giovedì 5 luglio 2012

Per il maggiordomo in carcere si pensa alla perizia psichiatrica (Galeazzi e Grignetti)


Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:


E per il maggiordomo in carcere si pensa alla perizia psichiatrica


I giudici: potrebbe essere stato vittima di un lavaggio del cervello


GIACOMO GALEAZZI ,FRANCESCO GRIGNETTI


ROMA
Da 44 giorni è chiuso in una piccola cella della Gendarmeria vaticana sotto l’occhio di una telecamera che non lo perde mai di vista, giorno e notte, e dà segni di comportamenti ossessivi tanto da far ipotizzare la necessità di una perizia psichiatrica. 
Ultime notizie dall’inchiesta sul Corvo: in Vaticano, visti i comportamenti anomali dell’ex maggiordomo del Papa, si vuole capire se Paolo Gabriele sia stato sottoposto ad una sorta di «lavaggio del cervello» da qualche gruppo di fanatici oppure se qualcuno abbia approfittato di una sua eventuale fragilità per farne una quinta colonna all’interno dell’appartamento papale.
Ai giudici vaticani che continuano con gli interrogatori non sembra però che l’infedele maggiordomo di Benedetto XVI abbia davvero vuotato il sacco sul furto di documenti riservati. È sicuro che ormai agli occhi degli investigatori è sufficientemente chiaro il quadro delle complicità di «Vatileaks»; i nomi di giornalisti e dei dipendenti laici in contatto con Paolo Gabriele sono nero su bianco. Quella dura detenzione, in strettissimo isolamento, comunque durerà ancora a lungo. Il processo a Paolo Gabriele inizierà soltanto a ottobre. Nel frattempo, la Segreteria di Stato ha bloccato l’invio delle rogatorie in Italia, alla magistratura italiana, nel tentativo di risolvere «autarchicamente» lo scandalo senza dover fornire all’esterno i propri documenti riservatissimi. I nomi dei complici e dei fiancheggiatori del maggiordomo infedele, in ogni caso, non resteranno segreti ancora a lungo: all’aprirsi del processo, inevitabilmente i documenti dell’istruttoria saranno resi pubblici.
Nel frattempo è in vista un nuovo turno di interrogatori «formali» per Paolo Gabriele, dopo di che il giudice istruttore Piero Antonio Bonnet scioglierà forse la sua riserva sulla richiesta di revoca della custodia cautelare. Il codice di procedura penale vaticano prevede che i termini scadranno al 50°giorno di detenzione in cella, ma con la possibilità di prorogarli per altri 50 giorni.
La conclusione della fase istruttoria sfocerà nella decisione del giudice riguardo al rinvio a giudizio o al proscioglimento. «Se si arriverà a un formale dibattimento pubblico, questo si svolgerà dopo l’estate, non prima di ottobre», precisa il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. E per ora Paolo Gabriele resta l’unica persona indagata. Nel corso dell’inchiesta, ovviamente, «sono state acquisite le testimonianze anche di altre persone». Nulla per il tramite di una rogatoria internazionale con l’Italia, però. «Gli inquirenti si sono mossi nell’ambito dell’ordinario vaticano», puntualizza padre Lombardi.
La commissione cardinalizia presieduta da Julian Herranz, membro eminente dell’Opus Dei, a sua volta ha acquisito elementi ritenuti utili all’accertamento della verità. Sono state sentite 28 persone sospettate o informate dei fatti. La serie di testimonianze confluiranno nel rapporto conclusivo che verrà presentato al Pontefice a fine luglio.
Parallelamente a quella dei tre porporati (Herranz, De Giorgi e Tomko), l’indagine dei magistrati ha riguardato sia lo studio della documentazione sequestrata sia l’opera di riscontro, verifica, comprensione più approfondita di quanto è stato acquisito. «Alcune persone sono state sentite in entrambi i procedimenti», spiega padre Lombardi. Come dire, controlli incrociati della commissioni cardinalizia e della magistratura vaticana su nomi e circostanze a caccia di riscontri. Tra le piste seguite c’è quella che i dossier trafugati al Papa siano finiti, attraverso giornalisti amici del maggiordomo, a ecclesiastici di Curia che volevano utilizzarli per danneggiare rivali interni. 
«E’ probabile che Gabriele sia stato raccomandato all’appartamento papale proprio perché si pensava di poterne utilizzare i servizi- osserva uno dei più attenti analisti di questioni ecclesiastiche come il vaticanista Salvatore Izzo.
Questo clima di slealtà verso il Pontefice potrebbe aver condizionato il maggiordomo, spingendolo ad agire come ha fatto per far conoscere i fatti all’esterno e così, secondo la sua visione delirante, rafforzare l’azione del Papa». 
Inoltre, aggiunge Izzo, «a causa del tradimento del maggiordomo e di alcuni suoi complici e dell’uso strumentale che se ne è fatto su alcuni media, abbiamo dovuto anche leggere promesse di lealtà a Benedetto XVI davvero poco credibili».


© Copyright La Stampa, 5 luglio 2012

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