lunedì 16 aprile 2012

Un cardinale elettore: Ratzinger mi disse: "non votatemi". Ma poi accettò (Izzo)

PAPA: CARDINALE ELETTORE, MI DISSE "NON VOTATEMI" MA POI ACCETTO'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 apr.

"Ratzinger si fece scuro in volto e mi sembro' molto turbato e poi disse: Eminenza, non pensate a me. Vi prego, non pensate a me".
Uno dei cardinali che sette anni fa contribuirono all'elezione di Bendetto XVI ha confidato al giornalista cattolico Francesco Grana il contenuto di un breve colloquio avuto con il futuro Papa il 16 aprile 2005.
Sono da poco passate le 13 e nell'aula del Sinodo e' appena terminata la congregazione generale che i cardinali tengono ogni giorno durante il periodo della Sede Vacante. Mancano solo 48 ore all'inizio del Conclave che eleggera' il successore di Giovanni Paolo II. Quel giorno e' anche il 78esimo compleanno di Joseph Ratzinger. Terminata la congregazione generale, il cardinale bavarese lascia l'edificio per raggiungere il palazzo dell'ex Sant'Uffizio dove ha sede la Congregazione per la Dottrina della Fede da lui guidata dal 1981. Lo aspetta una colazione con i suoi piu' stretti collaboratori che lo attendono per festeggiarlo.
Ma sul suo breve cammino Ratzinger incontra un confratello e amico di lunga data. Ed e' lui a rivolgergli una domanda importante: "Eminenza, ma lei mica ci fara' qualche scherzo?". A cosa si riferiva quel cardinale? "Erano state sondate - ha spiegato al giornalista - numerose candidature: i papabili erano tanti e tutti di altissimo profilo. Ma alla fine una solida maggioranza era nata spontaneamente attorno alla figura del cardinale Ratzinger. Lui, schivo e con il suo tratto delicato, faceva di tutto per non essere al centro dell'attenzione".
Il cardinale che ha raccontato l'episodio a Francesco Grana, che lo rivela oggi sul sito "Orticalab.it", tenne nel suo cuore questa risposta e non la comunico' agli altri cardinali che avevano gia' scelto di votare per Ratzinger. Due giorni dopo, nella Basilica di san Pietro, fu proprio il cardinale bavarese, in qualita' di decano del Sacro Collegio, a presiedere la Messa "pro eligendo Romano Pontifice".
E' in quella occasione che Ratzinger tenne la famosa omelia sul relativismo. "Quanti venti di dottrina - affermo' il porporato - abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani e' stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all'altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all'individualismo radicale; dall'ateismo a un vago misticismo religioso; dall'agnosticismo al sincretismo e cosi' via. Ogni giorno - sostenne Ratzinger - nascono nuove sette e si realizza quanto dice san Paolo sull'inganno degli uomini, sull'astuzia che tende a trarre nell'errore. Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioe' il lasciarsi portare "qua e la' da qualsiasi vento di dottrina, appare come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni. Si va costituendo - concluse Ratzinger - una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie".
Per gli osservatori vaticani questo passaggio dell'omelia sarebbe stato determinante per la non elezione di Ratzinger alla cattedra di Pietro. Ma cosi' non fu. L'indomani, il 19 aprile 2005, alla quarta votazione, il 78enne porporato bavarese fu eletto Papa. "Quando il cardinale Angelo Sodano, in qualita' di vice decano del Sacro Collegio, si avvicino' a Ratzinger, subito dopo il quarto scrutinio e ovviamente prima che bruciassimo le schede, per chiedergli con la formula latina prevista se avesse accettato l'elezione ebbi molta paura", confida il porporato che appena tre giorni prima aveva chiesto al prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede se avesse accettato il suffragio dei porporati elettori. "Temevo - prosegue il cardinale - che avrebbe rifiutato. E invece rimasi sorpreso: non perche' accetto', ma per la serenita' con la quale si espresse, annunciandoci e subito dopo spiegandoci la scelta del nome Benedetto. Appena lo vidi uscire vestito di bianco dalla stanza della lacrime, che si trova sul lato sinistro guardando l'altare della Cappella Sistina, rimasi stupito: sembrava fosse stato Papa da sempre. Prima che ognuno di noi si avvicinasse a lui per baciargli la mano e cosi' fargli atto di obbedienza, volle rivolgerci alcune parole e affidarsi alle nostre preghiere".
Successivamente, fu lo stesso Benedetto XVI a raccontare quei momenti: "Quando, lentamente, l'andamento delle votazioni mi ha fatto capire che, per cosi' dire, la scure sarebbe caduta su di me la mia testa ha incominciato a girare. Ero convinto - prosegue il Papa - di aver svolto l'opera di tutta una vita e di poter sperare di finire i miei giorni in tranquillita'. Con profonda convinzione ho detto al Signore: non farmi questo! Disponi di persone piu' giovani e migliori, che possono affrontare questo grande compito con tutt'altro slancio e tutt'altra forza. Allora sono rimasto molto toccato da una breve lettera scrittami da un confratello del collegio cardinalizio. Mi ha ricordato che in occasione della Messa per Giovanni Paolo II avevo incentrato l'omelia, partendo dal Vangelo, sulla parola che il Signore disse a Pietro presso il lago di Genesaret: seguimi! Avevo spiegato - ricorda ancora Benedetto XVI - come Karol Wojtyla aveva sempre ricevuto di nuovo questa chiamata dal Signore, e come sempre di nuovo aveva dovuto rinunciare a molto e dire semplicemente: si', ti seguo, anche se mi conduci dove non avrei voluto. Il confratello mi ha scritto: Se il Signore ora dovesse dire a te "seguimi", allora ricorda cio' che hai predicato. Non rifiutarti! Sii obbediente come hai descritto il grande Papa, tornato alla casa del Padre. Questo mi ha colpito nel profondo. Le vie del Signore non sono comode, ma noi non siamo creati per la comodita', bensi' per le cose grandi, per il bene. Cosi' - conclude il Papa - alla fine non ho potuto fare altro che dire si'".

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