domenica 1 luglio 2012
Il Papa agli arcivescovi metropoliti: «Diventiamo noi tutti pastori della Chiesa», «cooperatori della verità», che è «una e sinfonica» (Monteforte)
Il Papa: «Nella Chiesa c’è il peccato, ma non prevarrà»
Roberto Monteforte
«La Chiesa è una comunità di peccatori, ma il potere distruttivo del male non prevarrà. Perché è fondata sul messaggio di Cristo». «Occorre restare uniti».
Lo ha affermato Papa Benedetto XVI nel giorno in cui si festeggiano gli apostoli Pietro e Paolo. Le forze del male non prevalebunt, scandisce il pontefice.
Dalla basilica di san Pietro durante la messa solenne dopo la consegna ai 44 arcivescovi metropoliti del «pallio», la stola di lana bianca simbolo del particolare vincolo che li lega al vescovo di Roma e alla Chiesa universale, il Papa lancia un invito che, viste le tensioni e le polemiche che attraversano la Curia romana, ha una particolare forza e valore: «Diventiamo noi tutti pastori della Chiesa», «cooperatori della verità», che è «una e sinfonica». Papa Ratzinger lo ricorda, di fronte alla debolezza umana occorre «l’impegno costante della conversione» da parte di tutte le comunità e l’unità. Indica la strada della «nuova fratellanza» da seguire sull’esempio offerto dai due apostoli sui quali si è costruita la Chiesa: Pietro e Paolo. «Benché assai differenti umanamente l’uno dall'altro e malgrado non siano mancati conflitti spiega -, hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli».
I due apostoli, le due colonne su cui si fonda la Chiesa, sempre raffigurati l'uno con le chiavi e l'altro con la spada, non sono, rimarca papa Ratzinger, né Romolo e Remo, né Caino e Abele, cioè non sono «antagonisti», ma malgrado le differenze, «inseparabili». «Solo la sequela di Gesù conduce alla nuova fraternità: ecco il primo fondamentale messaggio che la solennità odierna consegna a ciascuno di noi, e la cui importanza si riflette anche sulla ricerca di quella piena comunione cui anelano il Patriarca ecumenico e il Vescovo di Roma come pure tutti i cristiani».
È un’indicazione precisa per la Chiesa di oggi. Con finezza e profondità Benedetto XVI lo affronta partendo dal ruolo del pontefice, dallo spirito di dedizione e servizio che deve segnare la sua missione, ma anche dalla «debolezza umana» con cui misurarsi, come l’apostolo Pietro e nei secoli ogni altro suo successore. Da superare con la «conversione», perché solo grazie all’umiltà spiega e alla trasformazione possibile «aprendosi a Dio» che si può essere quella «roccia» su cui si edifica la Chiesa. Non bastano le «capacità umane». In questo insiste c'è «tutto il dramma della storia dello stesso papato». Il pontefice ricorda pure l’autorità di «legare e sciogliere» conferita a Pietro che consente di rimettere i peccati. È così che si «toglie energia alle forze del caos e del male» e che si permette alla Chiesa, «comunità di peccatori» e non di «perfetti», di assolvere al suo ministero. Questo darebbe la certezza che le forze del male non prevarranno neanche se, come testimonia la cronaca di questi giorni la Chiesa è attraversata da tensioni e contrasti. Il mio potere in quanto Papa ha spiegato ancora davanti agli arcivescovi, tra loro anche i tre italiani Francesco Moraglia, Filippo Santoro e Arrigo Miglio, e i rappresentanti di tanti Paesi e di tutti i continenti «rassicura sul futuro della Chiesa».
All'Angelus il Papa non solo è tornato ad auspicare nel saluto al Patriarcato di Costantinopoli, la piena unità dei cristiani, ma ringraziando i giovani della diocesi di Roma radunati in piazza san Pietro, ha detto di contare sulle loro preghiere «per continuare a servire la Chiesa con la mitezza e la forza dello Spirito Santo». Non abdica. Resta alla guida della Chiesa.
© Copyright L'Unità, 30 giugno 2012
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