venerdì 19 ottobre 2012

Domenica 21 ottobre Benedetto XVI proclama sette nuovi santi, tra i quali padre Giovanni Battista Piamarta (1841-1913) e suor Carmen Sallés y Barangueras (1848-1911)

Domenica 21 ottobre Benedetto XVI proclama sette nuovi santi, tra i quali padre Giovanni Battista Piamarta (1841-1913) e suor Carmen Sallés y Barangueras (1848-1911)

Il bresciano che capiva i giovani


di Pier Giordano Cabra


È stata la personalità più popolare di Brescia a cavallo tra il 1800 e il 1900. Educatore, benefattore, editore, padre Giovanni Battista Piamarta (1841-1913) promosse la vita consacrata con la fondazione di congregazioni religiose, dimostrando una acuta sensibilità nel confronto con le domande del suo  tempo, alle quali ha dato delle risposte evangeliche creative e in gran parte valide anche per il nostro tempo.

Era nato suddito dell'Austria, fra il terribile colera del 1836 e le drammatiche dieci giornate del 1849. Qualche anno dopo, assieme al passaggio della Lombardia  alla nuova Italia,  inizia l'industrializzazione, particolarmente intensa nella sua città, si accentua la fuga dalla miseria delle campagne, si diffondono delle correnti irreligiose.
Il giovane don Piamarta  entra a contatto con le grandi personalità del movimento cattolico bresciano, quali Giuseppe Tovini e Giorgio Montini, che vedono nelle nuove situazioni non solo delle crisi, ma anche delle opportunità per la presenza cristiana. Alla domanda preoccupata e pessimista di molti contemporanei: «Dove andremo a finire?», rispondeva: «Da dove dobbiamo incominciare?». Per  dolorosa esperienza personale e per intuito del cuore, cominciò dalla «povera gioventù», prodigandosi nell'oratorio, sullo stile di san Filippo Neri, ma vedendo contemporaneamente le domande e i bisogni insoddisfatti della «gioventù più povera», per la quale non era previsto nessun percorso formativo.
E così in collaborazione con  la «perla del clero bresciano», monsignor Pietro Capretti, dà inizio all'Istituto Artigianelli, per  educare  cristianamente «al lavoro, alla famiglia e alla società» centinaia e centinaia di giovani che costituiranno il nucleo portante delle maestranze della dinamica industria bresciana. Poco dopo pensa anche ai «figli del campo», dando inizio alla celebre colonia agricola di Remedello,  grazie alla collaborazione dell'eminente agronomo padre Giovanni Bonsignori, primo sacerdote cavaliere del lavoro in Italia. Constatando che la povertà più insidiosa è quella del sottosviluppo culturale, specie in materia religiosa, promuove anche l'Editrice Queriniana, alla quale affiderà alcune delle sue opere di avanguardia  il grande vescovo di Cremona, monsignor Geremia Bonomelli, già suo maestro a Brescia e suo estimatore.
Conoscendo bene i giovani, sapeva che la loro domanda fondamentale riguardava il loro futuro. Ai giovani si può parlare di futuro, se non si impedisce loro d'essere giovani. E per questo si preoccupava di garantire loro lo svago, favorendo la musica, il teatro, l'allegria. E poi diede inizio a una quindicina di laboratori, per farne degli artisti competenti e contesi, insegnando loro ad avere la soddisfazione di fare le cose bene per poterle guardare con lo stesso sguardo con cui Dio aveva guardato la sua creazione, quando vide che «era cosa bella e buona». A chi gli domandava sorpreso come facesse a reggere a quel ritmo impressionante di vita, padre  Piamarta rispondeva che aumentava la preghiera e così poteva fare di più e meglio. Quello che colpiva e colpisce di più in lui era il tempo dedicato alla preghiera, tempo strappato  al sonno delle ore mattutine, poco meno o poco più di tre ore, prima di iniziare l'intenso lavoro della lunga giornata, nella quale doveva interessarsi di tutto: dai problemi economici a quelli organizzativi, dall'educazione  alla direzione spirituale, dalle officine all'agricoltura, dal vitto dei suoi ragazzi  alla copiosa corrispondenza, dall'aggiornamento alla predicazione, dalla scuola  ai creditori.
Nel 1900 Piamarta dà vita alla congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth, con il fine speciale della cristiana educazione dei figli del popolo al mondo del lavoro. A chi gli chiedeva qual era il fondamento della sua famiglia religiosa, il padre rispondeva  senza tentennamenti: la carità. E  aggiungeva di aver fatto suo il programma  di  sant'Agostino: In dubiis libertas, in necessariis unitas, in omnibus caritas.
Lo spirito di famiglia deve caratterizzare non solo la convivenza dei religiosi, ma anche lo stile dell'educazione. Non è che Piamarta fosse di natura molto dolce, ma lavorò assai per ordinare e orientare il suo carattere piuttosto impetuoso. Forse questo fu il suo lavoro più impegnativo, che gli permise di conquistare il cuore dei suoi ragazzi, ai quali appariva come «un condottiero dal cuore di mamma».

(©L'Osservatore Romano 19 ottobre 2012)

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