito verso la città.
L’Avana gli è apparsa con il suo volto più vero. Sembra una vecchia regina, con la corona poggiata accanto ai piedi e un vestito che si intuisce bellissimo nonostante lo indossi da oltre cinquant’anni. È una delle città più belle dell’America latina, tra le più affascinanti del mondo. Sul mare sembra adagiarsi; il centro storico, in stile coloniale, mostra ancora le vestigia di un tempo: grandissimi viali alberati, quartieri con edifici architettonicamente fastosi con le loro colonne, tutte sormontate da artistici capitelli. Oggi sembra riemergere da un tempo lontano. Anche se nascosti da una mano di tinta fresca, passata in fretta, i palazzi mostrano i segni del degrado mai arrestato per la mancanza dei mezzi necessari. Alcune case, quelle di seconda fila, sono puntellate, altre diroccate. Un tempo erano abitate da gente ricca. Oggi sono affollate da un popolo povero, ma pieno di fantasia. È gente che sembra seguire il destino delle proprie abitazioni. Per accogliere il Papa hanno tutti indossato i vestiti della festa. Per la gran parte abiti consunti, un po’ sbiaditi, ma puliti.
Il trasferimento alla nunziatura è avvenuto, neppure a dirlo, tra due ali di folla festante. Con la musica protagonista, che dà ritmo alle grida di entusiasmo. Proviene da orchestrine improvvisate o da registratori ad altissimo volume. Ritmi cubani naturalmente, cadenzati di tanto in tanto da gruppi di ballerini di ogni età — qui sono tutti abili danzatori — che si sono ricavati uno spazio in prima fila per mostrarsi al Papa.
Davanti alla nunziatura, dove Benedetto XVI risiede durante il suo soggiorno all’Avana, si sono radunati centinaia di giovani che, non accontentandosi del fugace passaggio, hanno continuato ad acclamarlo anche quando è scomparso dietro la porta del palazzo. Il Papa allora si è affacciato al balcone, li ha ringraziati per la loro accoglienza così calorosa e li ha benedetti. Solo allora i giovani hanno placato il loro entusiasmo.
La replica più tardi, quando, dopo una breve sosta, il Papa è ripartito per dirigersi verso il Palazzo presidenziale per la visita di cortesia a Raúl Castro. L’incontro privato tra i due si è protratto per circa quaranta minuti, mentre contemporaneamente se ne svolgeva uno analogo tra la delegazione vaticana, guidata dal cardinale segretario di Stato, e quella del Governo cubano guidata dal vicepresidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri. Tra gli argomenti di conversazione, ha reso noto poi il gesuita Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, «le attese della Chiesa cubana e il suo desiderio di sviluppare ulteriormente la sua presenza, per dare un contributo positivo al bene del Paese». Padre Lombardi ha anche riferito della richiesta fatta dal Pontefice al presidente cubano Raúl Castro di riconoscere il Venerdì Santo come giorno festivo sull’isola caraibica, ricordando come nel 1998, al termine della sua visita Giovanni Paolo II chiese e ottenne da Fidel Castro analogo riconoscimento per il giorno di Natale.
Al termine Benedetto XVI e il presidente cubano si sono affacciati sul patio del Palazzo de la Revolución per salutare giornalisti, fotografi e cameramen assiepatisi per immortalare la doppia stretta di mano che i due si sono scambiati.
In questo frangente il popolo è rimasto un po’ ai margini ma ha continuato a far festa. I «cammelli», tipici bus cubani, snodati e lunghissimi, tanto affollati da togliere il respiro, continuano a sfornare gente nel coacervo delle viuzze che si intrecciano a due passi dal Palazzo; i caratteristici cocotaxi fanno la spola dai diversi angoli della città con destinazione i luoghi in cui passa il Papa; i ciclisti procedono a nugoli incalcolabili. Non arriveranno mai a vedere il Pontefice, ma non importa: è comunque un modo di partecipare alla festa. Difficile veder sparire il sorriso dal volto dei cubani. A maggior ragione non lo perdono oggi che la situazione va decisamente migliorando.
All’imbrunire i colori della città sono fantastici. I suoni cambiano: La Havana non tace mai. Il Papa è rientrato in nunziatura e ha incontrato i vescovi del Paese. Non è previsto alcun discorso. Si ritrovano a cena per parlare insieme delle sfide che la Chiesa cubana deve affrontare nella consapevolezza del ruolo che è chiamata comunque a svolgere in questo momento di transizione sociale. La gente guarda e guarderà sempre con maggiori attese alla Chiesa. È un popolo credente, ma la sua è una religiosità che risente di influenze della «santeria» in modo particolare. Si tratta di una religione afro-cubana che ha inglobato molti elementi del cattolicesimo. In anni passati ha goduto anche dei favori governativi, perché considerata uno strumento utile per raggiungere la popolazione. Tuttavia recenti statistiche rilanciano la cattolicità dei cubani. Il numero dei battezzati aumenta in modo esponenziale, così come cresce considerevolmente il totale di quanti frequentano la messa poiché ci sono meno motivi che in passato di ritorsioni repressive. Dietro l’angolo c’è però il pericolo rappresentato dalle sette. Sono in crescita e sono una fonte di preoccupazione in più per la Chiesa.

(©L'Osservatore Romano 29 marzo 2012)

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