domenica 11 marzo 2012

Dialogo ecumenico con pazienza, magnanimità e perdono reciproco: così il Papa ai Vespri con Rowan Williams

Dialogo ecumenico con pazienza, magnanimità e perdono reciproco: così il Papa ai Vespri con Rowan Williams

“Scegliere Dio vuol dire coltivare pazientemente, accettando i suoi tempi, il dialogo ecumenico e interreligioso, sempre tenendo fede al carisma originario”.
Così il Papa ieri sera durante i Vespri nella Basilica dei Santi Andrea e Gregorio al Celio, con la partecipazione dell’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Rowan Williams. Una celebrazione, che si inserisce nei festeggiamenti per il millennio di fondazione dell’Eremo di Camaldoli. Il servizio di Cecilia Seppia.


E’ il Monastero di San Gregorio al Celio ad ospitare la preghiera dei Vespri in un rinnovato abbraccio ecumenico tra la Chiesa di Roma e la Comunione anglicana. Ai Monaci camaldolesi, ripercorrendo i brani di San Paolo, il Papa rivolge alcune esortazioni: quella di aprirsi alla grazia, “di approfittare del momento opportuno” e di accogliere nella propria vita Gesù stesso, la sua Persona, la sua Parola e il suo Spirito. E quella di sforzarsi per essere fedele a Dio ogni giorno nel proprio ministero “perché esso sia efficace e non risulti invece ostacolo per la fede”.
“Queste parole ci fanno pensare a san Gregorio Magno, alla testimonianza luminosa che diede al popolo di Roma e alla Chiesa intera con un servizio irreprensibile e pieno di zelo per il Vangelo. Veramente si può applicare anche a Gregorio ciò che Paolo scrisse di sé: la grazia di Dio in lui non è stata vana (cfr 1 Cor 15,10). E’ questo, in realtà, il segreto per la vita di ciascuno di noi: accogliere la grazia di Dio e acconsentire con tutto il cuore e con tutte le forze alla sua azione. E’ questo il segreto anche della vera gioia, e della pace profonda”.

Ancora il Papa insiste sulle parole che l’Apostolo rivolge ai Colossesi per formarli secondo il Vangelo, perchè agiscano nel nome del Signore in qualunque cosa facciano, “e perchè vivano secondo la misura alta della vita cristiana che è la santità”.

“Anche qui alla base di tutto c’è la grazia di Dio, c’è il dono della chiamata, il mistero dell’incontro con Gesù vivo. Ma questa grazia domanda la risposta dei battezzati: richiede l’impegno di rivestirsi dei sentimenti di Cristo: tenerezza, bontà, umiltà, mansuetudine, magnanimità, perdono reciproco, e sopra tutto, come sintesi e coronamento, l’agape, l’amore che Dio ci ha donato mediante Gesù e che lo Spirito Santo ha effuso nei nostri cuori. E per rivestirsi di Cristo è necessario che la sua Parola abiti tra noi e in noi con tutta la sua ricchezza, e in abbondanza”.

“La Congregazione dei Monaci Camaldolesi – dice Benedetto XVI – ha potuto percorrere mille anni di storia nutrendosi quotidianamente della Parola di Dio nell’Eucarestia”, come aveva fatto il loro fondatore San Romualdo, secondo il “triplex bonum”, della solitudine, della vita in comune e dell’evangelizzazione. Da qui il Papa prende spunto per ricordare alcune personalità di spicco, zelanti Pastori della Chiesa che hanno saputo mostrare gli orizzonti e la grande fecondità della tradizione camaldolese. Ricorda le foresterie, importanti luoghi di accoglienza, il “Codice di Camaldoli”, una delle fonti più significative per la costituzione della Repubblica Italiana, gli anni propizi del Concilio Vaticano II, per la nascita di nuovi insediamenti della Congregazione negli Stati Uniti, in India, Tanzania e Brasile. Ancora riprendendo le parole di Giovanni Paolo II, il Papa invita i monaci a scegliere sempre Dio nella vita eremitica come nella preghiera comune e ad accogliere sempre i fratelli, secondo il motto dei Camaldolesi “Ego Vobis, Vos Mihi”, sintesi della formula di alleanza tra Dio e il suo Popolo.

“Il mio Beato Predecessore sottolineò inoltre che 'scegliere Dio vuol dire anche coltivare umilmente e pazientemente – accettando, appunto, i tempi di Dio – il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso', sempre a partire dalla fedeltà al carisma originario ricevuto da san Romualdo e trasmesso attraverso una millenaria e pluriforme tradizione”.

L’esortazione finale che il Pontefice rivolge ai presenti, è di condividere la gioia del cristianesimo, ma anche l’impegno di pregare costantemente e di operare insieme cattolici e anglicani per raggiungere la piena unità.

Prima del discorso del Papa anche le parole dell’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams che passa in rassegna le virtù di San Gregorio e il cuore della sua visione monastica: “l’essere immersi nella vita sacramentale del Corpo di Cristo” per poi riuscire a riconoscersi e ad amarsi davvero gli uni gli altri:

“La Chiesa è chiamata a mostrare quel medesimo spirito profetico che è riconosciuto a San Gregorio, la capacità di vedere dove si trova il bisogno autentico e di rispondere alla chiamata di Dio che si manifesta nella persona del bisognoso. Per fare ciò, ci è richiesto un habitus di discernimento, la capacità di penetrare al di là dei pregiudizi e degli stereotipi che colpiscono anche i credenti, in una cultura che è così precipitosa e superficiale in tanti dei suoi giudizi. E all’habitus del discernimento appartiene l’habitus di riconoscerci gli uni gli altri come agenti della grazia, della compassione e della redenzione di Cristo”.

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