venerdì 20 aprile 2012

I sette anni del Pontificato di Papa Benedetto nella bella sintesi di Giacomo Galeazzi

Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

7 ANNI DI RATZINGER

Qual è il bilancio di questo papato?

A CURA DI GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

L’ottantacinquesimo compleanno di Joseph Ratzinger (16 aprile) e il settimo anniversario dell’elezione (19 aprile) cadono nel momento in cui il Papa punta a rafforzare la Chiesa con una ferma lotta alla pedofilia e con la riforma finanziaria. Perché è definito il «pontificato della purificazione»?

Benedetto XVI ha lottato energicamente contro la pedofilia del clero, imponendo una inversione di rotta nella coscienza, nelle norme e negli atteggiamenti della Chiesa nei confronti dei preti pedofili. Entro quest’anno tutti gli episcopati del mondo dovranno mettere a punto le linee-guida per la lotta a questo crimine. «La peggior persecuzione per la Chiesa è il peccato al suo interno»: in volo verso Fatima, basta una frase a Benedetto XVI per spazzare via teorie complottistiche e auto-assolutorie. Una frase che è divenuta il manifesto del pontificato della «purificazione». Da cardinale non si è mai preoccupato di costruirsi una base di potere, si è disinteressato a influenzare gruppi d’opinione dentro e fuori la Chiesa. Divenuto Papa ha dovuto fare i conti con i contraccolpi di atteggiamenti che non ha mai condiviso, ma non ha cambiato il proprio obiettivo: vivere il cristianesimo e comunicarlo agli uomini.

Che formazione ha avuto?

Trascorsa l’adolescenza a Traunstein, negli ultimi mesi della Seconda guerra mondiale è stato arruolato nei servizi ausiliari antiaerei, mentre era iscritto d’ufficio alla Gioventù hitleriana. Prete dal 29 giugno 1951, addottorato in teologia con una tesi su sant’Agostino e abilitato alla docenza con una su san Bonaventura, è stato docente a Frisinga, Bonn, Muenster, Tubinga e Ratisbona. È stato esperto al Concilio Vaticano II. Nel ’77 Paolo VI lo ha nominato arcivescovo di Monaco e il 27 giugno lo ha creato cardinale. Il suo motto episcopale è stato «Collaboratore della verità». Ha partecipato ai conclavi che nel ’78 hanno eletto papa Luciani e papa Wojtyla. Nell’81 Giovanni Paolo II lo ha nominato prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. È stato presidente della commissione per la preparazione del Catechismo della Chiesa cattolica, vice decano e poi decano dei cardinali.

Com’è mutato lo stile del papato con Benedetto XVI?

Fine teologo, uomo timido dotato di grande capacità di ascolto, maestro nel predicare in modo accessibile anche sui temi più complessi. Sono numerosissime le pubblicazioni di Joseph Ratzinger, che anche da Papa ha coltivato il dono della scrittura, innovando la comunicazione papale, in particolare con la lettera agli irlandesi sullo scandalo della pedofilia, e con quella ai vescovi sul caso del vescovo lefebvriano negazionista Williamson. Tra i suoi documenti anche due «Motu proprio» del 2007: uno per ripristinare la maggioranza dei due terzi per l’elezione di un pontefice e l’altro, il «Summorum Pontificum», che ha liberalizzato la messa in latino. La lettera ai cinesi del 2009 non ha ancora dato i risultati sperati nei rapporti con Pechino.

Quali i numeri del pontificato?

In sette anni ha compiuto 23 viaggi internazionali e 27 in Italia, ha scritto tre encicliche («Deus caritas est», 25 dicembre 2005; «Spe salvi», 30 novembre 2007; «Caritas in veritate», 29 giugno 2009), per dire che l’amore e la speranza non sono qualcosa ma qualcuno, cioè Cristo, e per rinnovare la dottrina sociale della Chiesa. Ha scritto il «Gesù di Nazaret» per mostrare che la fede non è un elenco di proibizioni. Ha posto i temi della povertà e dell’Africa, dei giovani, dell’ecumenismo e dell’annuncio della fede al centro del proprio regno. Ha riformato la leggi finanziarie della Chiesa per allinearla agli standard di trasparenza internazionali. Ha lanciato una campagna per la rievangelizzazione delle società secolarizzate e si appresta a presiedere il 50° anniversario del Concilio Vaticano II.

Cosa lo accomuna maggiormente a Wojtyla?

L’attenzione alle nuove generazioni, Il dialogo con il mondo giovanile è entrato subito nell’agenda di Benedetto XVI, che il giorno dopo essere diventato Papa ha annunciato la propria partecipazione alla Gmg di Colonia convocata da Giovanni Paolo II. Ha poi indetto le Giornate mondiali della gioventù di Sydney (2008), Madrid (2011) e Rio (in calendario per l’estate del 2013). Alla sfida educativa che le nuove generazioni pongono alla società e alla Chiesa, Benedetto XVI ha dedicato i messaggio della Giornata della pace di quest’anno. Al mondo globalizzato, ha scritto papa Ratzinger, serve «pace e convivenza», atteggiamenti a cui i giovani sono aperti, ma che possono essere distorti da una «realtà sociale» che spinga ad agire in modo intollerante e violento. «Penso in particolare ai giovani: continuerò a dialogare, ascoltando le vostre attese, per aiutarvi ad incontrare sempre più in profondità Cristo», ha detto nel suo primo discorso pubblico, quasi sette anni fa. Il rapporto con i giovani era una delle eredità più difficili del predecessore. È divenuto un punto di forza.

© Copyright La Stampa, 20 aprile 2012

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