Santità, sulla Nazionale non sono d'accordo
di Franz Beckenbauer
Era l'anno prima del campionato mondiale di calcio in Germania. Come presidente del comitato organizzativo stavo visitando tutti i trentuno Paesi le cui nazionali si erano qualificate per i mondiali. Alla fine di ottobre del 2005 arrivammo da Lisbona a Roma. Come ogni mercoledì, decine di migliaia di persone si riunirono in piazza San Pietro per l'udienza generale del Papa. E tra loro quella volta c'era anche la nostra piccola delegazione.
A volte la vita segue vie misteriose. Un mese e mezzo prima avevo compiuto sessant'anni e qualcuno mi aveva chiesto che cosa desideravo per quel giorno. Avevo risposto: «Mi piacerebbe conoscere il Papa di persona». All'epoca Joseph Ratzinger non era ancora Papa da molto tempo, lo era da circa sei mesi. Ricordo ancora di essere stato contento quando lo hanno eletto. Un Papa tedesco, e per giunta bavarese, un conterraneo. Vedendolo in televisione dava un'impressione simpatica, quasi paterna.
Al termine dell'udienza generale, dopo aver pronunciato le ultime parole, Papa Benedetto XVI venne da noi. Accanto a lui Georg Gänswein, suo segretario particolare, che aveva gentilmente organizzato per noi quella piccola udienza privata. All'improvviso me li trovai entrambi davanti, e il Papa mi tese la mano.
È difficile descrivere un momento simile. Il carisma che emana quest'uomo, la sua serenità interiore e la sua dignità, la sua cordialità: tutto ciò mi ha profondamente impressionato. Ho conosciuto tanti personaggi importanti, ma questo incontro è stato qualcosa di speciale, certamente uno dei momenti più commoventi della mia vita che non dimenticherò mai.
Naturalmente in precedenza avevo riflettuto su che cosa dire al Santo Padre. Non mi aspettavo certamente che s'interessasse e s'intendesse di calcio. Anche in questo mi sorprese. Incominciò lui stesso a parlarne. Volle per esempio sapere come procedevano i preparativi per i mondiali, se i lavori negli stadi si sarebbero conclusi per tempo e come era messa la nostra Nazionale. Riteneva che al momento fosse piuttosto buona. Allora non ero proprio della stessa idea. Per questo gli risposi che perlomeno era sulla strada giusta per diventare una buona squadra. Al che lui sorrise benevolmente.
Nel corso del breve colloquio consegnai a Papa Benedetto XVI il gagliardetto ufficiale dei mondiali Fifa 2006. Ringraziò e fece gli auguri a noi e alla nazionale per i mondiali giocati in patria, che è anche la sua patria. E poi disse: «Guarderò molte partite in televisione».
Del momento della consegna del gagliardetto esiste una foto che ci mostra tutti e due, Papa Benedetto XVI e me. Oggi, quando viaggio, porto sempre con me questa foto. È in cima a tutto nella valigia.
L'incontro con Benedetto XVI ha cambiato qualcosa nella mia vita. Da allora vado di nuovo più spesso in chiesa. Quando, poco dopo i mondiali, il Papa è venuto in Germania, ho letto tutti i discorsi che ha tenuto durante la sua visita. In questi continuava a ripetere: «Andate in Chiesa e testimoniate». Sono parole che ho preso a cuore.
(©L'Osservatore Romano 15 aprile 2012)
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