Cosi' il Papa ridisegna la curia, nel segno del rinnovamento
Cresce ruolo Ouellet. Bertone resta, ma si riflette su futuro
di Fausto Gasparroni e Nina Fabrizio
Alla vigilia della sua partenza per Castel Gandolfo, con l'investitura del nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il dicastero più delicato e prestigioso che lui stesso ha guidato per quasi 24 anni, Benedetto XVI ha messo il sigillo oggi su una serie di nomine da cui la Curia esce visibilmente rinnovata. Un ulteriore segno che Ratzinger, pur col suo passo meditato e riflessivo da anziano teologo, prosegue senza sosta il lavoro diretto a plasmare e riconfigurare le posizioni di vertice del governo della Chiesa. All'ex Sant'Uffizio, al posto dell'americano William Levada, arriva dopo sette anni ancora un tedesco, il vescovo di Ratisbona Gerhard Ludwig Mueller, 64 anni, molto stimato dal Papa, del quale in Germania ha curato la pubblicazione dell'opera omnia.
Per certi versi, Mueller è considerato anche un "progressista" (non è un segreto la sua grande ammirazione per Gustavo Gutierrez, il sacerdote peruviano considerato il fondatore della "teologia della liberazione"), e va vista in chiave di un riequilibrio la recente nomina al suo fianco dell'americano Joseph Augustine Di Noia come segretario della Pontificia Commissione 'Ecclesia Dei', da oggi presieduta anch'essa da Mueller, incaricata di gestire e risolvere la spinosa questione degli scismatici Lefebvriani. In Curia, comunque, continua a crescere il ruolo dell'attuale prefetto della Congregazione dei vescovi, il cardinale canadese Marc Ouellet, che peraltro Ratzinger in prima battuta avrebbe voluto proprio al Sant'Uffizio: sarebbe stato lo stesso Ouellet a rifiutare, preferendo restare in un dicastero che gli offre voce in capitolo sulle diocesi di tutto il mondo, una carica di sicura influenza e che gli garantisce una ribalta prestigiosa anche nella prospettiva di un futuro Conclave.
Allo stesso Ratzinger - dicono fonti ben informate, vicine al Vaticano - il 68/enne Ouellet non dispiacerebbe come suo successore: ha un profilo completo, ha studiato anche a Roma, all'Angelicum, oltre che da teologo ha un'esperienza di pastore, come arcivescovo di Quebec e primate del Canada. Una storia, insomma, che ricorda quella dell'attuale Pontefice, e che fa dire a non pochi come Ouellet sia tra i più accreditati per la successione. Non è un caso, tra l'altro, che Ratzinger abbia inviato il porporato canadese come suo rappresentante al recente Congresso eucaristico internazionale di Dublino. Al momento, poi, nonostante la bufera 'Vatileaks' e le voci su una sua sostituzione, la posizione del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone resta ben salda. Come da prassi, Bertone le sue dimissioni al Papa le aveva già presentate due anni e mezzo fa al compimento dei 75 anni: ora, con le critiche alla sua gestione, le polemiche innescate dalle fughe di documenti, le tensioni di Curia, si è fatto sempre più insistente il tam-tam sulla possibilità che tali dimissioni potessero essere accettate da Ratzinger. Ma allo stato attuale - commentano ancora fonti informate - nessun cambio sarebbe alle porte. Almeno non nell'immediato. Malgrado gli scossoni degli ultimi tempi, il rapporto tra Benedetto XVI il suo collaboratore numero uno resta solido. Il Pontefice non ha in Curia altre persone di cui si fidi allo stesso modo, né che gli garantiscano la stessa "carica umana", la fedeltà alla causa, la baldanza l'entusiasmo di Bertone, e anche il polso con cui lui maneggia i difficili affari di Curia, caratteristiche che Ratzinger apprezza particolarmente.
La stessa presenza del segretario di Stato al fianco del Papa al recente Incontro mondiale delle famiglie di Milano e la difesa pubblica dei suoi più stretti collaboratori fatta dal Pontefice in piena tempesta 'Vatileaks' sono aspetti significativi. Ciò non toglie che riflessioni sul futuro di Bertone, che il 2 dicembre compirà 78 anni, sono in corso. Per la Segreteria di Stato, insomma, "se qualcosa dovesse cambiare, questo potrebbe succedere non prima di dicembre", dice uno dei capi-dicastero ascoltati dal Papa nelle recenti riunioni. E anche "la soluzione di un diplomatico è una delle possibilità vagliate". Comunque, "é certo che qualcosa si muove: anche in Vaticano niente è immobile", dice l'alto prelato. In altre parole: non c'é nessun immobilismo, le decisioni richiedono il loro tempo per la riflessione, ma il processo di elaborazione va avanti. Intanto, con quella di Mueller, che nel prossimo Concistoro diventerà cardinale (come anche il nuovo bibliotecario e archivista Jean-Louis Brugues), il giro delle nomine si è per il momento completato. Anche se dovrebbe essere in arrivo una sorta di "consolazione" per l'ex reggente della Penitenzieria, mons. Gianfranco Girotti, da poco sostituito, a cui andrebbe l'incarico di delegato pontificio per la Patriarcale Basilica di San Francesco di Assisi, e quindi anche a lui una futura 'porpora'. Tra non molto dovrebbe inoltre porsi il problema della sostituzione del card. Attilio Nicora, in non buone condizioni di salute, alla guida dell'Aif, l'Authority finanziaria istituita con le nuove norme sulla trasparenza, mentre sempre entro l'autunno dovrebbe decidersi la partita sul nuovo presidente dello Ior, poltrona per cui aumentano le azioni dell'americano Carl Anderson, "siluratore" di Ettore Gotti Tedeschi e capo dei potentissimi Cavalieri di Colombo.
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