venerdì 26 ottobre 2012

Gabriele in cella, linea dura dopo la sentenza (TMNews)


Vaticano/ Il maggiordomo in cella, linea dura dopo la sentenza

Primo detenuto Vaticano da anni.Nuzzi su Twitter:Bertone vergogna

Città del Vaticano, 25 ott. (TMNews) 

Come all'epoca della breccia di Porta Pia, il Vaticano, da oggi, ha il suo carcerato. E che carcerato. Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa, attorno alle 15 di oggi ha varcato la soglia di una cella nella caserma della gendarmeria dove - salvo una grazia papale che sembra allontanarsi - potrebbe rimanere sino a Natale del 2013.
A comunicare la decisione è stata la segreteria di Stato vaticana con una dura nota nella quale ha informato che la sentenza dello scorso 6 ottobre è divenuta definitiva in assenza di ricorsi in appello della difesa e dell'accusa. Se l'avvocato di Paolo Gabriele, Cristiana Arru, aveva tre giorni dalla sentenza, e vi ha rinunciato, il rappresentante dell'accusa - il giudice della corte d'appello vaticana Giovanni Giacobbe - aveva tempo fino ad oggi per ricorrere contro la decisione del primo grado. E anche lui, ovviamente, ha rinunciato. Nulla di nuovo, dunque, se non che, nel corso delle settimane che avevano condotto al dibattimento, erano montati i 'rumors' di una grazia che il Papa avrebbe concesso prima ancora che scattasero le manette. Ma così non è stato.
La segreteria di Stato guidata dal cardinal Bertone, infatti, oggi ha precisato che la grazia pontificia "presuppone ragionevolmente" - condizioni evidentemente non riscontrate - "il ravvedimento del reo e la sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice". Rincara la dose affermando che fotocopiando proditoriamente documenti riservati della Santa Sede e facendoli filtrare ai giornali italiani e a Gianluigi Nuzzi, che ne ha pubblicati alcuni nel bestseller 'Sua Santità', Paolo Gabriele ha recato "un'offesa personale" al Papa, ha "violato il diritto alla riservatezza di molte persone che a Lui si erano rivolte", ha creato "pregiudizio alla Santa Sede" e "causato scandalo alla comunità dei fedeli". Il nodo, insomma, non è più il solo "furto" per cui - unico capo d'accusa formale - l'ex assistente di camera del Pontefice è stato processato. Infine, Paolo Gabriele, a differenza di quanto fatto intendere sinora, perderà lo stipendio e qualsiasi possibilità di un impiego futuro in Vaticano.
Condannato, con sconto di pena, a 18 mesi, Paolo Gabriele dovrà scontare in cella un periodo da cui va sottratto il periodo di cinque mesi trascorsi tra carcerazione preventiva (dal 23 maggio all'11 agosto) e arresti domiciliari nella sua casa in Vaticano (da agosto sino ad oggi). Rimangono, dunque, 13 mesi. In una cella di quella gendarmeria che, durante il dibattimento, ha accusato di maltrattamenti: niente cuscino la prima notte, luce accesa 24 ore al giorno, spazio risicato nella prima cella. Accuse respinte dalla gendarmeria sulle quali il tribunale vaticano ha aperto un fascicolo. In una cella, soprattutto, mai usata veramente, poiché sinora o i casi trattati dalla giustizia vaticana erano minori (furti in piazza San Pietro o simili), oppure, se gravi come l'attentato al Papa del 1981, hanno visto il colpevole, Ali Agca, scontare la pena in un carcere italiano.
 "La sentenza del processo contro Paolo Gabriele, ora passata in giudicato - è il comunicato della segreteria di Stato vaticana - mette un punto fermo su di una vicenda triste, che ha avuto conseguenze molto dolorose. E' stata recata un'offesa personale al Santo Padre; si è violato il diritto alla riservatezza di molte persone che a Lui si erano rivolte in ragione del proprio ufficio; si è creato pregiudizio alla Santa Sede e a diverse sue istituzioni; si è posto ostacolo alle comunicazioni tra i Vescovi del mondo e la Santa Sede e causato scandalo alla comunità dei fedeli. Infine, per un periodo di parecchi mesi è stata turbata la serenità della comunità di lavoro quotidianamente al servizio del Successore di Pietro. L'imputato è stato riconosciuto colpevole al termine di un procedimento giudiziario che si è svolto con trasparenza, equanimità, nel pieno rispetto del diritto alla difesa. Il dibattimento ha potuto accertare i fatti, appurando che il Sig. Gabriele ha messo in atto il suo progetto criminoso senza istigazione o incitamento da parte di altri, ma basandosi su convinzioni personali in nessun modo condivisibili. Le varie congetture circa l'esistenza di complotti o il coinvolgimento di più persone si sono rivelate, alla luce della sentenza, infondate".
"Con il passaggio della sentenza in giudicato il Sig. Gabriele dovrà scontare il periodo di detenzione inflitto. Si apre inoltre a suo carico la procedura per la destituzione di diritto, prevista dal Regolamento Generale della Curia Romana". La "destituzione di diritto" è la sanzione disciplinare più grave nel regolamento emanato nel 1999 sotto Wojtyla e prevede, tra l'altro, che "il destituito di diritto non può essere riassunto in altro Dicastero o Ufficio dipendente dalla Santa Sede". Il comunicato della segreteria di Stato prosegue: "In rapporto alla misura detentiva rimane l'eventualità della concessione della grazia, che, come ricordato più volte, è un atto sovrano del Santo Padre. Essa tuttavia presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi. Se rapportata al danno causato, la pena applicata appare al tempo stesso mite ed equa, e ciò a motivo della peculiarità dell'ordinamento giuridico dal quale promana".
Commenta via Twitter Gianluigi Nuzzi: "Il maggiordomo incensurato in carcere x aver fatto conoscere vicende opache in Vaticano. E' incensurato e lo incarcerano: e la misericordia?", scrive in un tweet. E in un altro: "In Italia nessun incensurato va in carcere x 13 mesi, Vaticano manda in galera un cristiano x aver scoperchiato misfatti. Bertone vergogna".

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