Cortile dei Gentili a Palermo, il cardinale Ravasi: la mafia è anticristiana, rifiutare ogni connivenza
Si è chiuso venerdì sera sul sagrato della Cattedrale cittadina, con uno spettacolo di musica, danza e testimonianze, il ‘Cortile dei Gentili’ palermitano, dedicato al tema ‘Cultura della legalità e società multireligiosa’. Tra i messaggi conclusivi, l’affermazione netta dell’inconciliabilità fra Vangelo e mafia, definita dal cardinale Gianfranco Ravasi una sub-cultura ‘anticristiana’. Il servizio del nostro inviato a Palermo, Fabio Colagrande:
“Quale Dio pregano gli uomini e le donne di mafia?”. Sotto i riflettori che illuminano le arcate normanne della cattedrale, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso prende la parola accanto ai ragazzi dell’associazione anti-mafia ‘Addiopizzo’ per chiudere il ‘Cortile dei Gentili’ di Palermo con un appello. “E’ tempo di proporre con forza la questione morale, così come quella mafiosa”. “Io – spiega al pubblico sul sagrato – posso impegnarmi a perseguire i traffici illeciti del crimine organizzato, ma per sconfiggerlo ho bisogno della collaborazione di tutta la società e della Chiesa, che non deve cessare di dare un indirizzo etico alla collettività, ribadendo che la mafia è strumento di peccato”. “Noi vi proponiamo di scegliere – gli fanno eco i ragazzi di Addiopizzo - di rinunciare al voto di scambio" che, come recitava uno striscione di padre Puglisi, "uccide le coscienze”. “Il fatto che padre Pino sia stato ammazzato – aggiunge Grasso – non ne segna la sconfitta, ma ne ha fatto un simbolo. Che strana città Palermo, dove a essere normali si rischia di essere trucidati e poi beatificati”. Eppure il successo di questo ‘Cortile dei Gentili’, che ha riunito credenti e non credenti nel rifiuto della sub-cultura mafiosa, è – come spiega l’arcivescovo di Palermo, cardinale Romeo, la conferma che la tradizione del popolo siciliano è quella del dialogo. “Don Pino Puglisi avete ammazzato / e col cuore spento l’hanno ritrovato. / Ma le buone idee di don Pino il prete / dalla mente dei ragazzi mai cancellerete”. I versi di Giulia, 9 anni, che ha partecipato al ‘Cortile dei bambini’, fanno scattare l’applauso nella piazza. Il segno che la bellezza e la cultura hanno un futuro anche qui.
E per un bilancio di questa importante tappa siciliana del “Cortile dei Gentili”, Fabio Colagrande ha intervistato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e promotore dell’evento:
R. - Forse l’elemento più suggestivo è rappresentato proprio dalla molteplicità delle voci. Voci di generazioni diverse, di esperienze diverse, anche alcune volte di scelte profondamente diverse. Probabilmente di storie che sono differenti, che stanno alle spalle, che qui si sono incrociate attorno a questa parola, che consideriamo un po’ magica per certi aspetti e quindi abusata. Dall’altra parte è una parola assolutamente da riproporre, perché vuol dire il vivere civile, nella pienezza e vuol dire anche il vivere morale, nella dignità umana.
D. - Prima ancora c’è stato all’Università il momento del dibattito culturale: come è andata?
R. – Il dialogo è stato forse un momento tra i più intensi: non solo per l’alta qualità del dibattito, non solo perché c’erano – nella tradizione di una Sicilia internazionale – delle voci straniere, non solo perché c’erano anche dei temi abbastanza pesanti all’interno del dibattito. Pensiamo l’identità, la diversità, il dialogo tra culture e religioni diverse, pensiamo anche al tema dell’etica stessa, nella profondità della parola. Tutto questo, però, ha avuto anche un’aggiunta, e l’aggiunta era la novità di questo dialogo, dialogo che non era per nulla scontato ed abitudinario.
D. – Possiamo dire che Palermo ha segnato un po’ un salto di qualità nell’esperienza del “Cortile dei Gentili”?
R. – Considero questa di Palermo, sostanzialmente un’esperienza dalle due caratteristiche: da una parte potrebbe diventare un modello - anche per altre città - un modello caratterizzato, soprattutto, dal dosaggio tra le diverse componenti. La presenza dei bambini, per esempio, è una componente assolutamente originale ed assolutamente creativa. La presenza anche di queste voci, che vengono dal martirio, dalla sofferenza di un popolo che è stato schiacciato dalla criminalità, e dall’altra parte direi anche il valore di questa esperienza dell’aver proposto l’università come grande luogo di un confronto ad alto livello, sulle idee, sui temi ed alla fine su scelte di educazione differenti.
D. – Possiamo dire che il “Cortile dei Gentili” di Palermo ha condannato, in maniera assoluta ed indiscutibile, qualsiasi contiguità tra mafia e Vangelo?
R. – Bisogna proprio affermarlo con una certa nettezza, contro le ambiguità sulla quale ha giocato molto la mafia. La mafia non è una cultura alternativa, ma è un’anti-cultura, non è una forma di cristianità un po’ particolare – devozionale – ma è un’anti-cristianità ed è per questo motivo che io direi, che una figura come don Pino Puglisi, può rappresentare – quando entrerà nella beatificazione – il martirio per la fede: è stato ucciso da sedicenti cristiani, ma egli è morto per testimoniare una fede che è completamente alternativa rispetto alla mafia. (cp)
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