venerdì 20 luglio 2012

L'Osservatore Romano ricorda la disputa sulle ossa di San Pietro (Izzo)

VATICANO: OSSERVATORE RICORDA DISPUTA SU OSSA SAN PIETRO


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 18 lug. 


La disputa tra Margherita Guarducci e padre Antonio Ferrua sull'autenticita' delle ossa di San Pietro venerate nelle Grotte Vaticane e' ricostruita oggi dall'Osservatore Romano che dedica ampio spazio al libro "Le orecchie del Vaticano" scritto dal giornalista Bruno Bartoloni, storico corrispondente della France Presse per le edizioni Pagliai di Firenze. 
La discussione tra l'epigrafista e il gesuita archeologo e' andata avanti fino a quando nel 1968 Paolo VI dette ragione alla Guarducci e annuncio' al mondo che le reliquie dell'Apostolo erano state trovate. Tutto era cominciato 30 anni prima, con la morte di Pio XI che aveva chiesto di essere sepolto nelle Grotte, rendendo necessari una serie di lavori per risanare la cripta sottostante la Basilica
"Margherita Guarducci, docente di epigrafia e antichita' greche all'universita' di Roma, va a metterci il naso. E - scrive Bartoloni sull'Osservatore - riesce a decifrare fra i graffiti sul muro rosso uno che dice in greco 'Petros eni'' e cioe' 'Pietro e' qui''". "Comincia a indagare da vero Sherlock Holmes in gonnella e ritrova Giovanni Segoni, il sampietrino che aveva materialmente condotto gli scavi. Dopo molte insistenze, Giovanni Segoni si ricorda che monsignor Kaas gli aveva affidato i resti trovati nella cassetta e che lui li aveva messi in una scatola di scarpe lasciata in un ripostiglio per le scope in un angolo della Fabbrica di San Pietro". 
Fu cosi' spiega il vaticanista, che Margherita Guarducci "riusci' a recuperare la scatola con i resti". Dalle prime analisi risulto' che c'erano resti di ossa umane appartenenti almeno a un individuo di sesso maschile fra i sessanta e i settant'anni, di costituzione robusta". 
Ma, secondo Bartoloni, "se sulla tomba di Pietro non sembrano esserci proprio dubbi, sulle sue reliquie i misteri sono molti". Ad esempio un ordinario di anatomia siciliano, Dino Correnti, che ebbe modo di analizzarle alla fine degli anni Cinquanta, ha sostenuto che si trattava dei resti di due uomini perche' ci trovo' tracce di arti doppi. Inoltre, ricorda il testo pubblicato oggi dall'Osservatore, "vi erano i frammenti di un tessuto in porpora e oro, i resti di un gallo della stessa epoca (che poteva essere un animale simbolico) ma anche i resti di un sorcio di un paio di secoli dopo e che purtroppo c'e' da pensare che non sia stato troppo rispettoso con le sacre reliquie".
"La Guarducci - ricorda Bartoloni - confermo' nel 1959 alla stampa le sue scoperte con grande ricchezza di dettagli. Fu subito smentita seccamente dalla commissione Kaas, Kirschbaum, Ferrua. 
Dieci anni dopo, Paolo VI le dette ascolto e annuncio' il 26 giugno del 1968, ancora una volta in un anno pieno di tensioni, che 'le reliquie di San Pietro sono state identificate in modo che possiamo ritenere convincente'. Margherita Guarducci, fiera della sua rivincita a tanti anni di distanza nei confronti di padre Ferrua, l'unico sopravvissuto dei primi ricercatori, pote' rilanciare una nuova edizione delle sue appassionanti ricerche". La storia non fini' a quel punto, a dispetto della scomparsa di quasi tutti i protagonisti. Il litigio storico-archeologico si e' trascinato almeno fino al 1995. La Guarducci a insistere sulla sua scoperta e Ferrua a smentirla. 
Pur ammettendo che potrebbe esserci stata qualche disattenzione sulle ossa umane trovate nella nicchia e poi scomparse, padre Ferrua scriveva appunto nel 1995 che Paolo VI aveva fatto chiudere nove piccoli frammenti delle ossa trovate dalla Guarducci in un artistico reliquiario che teneva esposto nella sua cappella privata con la scritta B(eati) 'Petri Ap(ostoli) esse putantur. "In linguaggio corrente commentava il gesuita archeologo sulla Civilta' Cattolica vorrebbe dire: 'e' un'opinione; altri ci credono, io no'. Giovanni Paolo II - conclude Bartoloni - non e' mai tornato sulla faccenda. E finora neppure Benedetto XVI". 


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8 commenti:

Andrea ha detto...

In apertura dell'articolo, una vera enormità: San Pietro fu "un ebreo convertito".
In chiusura, un'altra: papa Paolo VI, facendo scrivere sul reliquiario delle Ossa "putantur", intendeva "qualche esaltato (la Guarducci) crede che siano autentiche, io no".

Nel corpo, l'affermazione dell'esistenza di una "maledizione" del tipo Piramidi d'Egitto su chi avesse turbato il sonno di Pietro. Non ne ho mai sentito parlare.

I veri temi sono:

1- la discussione DEVE continuare - ogni risultato scientifico dev'essere ribaltabile
2- San Pietro DEVE essere un ebreo fuoriuscito dall'Ebraismo, cioè la Chiesa dev'essere una setta giudaica
3- la Fede DEVE essere "immateriale", cioè non legata a dati esperienziali (Reliquie)


Questo è il quadro di un giornale anticattolico: oggi "L'Osservatore" lo è

Anonimo ha detto...

il padre Ferrua fu tra gli "archeologi" che usarono il piccone per le indagini intorno alla tomba di san Pietro. Già solo per questo semplice fatto non mi pare che debba avere molta considerazione. La Guarducci, al contrario (che comunque non era archeologa e non ha preteso di farlo) era una "punta di diamante" come la definì Federico Zeri. I fatti non sono opinioni: il gruppo in cui lavorò padre Ferrua trovò le ossa nel loculo di san Pietro e le fece mettere in una cassetta abbandonandola in un ripostiglio per le scope. Vi sembra un comportamento professionale? Ringraziamo Iddio che ha permesso alla Guarducci di intervenire in tempo sia per decifrare le epigrafi sia per ricuperare le ossa di san Pietro che altrimenti sarebbero andate disperse per sempre. La presenza di altre piccoli resti di animali o umani insieme alle ossa di san Pietro, non deve sorprendere. La prima sepoltura di san Pietro avvenne in una tomba terragna, in una zona dove esistevano già altre sepolture.
... Quando Costantino tolse le ossa dalla terra per collocarle nel vano del muro da lui fatto costruire fece avvolgere tali resti in un manto di porpora intessuta d'oro. Le analisi del terriccio attaccato alle ossa han dimostrato che è compatibile col terriccio della tomba terragna. Riguardo al cofanetto fatto cistruire da Paolo VI e in cui c'è la famosa scritta "putantur" bisogna dire che vi è pure un'altra incongruenza, anzi una vera e propria inesattezza. la basilica di san Pietro infatti su quel cofanetto viene definita "arcibasilica", titolo questo che ha invece solo la basilica del Laterano! Antonello

Andrea ha detto...

Grazie, Antonello.

Non sapevo dell'inesattezza "Arcibasilica".
Il "putantur", a mio parere, è perfettamente corretto: si afferma che, con i limiti del retto uso di ragione, SONO le Ossa di San Pietro (e per questo il Papa le ha volute accanto a sé). La Chiesa sa che l'affermazione certissima è solo quella di Fede, perché fatta da noi in risposta al Testimone Verace (Cristo).
Con questo, però, non scade per nulla nel relativismo e nello spirito di negazione: anzi, stima immensamente i risultati dell'ingegno umano (non della "Scienza" come divinità).

Nella pratica, i più importanti risultati scientifici non vengono MAI ribaltati, ma SEMPRE migliorati e visti sotto aspetti nuovi

Anonimo ha detto...

e tutto questo senza considerare che il padre Ferrua trovò e si portò a casa un frammenti di intonaco dove vi era la famosa scritta Petros eni (Pietro è qui). E' serio che un "archeologo" si porti a casa un frammento così importante? La Guarducci, quando seppe di questa sottrazione, lo disse a Pio XII il quale impose al padre Ferrua di restituire alla Fabbrica di san Pietro tale frammento che teneva in casa da anni e anni! Incredibile! E una persona così è credibile? Comparare le conclusioni della Guarducci con i rilievi del padre Ferrua è come comparare la diagnosi di un medico con il parere di un becchino. Antonello.

Andrea ha detto...

Solo che il becchino, caro Antonello, era un gesuita piemontese (proprio nel senso peggiore dei due termini), mentre la Guarducci era una donna fiorentina/romana (proprio nel senso migliore)

Anonimo ha detto...

caro Andrea, il verbo latino putare significa credere (aver quindi una certezza), ma significa pure immaginare,supporre (e quindi non esser certi). Io credo che l'uso di tale verbo su quel cofanetto è stato fatto proprio con propensione dubitativa; così la pensava pure la Guarducci. Noto poi che il padre Ferrua fece pure un'altra scorrettezza: si accorse che nel loculo che a prima vista sembrava vuoto, vi erano in realtà delle ossa e le fece togliere di nascosto.....poi però anni dopo la Guarducci le ritrovò. La Guarducci afferma che ebbe l'impressione che il padre Ferrua più che mosso a scoprire la verità sulla tomba e sulle ossa di san Pietro, era mosso dal desiderio di occultare la verità! Perchè? Per motivi ecumenici. Gli ortodossi infatti negavano che san Pietro fosse morto a Roma, e ritrovarne tomba e ossa era pertanto antiecumenico.... Antonello

Andrea ha detto...

Motivi "ecumenici" sì, caro Antonello (Ortodossi antiromani, Protestanti avversi alle Reliquie); ma più ancora, penso, il punto 2 del mio primo commento: NO al Cattolicesimo come presenza "in itinere", in questo mondo, del Regno di Dio. SI' al Messianismo giudaico intramondano, sempre in inquieta attesa.

Questo è il nocciolo di tutti i gravi sbandamenti contemporanei (dal 1960 a oggi).

Per quanto riguarda il "putantur", sono convinto (anche per la sua preziosa testimonianza)che la prof. Guarducci ne fosse turbata.
Ricordando benissimo papa Paolo, però, non ritengo che avesse voluto "cautelarsi", ma solo che si fosse riferito ai due differenti ambiti di certezza a cui facevo cenno.

Cari saluti

Anonimo ha detto...

Personalmente per motivi di studio ho seguito tutta la vicenda degli scavi in Vaticano.
Purtroppo questa imbarazzante vicenda delle ossa si trascina da troppo tempo. Che sia la tomba che le ossa dell'apostolo Pietro non siano mai state in Vaticano è da sempre risaputo. Questo non vuol dire che Pietro non sia venuto a Roma a fondare la Chiesa di Cristo: le evidenze storiche sono evidenti.

Ugo