"Caro Papa, a Roma te volemo tutti bene"
Il Pontefice resta saldo alla guida della Chiesa: "Mi trovo all'ultimo tratto della vita. Non so cosa mi aspetta ma la luce di Dio c'è e mi aiuta a procedere con sicurezza".
Andrea Acali
Auguri da tutto il mondo. Ma in un certo senso, quelli più emblematici sono arrivati dai sacerdoti della sua diocesi, che hanno festeggiato gli 85 anni di Benedetto XVI con un'espressione romanesca: «Caro Papa, qui a Roma te volemo tutti bene».
Le parole sono di padre Lucio Maria Zappatore, parroco di Santa Maria Regina Mundi a Torrespaccata, ma rappresentano quelle di tutti i parroci della capitale e riecheggiano il celebre invito «Damose da fa', semo romani» di Giovanni Paolo II, a cui Ratzinger è indissolubilmente legato. Auguri da tutto il mondo anche grazie all'iniziativa del sito della S. Sede che ha dato la possibilità a chiunque lo volesse di inviare una e-mail al Papa. Che dal canto suo ha celebrato il compleanno con una festa dal sapore familiare, nella quale non è mancata una riflessione intima sul senso della vita. «Mi trovo di fronte all'ultimo tratto del percorso della mia vita e non so cosa mi aspetta. So, però che la luce di Dio c'è, che Egli è risorto, che la sua luce è più forte di ogni oscurità, che la bontà di Dio è più forte di ogni male di questo mondo.
E questo mi aiuta a procedere con sicurezza». Così si è espresso Benedetto XVI nell'omelia pronunciata durante la Messa celebrata nella Cappella Paolina insieme ad alcuni dei più stretti collaboratori, tra i quali i cardinali Bertone e Sodano, che gli ha assicurato, a nome di tutti i porporati, la gratitudine per il suo «servizio d'amore». Era presente, insieme a diversi prelati tedeschi, anche il fratello del pontefice, Georg. Il Papa ha fatto riferimento a tre «segnali indicatori» legati al 16 aprile: le feste liturgiche di S. Bernadette, la veggente di Lourdes «capace di vedere la Madre di Dio», e di S. Benedetto Giuseppe Labre, il «pellegrino mendicante», un «santo europeo»; e il fatto che il giorno della sua nascita fosse Sabato Santo, «giorno del silenzio di Dio, dell'apparente assenza», che invece «è preludio dell'annuncio di Risurrezione».
Benedetto XVI ha ringraziato i suoi genitori per averlo «fatto rinascere» in quello stesso giorno attraverso l'acqua del Battesimo e, ovviamente, per il dono della vita. Tuttavia, si è chiesto in modo provocatorio: in che modo il dono della vita è realmente tale? «È giusto dare la vita così, semplicemente? La "vita biologica" di per sé è un dono, eppure – ha obiettato – diventa un vero dono se insieme a essa si può donare anche una promessa che è più forte di qualunque sventura che ci possa minacciare». A festeggiare il Papa è giunta una delegazione di 150 persone dalla sua Baviera, guidata dal presidente Seehofer e dal cardinal Marx, che lo ha riportato in qualche modo alla sua infanzia.
Benedetto XVI ha confidato anche che grazie all'amicizia con un ebreo «mi sono avvicinato di più, a livello interiore, al popolo ebraico». Un'amicizia che risale a metà degli anni '70 quando era arcivescovo di Monaco ricordata con evidente commozione.
Altrettanto coinvolgente è stato per il Papa ascoltare il racconto che gli è stato fatto, mentre gli donavano un Crocifisso, sul fatto che durante il nazismo ci fu una campagna per toglierlo dalle scuole. Tra i regali portati a Benedetto XVI anche un cesto di Pasqua con prodotti bavaresi e un «ramo di maggio», il tipico bastone fiorito di quelle zone. Ricordi d'infanzia, appunto, come le musiche che hanno rallegrato l'incontro nella Sala Clementina insieme ai balli folkloristici eseguiti da un gruppo popolare con alcuni bambini.
Le stesse melodie che il padre di Joseph Ratzinger eseguiva con la «zither», una sorta di pianola a corde. E giovedì ricorre il settimo anno di pontificato. Il portavoce padre Lombardi, alla Radio Vaticana, ha fatto un primo bilancio dell'azione di Benedetto XVI, ricordando anche la recente, triste vicenda della fuga di notizie.
«Un episodio transitorio - ha detto il gesuita - I problemi che il Papa sente sono quelli della secolarizzazione, dell'oblio di Dio, del relativismo e della perdita di riferimento dell'orientamento di tante persone nell'epoca moderna. Ha certamente sofferto per gli aspetti di incoerenza e di infedeltà alla missione ed alla dignità Chiesa. In questi anni abbiamo vissuto anche, con molta sofferenza, tutto il dibattito a proposito degli abusi. Mi sembrano queste le cose di cui il Papa può soffrire più che dei pettegolezzi interni».
© Copyright Il Tempo, 17 aprile 2012 consultabile online anche qui.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento