mercoledì 25 luglio 2012

Sguardi di carità sulle ferite del mondo. Messaggio pontificio al congresso mondiale degli istituti secolari (O.R.)


Messaggio pontificio al congresso mondiale degli istituti secolari


Sguardi di carità sulle ferite del mondo


Uomini e donne capaci di uno sguardo profondo e di buona testimonianza dentro la storia, capaci di testimoniare anche al nostro tempo l'esperienza d'amore che sta a fondamento della vita di ogni uomo e di abbracciare con carità le ferite del mondo e della Chiesa. Ecco la figura del consacrato chiamato ad accompagnare l'umanità in cammino, la cui identità è ridisegnata nel messaggio inviato da Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso mondiale degli istituti secolari. 
Iniziati lunedì 23 luglio ad Assisi, i lavori si concluderanno sabato 28, con l'elezione del presidente e del nuovo consiglio mondiale, che resterà in carica per quattro anni. Tema del congresso è «In ascolto di Dio nei solchi della storia: la secolarità parla alla consacrazione». Vi partecipano 350 persone in rappresentanza dei due terzi degli istituti presenti nel mondo, provenienti da trentasei Paesi. 
Nel suo messaggio -- che, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, è stato letto in apertura dei lavori da Ewa Kusz, presidente uscente del consiglio esecutivo della Conferenza mondiale degli istituti secolari -- il Pontefice si rivolge direttamente ai membri degli istituti per ribadire il loro ruolo fondamentale di accompagnamento dell'umanità, cercando di «cogliere i segni discreti e a volte nascosti che indicano la presenza di Dio. Solo in forza della grazia che è dono dello Spirito potete scorgere nei sentieri spesso tortuosi delle vicende umane l'orientamento verso la pienezza della vita sovrabbondante. Un dinamismo che rappresenta, al di là delle apparenze, il senso vero della storia secondo il disegno di Dio. La vostra vocazione è di stare nel mondo assumendone tutti i pesi e gli aneliti, con uno sguardo umano che coincida sempre più con quello divino, da cui sgorga un impegno originale, peculiare, fondato sulla consapevolezza che Dio scrive la sua storia di salvezza sulla trama delle vicende della nostra storia».
Il Papa si sofferma poi su quello che definisce «un aspetto importante della vostra missione nella Chiesa: aiutarla cioè a realizzare il suo essere nel mondo, alla luce delle parole del concilio Vaticano II: “Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l'opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito” (Gaudium et spes, 3). La teologia della storia è parte essenziale della nuova evangelizzazione, perché gli uomini del nostro tempo hanno bisogno di ritrovare uno sguardo complessivo sul mondo e sul tempo, uno sguardo veramente libero e pacifico».
Soffermandosi poi sul tema del congresso, il Papa sottolinea la necessità per le persone consacrate di acquistare una tipica e permanente «visibilità» in mezzo al mondo. E indica alcune linee portanti per interpretare questo ruolo. Innanzi tutto «la donazione totale della vostra vita come risposta a un incontro personale e vitale con l'amore di Dio, restando laici tra i laici, presbiteri tra i presbiteri. Ciò richiede una particolare vigilanza perché i vostri stili di vita manifestino la ricchezza, la bellezza e la radicalità dei consigli evangelici». In secondo luogo la vita spirituale, un «punto fermo e irrinunciabile -- avverte il Papa -- riferimento certo per alimentare quel desiderio di fare unità in Cristo che è tensione di tutta l'esistenza di ogni cristiano». Misura della profondità «della vostra vita spirituale -- scrive Benedetto XVI -- non sono le tante attività, che pure richiedono il vostro impegno, ma piuttosto la capacità di cercare Dio nel cuore di ogni avvenimento e di riportare a Cristo ogni cosa».
In terzo luogo, la formazione, che non trascura nessuna età anagrafica, perché si tratta di vivere la propria vita in pienezza educandosi a quella saggezza che è consapevole sempre della creaturalità umana e dalla grandezza del Creatore. Il Papa conclude il suo messaggio invitando le persone consacrate a essere tra l'altro «disponibili a costruire, insieme a tutti i cercatori della verità, percorsi di bene comune, senza soluzioni preconfezionate e senza paura delle domande che restano tali, ma pronti sempre a mettere in gioco la vostra vita, nella certezza che il chicco di grano, caduto nella terra, se muore porta molto frutto».
Un messaggio, quello del Papa, che ha attirato il consenso dei partecipanti, come ha sottolineato il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, nel suo successivo intervento, dedicato in particolare alla comunione ecclesiale. «La vostra vocazione -- ha detto il porporato ai partecipanti -- non ha significato se non partendo dal suo radicamento nella Chiesa, perché la vostra missione è missione della Chiesa». Ricordando parole di Paolo VI e di Benedetto XVI a membri di istituti secolari, il porporato ha fatto notare che «non c'è comunione che non apra continuamente alla missione, né missione che non germogli dalla comunione. I due aspetti toccano il cuore vivo e palpitante di tutta la Chiesa, permettendole una nuova lettura della realtà, una ricerca di significato e magari anche di soluzioni che vogliono essere risposta certo parziale ma di un cuore sempre più autenticamente evangelico».
Una delle preoccupazioni degli istituti secolari, più volte manifestata negli incontri con il porporato, è la scarsa conoscenza della loro vita e del loro carisma all'interno della Chiesa. A questo proposito, il cardinale ha detto che «il legame profondo che c'è tra conoscenza e comunione sembra fondamentale in un duplice senso. Solo attraverso la conoscenza, che significa ascolto, attenzione, sintonia di cuore, può nascere la comunione, che a sua volta, proprio perché va alla radice dell'essenziale e dilata la capacità di incontro, genera autentica conoscenza». Dopo aver ripercorso le origini della vocazione negli istituti secolari ha sottolineato come siano stati proprio i convegni organizzati che hanno permesso una conoscenza vicendevole. Un impegno che deve proseguire, ha detto, «affinché si possa scoprire come sia possibile manifestare, pur se in modo differente, l'originalità e l'unicità della vostra vocazione».


(©L'Osservatore Romano 25 luglio 2012)

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