Udienza generale. Il Papa ricorda il viaggio in Messico e a Cuba e invita la Chiesa ai misteri del Triduo Pasquale
Il ricordo del recente viaggio apostolico in Messico e Cuba e un pensiero al Triduo pasquale, che da domani proietterà la Chiesa nel mistero della morte e Risurrezione di Gesù. Sono stati questi i due temi che hanno caratterizzato la catechesi di Benedetto XVI all’udienza generale presieduta stamattina in Piazza San Pietro. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La “spia” della grande soddisfazione di Benedetto XVI è riassunta nella composta chiosa finale: il viaggio in Messico e a Cuba “ha avuto la desiderata riuscita pastorale”. Ma dietro la breve annotazione messa a consuntivo, c’è un mondo di immagini e di sentimenti che il Papa non ha voluto mancare di radunare e restituire a cinque giorni dal suo rientro a Roma, riservando alla riflessione sul Triduo Pasquale – di solito proposta il Mercoledì Santo – solo gli ultimi minuti della catechesi.
Due Paesi, due contesti diversi, e un’unica cifra riscontrata in entrambi: la fede genuina e il calore dell’accoglienza. Andando in Messico e a Cuba, “ho voluto – ha esordito il Papa – abbracciare idealmente l’intero continente”. Ma è indubbio che quella parte di continente abbia abbracciato con enorme affetto Benedetto XVI, sin dal suo arrivo nella città di León:
“In quelle mani protese in segno di saluto e di affetto, in quei volti lieti, in quelle grida di gioia ho colto la tenace speranza dei cristiani messicani, speranza rimasta accesa nei cuori nonostante i momenti difficili delle violenze, che non ho mancato di deplorare e alle cui vittime ho rivolto un accorato pensiero, potendone confortare personalmente alcune”.
Nonostante queste ferite, e anzi facendo leva sulla naturale "alegria" del popolo messicano, il Pontefice ha invitato a rendere visibile una dote tipicamente cristiana:
"I discepoli del Signore devono far crescere la gioia di essere cristiani e la gioia di appartenere alla sua Chiesa. Da questa gioia nascono anche le energie per servire Cristo nelle situazioni difficili e di sofferenza. Ho ricordato questa verità all'immensa folla convenuta per la celebrazione eucaristica domenicale nel Parco del Bicentenario di León (...) I messicani hanno risposto con la loro fede ardente e, nella loro adesione convinta al Vangelo, ho riconosciuto ancora una volta segni consolanti di speranza per il Continente”.
Uno dei motivi che aveva spinto Benedetto XVI a raggiungere il Messico è stato l’invito a celebrare il bicentenario dell’indipendenza, peraltro comune ad altri Stati latinoamericani. Quello che lo ha portato subito dopo a Cuba è stato invece il 400.mo anniversario del rinvenimento di una statuetta mariana, la Virgen della Caridad del Cobre, che è l’amatissima Patrona dell’Isola. Ai suoi piedi, il Papa ha lasciato i migliori auspici per il presente e il futuro dei cubani:
“Ho rivolto l’invito a dare nuovo vigore alla loro fede e a contribuire, con il coraggio del perdono e della comprensione, alla costruzione di una società aperta e rinnovata, dove vi sia sempre più spazio per Dio, perché quando Dio è estromesso, il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo”.
Affermazione, quest’ultima, che vasta eco ha suscitato e che ha preparato in certo modo il terreno alla successiva tappa de L’Avana. Qui, al cospetto delle autorità del Paese, è stato posto con chiarezza – e già anticipato in Messico – un tema caro a Benedetto XVI, quello della tutela della libertà religiosa, che a Cuba ha compiuto dei passi apprezzabili ma non definitivi:
“A tutti ho ricordato che Cuba e il mondo hanno bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno solo se ognuno si apre alla verità integrale sull’uomo, presupposto imprescindibile per raggiungere la libertà, e decide di seminare attorno a sé riconciliazione e fraternità, fondando la propria vita su Gesù Cristo (...) Ho voluto altresì ribadire che la Chiesa non chiede privilegi, ma di poter proclamare e celebrare anche pubblicamente la fede, portando il messaggio di speranza e di pace del Vangelo in ogni ambiente della società”.
Distillate le emozioni ancora fresche, Benedetto XVI ha poi voltato pagina, concentrandosi sull’imminente Triduo Pasquale. Con l’Ultima Cena – ha affermato il Papa – inizia l’“ora” di Gesù. Tutta la sua vita, ha ribadito, “è orientata a questa ora”. Un passo verso l’abisso della morte cui segue “l’uscita verso lo ‘spazio’ nuovo della Risurrezione”:
“Gesù oltre-passa i limiti della condizione umana segnata dal peccato e supera la barriera che tiene l’uomo prigioniero, separato da Dio e dalla vita eterna (...) Ognuno di noi è stato amato da Gesù ‘fino alla fine’, cioè fino al dono totale di Sé sulla croce, quando gridò: ‘E’ compiuto!’. Lasciamoci raggiungere da questo amore, lasciamoci trasformare, perché veramente si realizzi in noi la risurrezione”.
Al termine delle catechesi nelle altre lingue, Benedetto XVI ha rivolto saluti particolari, tra gli altri, agli universitari di vari Paesi che partecipano al congresso internazionale promosso dalla Prelatura dell’Opus Dei, e i religiosi dell’Ordine dei Ministri degli Infermi.
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