mercoledì 4 aprile 2012

Caso Orlandi, il capo della procura di Roma ha assunto in prima persona la direzione delle indagini dopo che il Vaticano ha protestato per le accuse «generiche» degli inquirenti (Galeazzi)

POSSIBILE CHE SI TORNI A CHIEDERE L’APERTURA DELLA TOMBA DI DE PEDIS

Caso Orlandi Pronte le rogatorie per sentire i cardinali

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Sembrava un «cold case», un crimine destinato a restare irrisolto e ammantato di silenzio. In poche ore, invece, la scomparsa di Emanuela Orlandi è tornata pubblicamente ciò che nei Sacri Palazzi è sempre stata: massima fonte di imbarazzo per le gerarchie ecclesiastiche. Tra scandali, ricatti e guerre di corvi e talpe, quello «scheletro nell’armadio» resta un’arma micidiale per regolare partite curiali di potere.
Al fronte «interno» che vede contrapposti fautori ratzingeriani della «glasnost» e vecchia dirigenza restia a collaborare, fa riscontro esternamente la disputa tra magistratura italiana e Santa Sede. Ieri il capo della procura di Roma Giuseppe Pignatone ha assunto in prima persona la direzione delle indagini dopo che il Vaticano ha protestato per le accuse «generiche» degli inquirenti.
«Se i magistrati ritengono che qualcuno in Curia abbia elementi di verità a livello indiziario, formalizzino le rogatorie», tagliano corto in Segreteria di Stato. Perciò si attendono richieste ufficiali di interrogatori per i prelati che nei primi anni Ottanta erano ai vertici del Vaticano.
«Aspettiamo nomi e cognomi, non vaghi e non precisati riferimenti a responsabilità collettive», sottolineano nei Sacri Palazzi gli uomini dell’attuale «governance». E in Curia c’è anche chi invita a non trascurare «la pista parallela della scomparsa dell’altra ragazza, Mirella Gregori». In un colloquio in Turchia, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, è stato esortato da Alì Agca a guardare dentro le Mura leonine. L’attentatore di Karol Wojtyla ha chiamato in causa direttamente il cardinale Giovanni Battista Re. Tre mesi fa in una «nota riservata» (che doveva rimanere tale) il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha circostanziato all’appartamento pontificio la linea della chiarezza.
Intanto resta sul tappeto l’ipotesi di riaprire la cripta di Sant’Apollinare dove riposa il «benefattore della Chiesa» Renatino De Pedis, coinvolto nella vicenda da una segnalazione anonima. Il rettore della basilica affidata all’Opus Dei, padre Pedro Huidobro, che è anche medico legale, e la famiglia del boss della Magliana sono disponibili a trasferire altrove la tomba. Finora hanno indagato il procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, e il sostituto Simona Maisto. Adesso la direzione e il coordinamento delle «ulteriori iniziative» spetteranno direttamente a Pignatone. Ventinove anni fa la figlia quindicenne del messo pontificio Ercole Orlandi fu notata per l’ultima volta a pochi passi da Sant’Apollinare: un vigile in servizio tracciò l’identikit del giovane con lei. In questura riconobbero subito De Pedis.
Poi un vortice di depistaggi, rivendicazioni di sigle criminali, intrecci con l’attentato a Giovanni Paolo II e il crac AmbrosianoIor. «Due anni fa la procura ha disposto il prelievo del Dna a noi familiari, ora attendiamo l’apertura della tomba», reclama Pietro Orlandi. Quando a Giulio Andreotti chiesero dell’incredibile sepoltura del capo della mala romana tra cardinali e principi rispose: «Lasciate riposare in pace i morti». E a Sant’Apollinare aveva uno studio Oscar Luigi Scalfaro. Tre decenni di buio poi lo scorso gennaio, davanti alla basilica, un sit in organizzato da Pietro Orlandi e la Gendarmeria vaticana invia un agente per fotografare la manifestazione. È il segno di come il caso sia tuttora un dossier incandescente nei Sacri Palazzi. «Gli Orlandi hanno vissuto con dignità questa tragedia e non sono disposti a rassegnarsi all’oscurità», dichiara l’avvocato Massimo Krogh. Il legale della famiglia fa riferimento esattamente alle notizie secondo le quali potrebbe essere abbandonata l’idea di aprire la tomba di De Pedis e che qualcuno in Vaticano conosca la verità. «La procura sa i nomi degli esponenti della Curia romana che sanno e tacciono, speriamo che vengano finalmente ascoltati dai magistrati. È un loro dovere morale», ribadisce Pietro Orlandi.

© Copyright La Stampa, 4 aprile 2012

2 commenti:

un passante ha detto...

Dispiace per la famiglia ma c'è tanta strumentalizzazione anticlericale attorno a questa vicenda, al punto da tralasciare forse eventuali piste extra vaticane.
Vado OT, ma battaglia ideologica e' anche l'imu alla chiesa, mentre si scopre che vengono esentate dal pagamento le fondazioni bancarie...

Anonimo ha detto...

La glasnost viene (giustamente) definita "ratzingeriana". Ma per la gestione precedente non si usano analoghi aggettivi (tipo "montinian-w........a")