Un augurio a Benedetto xvi dal libro di Astrid Lindgren
I fratelli Cuordileone
Ulla Gudmundson,
Ambasciatore di Svezia presso la Santa Sede
Se entrate in libreria e chiedete I fratelli Cuordileone ve lo daranno subito. Infatti è un classico che non va mai fuori catalogo. Scritto da Astrid Lindgren (1907-2002) e pubblicato per la prima volta nell’originale svedese nel 1973, Bröderna Lejonhjärta è stato tradotto in tantissime lingue. La versione tascabile italiana ora disponibile è alla settima ristampa.
Si tratta di un racconto per bambini, ma come tutti i buoni libri per l’infanzia contiene una saggezza che riguarda tutti. Certo, è una storia d’avventura, di cavalcate selvagge, di percorsi compiuti strisciando in passaggi sotterranei, di arrampicate su salici e di bagni sotto le cascate, di fughe senza fiato per rifugiarsi in stanze segrete mentre soldati cattivi piombano in casa per cercarti.
Ma è anche un racconto sulla condizione umana segnata da sofferenza, inadeguatezza, paura. Sulla capacità di trovare risorse di fronte al pericolo, sul desiderio di libertà, sulla ribellione contro l’oppressione. Parla di tradimento. Ma anche di gioia, fiducia e obbedienza a una chiamata più alta. Di morte e di vittoria sulla morte. Dell’eterna lotta tra il bene e il male, del trionfo finale del bene.
I fratelli Cuordileone, Jonatan e Karl (soprannominato Briciola), giungono a Nangijala, una terra che vive «ancora nell’epoca dei falò e delle saghe». Ma un pericolo incombe. Tengil, il tiranno cattivo, ha deciso di distruggere Nangijala. Aiutato dal mostro Katla ha già sottomesso metà del territorio, la Valle della Rosa Selvatica. Jonatan, il fratello maggiore, sa di essere venuto per aiutare il popolo di Nangijala e la sua guida, Sofia, nella loro lotta di liberazione. A poco a poco il piccolo Briciola capisce che, sebbene Tengil e Katla lo spaventino a morte, non c’è altra alternativa che affrontarli.
Come suggerisce il titolo, I fratelli Cuordileone è un racconto di amore tra due fratelli. È anche una storia di coraggio. Non il genere di coraggio che non conosce la paura, ma quello che consiste nel fare il necessario, nell’affrontare il male nonostante le paure. La citazione più famosa del libro è: «Certe cose devono essere fatte anche se sono pericolose, altrimenti non sei un essere umano, ma soltanto un verme». È proprio quello che avrebbero potuto dire Raoul Wallenberg, il diplomatico svedese che salvò migliaia di ebrei a Budapest alla fine della seconda guerra mondiale, o il suo altrettanto coraggioso collega vaticano, monsignor Gennaro Verolino. L’avrebbe potuta dire Michele Amitrano, il decenne eroe del libro di Niccolò Ammaniti Io non ho paura, che cerca di salvare un ragazzino sequestrato e imprigionato da un gruppo di uomini, tra i quali il suo stesso padre.
I fratelli Cuordileone ha molte cose in comune con il ciclo di Narnia di Clive S. Lewis, altrettanto classico. Meno con la serie di Harry Potter di Joanne K. Rowling. Non esistono infatti bacchette magiche o incantesimi che aiutano Karl e Jonatan nella loro ricerca per liberare Nangijala. I fratelli devono affidarsi all’amore e alla fiducia reciproci, all’amicizia umana e alla lealtà. Ma c’è di più. Nei momenti di estremo pericolo i miracoli avvengono.
Molto è stato scritto del rapporto di Astrid Lindgren con il cristianesimo. Nella vita si definiva agnostica. Certamente non intendeva predicare, ma è impossibile non osservare che esistono parallelismi tra molti aspetti del libro I fratelli Cuordileone e il messaggio cristiano. Pur sostenendo i suoi amici nella tragica battaglia finale, Jonatan è incapace di uccidere. Salva la vita anche ai suoi nemici. «Se tutti fossero come te, il male trionferebbe» dice il suo compagno Orvar. «No, se tutti fossero come Jonatan non ci sarebbe il male» replica suo fratello Karl.
Con questo breve articolo desidero esprimere con rispetto gli auguri a Papa Benedetto xvi per il suo ottantacinquesimo compleanno. Forse ha questo libro nella sua biblioteca.
(©L'Osservatore Romano 16-17 aprile 2012)
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