lunedì 16 luglio 2012
Le carmelitane scalze di Noto sul libro del Papa «Gesù di Nazaret. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione» (O.R.)
Le carmelitane scalze di Noto sul libro del Papa «Gesù di Nazaret. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione»
Per leggere la realtà con gli occhi del cuore
Dal monastero siciliano Regina Ecclesiae Netinae a Noto, in provincia di Siracusa, dove dodici monache carmelitane scalze, nel silenzio, nella preghiera contemplativa, offrono il loro servizio attivo alla Chiesa e al mondo, ci giunge una testimonianza sulla «grazia diffusa nella comunità» per la lettura del libro Gesù di Nazaret. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI.
Pubblichiamo, qui di seguito, il testo.
Quanta grazia ha diffuso nella nostra comunità di carmelitane scalze la lettura del volume Gesù di Nazaret. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione. E quanto fervore.
È stato letto dapprima in refettorio e sin da questa prima sommaria conoscenza ha afferrato la nostra attenzione. Durante i pasti abbiamo percepito il gran bene ivi contenuto, senza poterlo cogliere come volevamo. Tante cose ci sono sfuggite; restava in ciascuna di noi un vivo desiderio di rileggere a solo il libro per poterne ricavare più vantaggio, anche per la nostra orazione mentale giornaliera e per la nostra vita concreta.
Quando poi dal refettorio passavamo in ricreazione, l'argomento principale verteva, con entusiasmo contagioso, su ciò che avevamo udito dalla lettura di Gesù di Nazaret. Qualcuna più “fortunata”, suscitando il “rimpianto” delle altre, ha potuto averlo tra le prime e meditarlo nel silenzio della cella.
Una novizia ha detto: «È da tanto tempo che io lo chiedo, ma ancora non mi è arrivato. Pazienza». Altri sguardi assecondavano questa battuta.
Pensiamo che per suscitare tanto bene questa nuova fatica del Papa abbia richiesto, durante la gestazione, un clima di silenzio e di raccoglimento; perché è proprio vero che le opere più eccelse germogliano nel silenzio della preghiera contemplativa. Come nel silenzio e nella preghiera della Casa di Nazaret si è realizzata la più grande opera dell'umanità: l'incarnazione del Verbo, che ha cambiato il volto della storia, dirottandola verso il Padre. E così è e sarà sino alla fine del tempo presente.
La lettura, meditata, ci ha aperto spiragli di beatitudine e ci ha fatto penetrare più addentro nella verità di Cristo Dio. In quell' 'emet che significa “verità”, vista quale autenticità di una relazione sussistente al di là di ogni ostacolo e tribolazione della vita presente, e include anche il termine di fedeltà che mai viene meno.
È, questa, la verità della buona novella che Gesù ha disseminato lungo il percorso della sua terrenità, prima attraverso segni, prodigi e miracoli, poi subendo la passione e la morte, culmine del suo insegnamento che sfocia nella risurrezione.
Questa medesima verità --'emet -- ci è stata irradiata alla lettura del prezioso volume di Benedetto XVI, che ci espone gli ultimi e intensissimi giorni trascorsi da Gesù sulla terra.
Stile attraente, chiarezza, profondità e semplicità caratterizzano il periodare del Papa: i fatti narrati, rivissuti da noi, ridiventano attuali e, passando davanti al nostro sguardo attento, ci coinvolgono e ci fanno percepire lo spessore di una vita attraversata dall'amore di Dio.
«Chi fa la verità viene alla luce e appariranno le sue opere di figlio di Dio». Gesù di Nazaret è proprio un'«opera del fedele figlio di Dio», qual è Benedetto XVI.
Nei fatti narrati abbiamo scoperto qualcosa di nuovo che trasmette bellezza e luce: intuizioni geniali, che lasciano spazio a ulteriori approfondimenti, interessanti collegamenti, sparsi qua e là nelle pagine e che ciascuna approfondirà personalmente per un bene comune.
La chiave fondamentale che ci spalanca alla comprensione dell'opera è la fede in Cristo, nella quale ci siamo sentite confermate. La fede salda, infatti, ha insita la forza di trasformare cuore e mente e di rivolgerli dalla parte di Dio.
Coinvolte nell'esistenza umano-divina di Cristo, che fruttifica in opere di bene e rende interiormente liberi, partecipiamo della vita divina per i meriti di Gesù che vive e agisce nella nostra umanità a Lui donata. È, questa, l'inabitazione di cui parla il Vangelo: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Giovanni, 14, 23). Ciò significa praticamente instaurare una relazione sempre più avvertita, assidua e profonda con Gesù Dio, che ci porta a pregustare la Sua stessa vita eterna, nonostante l'imperversare della zizzania che vorrebbe soffocare le opere di bene. Ma il male non prevarrà e l'ultima parola sarà di Cristo: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Matteo, 24, 35). Sottolineiamo qualche passo del libro che ci ha particolarmente colpito: «Lo spezzare il pane per tutti è la funzione del padre di famiglia, che con questo atto in qualche maniera rappresenta Dio Padre che, mediante la fertilità della terra, distribuisce a tutti il necessario per la vita» (p. 147). Ciò richiama alla nostra mente famiglie profondamente cristiane dei nostri giorni, conosciute da noi: durante i pasti principali godono dell'intimità familiare. Genitori e figli sono seduti intorno alla tavola; il capofamiglia distribuisce a ciascuno il pane da lui guadagnato, richiesto con una formula insegnata dalla madre: «Papà, per piacere, mi dai una fettina di pane?». Il padre, prontamente, taglia la fetta e la porge con un sorriso riconoscente. La sera, prima della cena, in quelle famiglie, si recita il rosario.
Altre parti del libro hanno attirato il nostro interesse di contemplative. Ne segnaliamo due. L'“ultima solitudo”, sperimentata da Gesù e dai mistici, è altissima preghiera, è collocarsi nel vivo scenario della passione, è cioè segno della lontananza da Dio e insieme dell'estrema vicinanza. Essa culmina nel grido di Gesù, lo stesso grido dell'uomo di oggi tormentato dall'assenza di Dio. Gesù soffre per noi e la sua passione si unisce al patire di ogni fratello che, seguendo Gesù, riceve la capacità di trasformare la sofferenza dall'interno: nell'abbraccio della croce si nasconde e germina già in lui l'assunzione alla gloria.
Sul Monte degli ulivi il Figlio sente l'estrema resistenza della natura umana che si pone contro Dio e prega: «Non la mia, ma la tua volontà». Rimettendosi alla volontà del Padre, «Gesù riporta la volontà naturale dell'uomo dall'opposizione alla sinergia e ristabilisce così l'uomo nella sua grandezza» (p. 181). Grazie a questo doloroso “sì” del Figlio al Padre, pronunciato nell'agonia, ogni uomo ritrova la sua vera identità: figlio di Dio nel Figlio.
I fatti narrati dal Papa circa la risurrezione di Gesù, ci fanno “intuire” qualcosa di indicibile a parole umane. Gesù appare ai discepoli: con un corpo che è lo stesso suo corpo eppure è un corpo diverso, tanto che i discepoli non lo riconoscono subito. Quando dalla barca Giovanni dice a Pietro: «È il Signore!», il suo è un «riconoscere dal di dentro» (p. 295). Ed è proprio questo l'atteggiamento di uno sguardo profondo di fede, maturato nell'unione con Gesù: riconoscere gli eventi dal di dentro, andare oltre la visibilità esteriore. Ciò ci permette di penetrare nel mistero e di “vedere” dall'interno la novità della nuova esistenza della grazia.
Il Padre porta a compimento il suo disegno di salvezza con la risurrezione di Gesù, punto focale dell''emet del Vangelo. In essa, in parte già ora, è inclusa la risurrezione di ogni figlio del Padre. La vita ha vinto la morte e Cristo risorto diventa il centro della nostra fede, della nostra storia e della nostra gioia.
L'opera Gesù di Nazaret racchiude un'enorme ricchezza per un più fecondo donarci all'altro, sacramentalmente. E ancora sprigiona una tale carica di fede vissuta da essere una felice preparazione per l'Anno della fede, ci rivela in Benedetto XVI un ispirato profeta per il nostro tempo. (maria cecilia del volto santo)
(©L'Osservatore Romano 15 luglio 2012)
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