domenica 7 ottobre 2012

Mons. Mogavero: Sono sorpreso dalla mitezza della sentenza. Un anno e mezzo è una pena sicuramente inadeguata ad un reato gravissimo (Galeazzi)



Mogavero: la pena è inadeguata, frutto di leggi obsolete

Il vescovo: “Il Codice va aggiornato”

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Vescovo Domenico Mogavero, da canonista come valuta questa sentenza?

«Sono sorpreso dalla sua mitezza. Un anno e mezzo è una pena sicuramente inadeguata ad un reato gravissimo. Però c’è un aspetto tecnico di cui bisogna tenere conto. Il processo all’ex maggiordomo ha seguito le regole del Codice Zanardelli, adottato dall’Italia nel 1889, sostituito con il Codice Rocco nel 1930, ma che in Vaticano è ancora in vigore. Paolo Gabriele non era un qualunque dipendente della Santa Sede, era il laico più vicino a Benedetto XVI. Contro ogni logica è stato proprio lui a violare la vita privata del Papa e ciò configura una fattispecie penale di grande rilevanza, difficilmente equiparabile ad altre».

Il Tribunale vaticano è stato troppo clemente?

«Conosco bene i giudici Dalla Torre e Marano. Li stimo per la loro onestà e preparazione, però qui c’è un problema nell’ordinamento giuridico della Città del Vaticano che negli anni non è stato aggiornato in maniera sufficiente. Il Codice Zanardelli è fuori dalla sensibilità attuale, non rispecchia la vita di oggi».

Quali sono le lacune?

«Per esempio manca la tutela della privacy: è un ordinamento che nasce dalla mentalità di un altro secolo. In quell’epoca erano diversissime le esigenze e le questioni poste dalla società, quindi il collegio giudicante si è trovato ad affrontare un caso spinosissimo con strumenti non consoni. Ha cercato di applicare la legge a garanzia di tutti e della giustizia. Da giurista comprendo le difficoltà incontrate, però il risultato è carente».

Giustizia è fatta oppure è un sentenza «politica»?

«Il tradimento da parte di una persona così vicina al Santo Padre è un fatto eccezionale e sconvolgente. Tanti fedeli mi chiedono come sia potuto accadere. Ritengo che si dovesse approfondire di più il contesto per fare maggior luce sul quadro e le circostanze nelle quali si inserisce una condotta così clamorosamente fuori dalla visione del legislatore di un secolo e mezzo fa. Poi rimangono zone d’ombra. Ancora adesso non è chiaro il movente della condotta di Gabriele. Il Papa avrebbe potuto concedere la grazia in qualsiasi momento, ma opportunamente è voluto andare fino in fondo alla vicenda. È giusto che un atto di clemenza giunga solo a conclusione del dibattimento. Mi chiedo se davvero Vatileaks sia opera di un solo uomo. C’è un altro imputato da processare: l’informatico. E nuove indagini da fare».

© Copyright La Stampa, 7 ottobre 2012

3 commenti:

Andrea ha detto...

Quindi il legislatore attuale sarebbe stato superiore a Zanardelli perché avrebbe previsto la "violazione della vita privata del Papa".
Con tutto il rispetto: è un'affermazione inaccettabile e lontanissima dalla realtà.
"Vita privata del Papa" sarebbe stata la divulgazione della marca di sapone da barba che Egli usa

Anonimo ha detto...

E' ovvio che ci sono altre indagini in corso e altre da fare. Ma non si può liquidare il tutto semplicisticamente come sembra fare Mogavero.

Si dimentica, per esempio, che esiste agli atti una perizia psichiatrica, fatta da esperti autorevoli, che ha ritenuto Gabriele "incapace di intendere e di volere". Anche se non è poi entrata nelle valutazioni dei giudici, e neanche nelle strategie delle difesa, essa segnala un aspetto importante: basta associarla al fatto che, a parte i documenti trafugati, c'erano armadi pieni... di che cosa? Teniamolo presente con rispetto.

Sia pure indirettamente, questo dato non può non aver influito sulla mitezza della sentenza, e anche sulla grazia che giustamente si dà per scontata. Solo così si spiega che il Tribunale abbia dato credito al maggiordomo sull'amore viscerale per la Chiesa e il Papa, concedendogli l'attenuante soggettiva: in condizioni "normali" queste affermazioni non sarebbero apparse credibili.

Tutto ciò dimostra che i fatti sono ben più gravi di quanto non appaia dal solo processo e dal suo limitato oggetto.
Ma la gravità non sta dalla parte della condotta del maggiordomo; piuttosto di chi se ne è servito, conoscendone le condizioni, per danneggiare il Papa, altro che per amore, facendogli fare quello che ha fatto per le proprie finalità.
Quanto descritto è tipico nelle attività di intelligence, e non emerge mai nei processi. Emerge poi nel lavoro storico, una volta trascorso un tempo sufficiente.

Hanno fatto bene a lasciare fuori il lavoro della commissione cardinalizia. Non si giudicano in un processo penale le potenze degli inferi, a meno di costituire un tribunale del popolo staliniano. Se qualcosa si potrà intravedere - come alcuni hanno notato - sarà nei movimenti degli organismi di Curia. Ma forse converrà tacerne, in attesa di tempi migliori...

Anonimo ha detto...

C'è pronta la nomina per il nuovo arcivescovo di Palermo. Mogavero sembra favorito. Ecco queste pennellate. Perà lo stesso Mogavero fu impietoso nei riguardi del papa quando emanà il MP Summorum Pontificum". Adesso il Mgavero si mette comme baluardo per la figura del papa. Vallo a capire.