L'attualità del messaggio della prima donna proclamata dottore della Chiesa
Con santa Caterina da Siena nella via della fede
di Ludovico Cartotti Oddasso
Senza la fede nessuno può essere gradito a Dio. Così afferma san Paolo nella Lettera agli Ebrei (11, 6). E santa Caterina da Siena, la cui vita è stata un inno continuo alla fede, era certamente molto gradita a Gesù, suo divino Sposo. Con gioia sosteneva che la fede dà letizia ai fortunati che la possiedono. «O fede dolce, che ci dai la vita! Se voi starete in questa santa fede giammai nel vostro cuore non caderà tristizia, che non procede da altro se non dalla fede che poniamo nelle creature, che vengono meno, mentre il cuore nostro non si può mai riposare se non in cosa stabile e ferma; convienci dunque che noi riposiamo il cuore e l'anima in Cristo crocifisso: allora troveremo l'anima nostra piena di letizia», scrive Caterina in una delle sue numerose lettere (Lettera 31).
Nata nel 1347 a Siena da una famiglia numerosa e di umili origini, penultima di venticinque figli, Caterina visse per soli trentatré anni e non è facile comprendere come ella abbia potuto svolgere risolutive azioni di portata storica di riconciliazione e di pace presso sovrani, capi di stato, politici, cardinali e papi, se si tiene conto sia della sua condizione di donna -- in quei tempi limitata alle mansioni prevalentemente domestiche e quindi per nulla considerata nella società civile -- sia della sua totale mancanza di istruzione scolastica. Ciò non è infatti razionalmente spiegabile e lo si può solo attribuire a fattori di natura non terrena e quindi all'intervento della divina provvidenza. Essa può infatti manifestarsi protagonista della storia e spesso sceglie persone apparentemente disadatte e ne eleva «talmente le facoltà native, da renderle capaci di azioni assolutamente superiori alla loro portata, non tanto per confondere la sapienza dei sapienti, quanto per mettere in luce la sua opera», come scrisse Papa Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Amantissima providentia per il vi centenario del transito di santa Caterina da Siena, del 29 aprile 1980.
La granitica fede di Caterina si è manifestata nella sua storica azione che pose fine al triste periodo della cattività avignonese, protrattosi per circa settant'anni, nel quale il papato si è venuto a trovare in una pericolosa situazione di asservimento nei confronti dei sovrani francesi. «Dico da parte di Cristo crocifisso che veniate il più tosto che potete, come uomo virile e senza alcun timore. Facendo così adempirete la volontà di Dio»: così scrive l'umile Caterina al Pontefice Gregorio xi (Lettera 229), esortandolo a lasciare il dorato esilio di Avignone per ritornare a Roma. Tutto infatti congiurava a trattenere il Pontefice in Francia: dalle condizioni tristi dell'Italia a quelle tranquille e floride di Avignone, agli interessi dei cardinali, fortemente radicati in Francia e, non ultima, la sua nazionalità francese. Egli tuttavia, incoraggiato non solo dalla convincente dialettica e dal soprannaturale fascino di Caterina, ma anche e soprattutto sorretto dalla di lei incrollabile fede, riesce a ritrovare l'imperioso desiderio di ritornare alla cattedra di Pietro.
Non può non sorprendere questa fede così grande e così genuina di Caterina. A cosa era dovuta? Di certo Caterina, fin dai primissimi anni di vita, aveva messo il Signore al primo posto e di ciò si accorgevano quanti la avvicinavano, i quali, affascinati dalla dolcezza del suo conversare. Certo il primo mezzo che ella praticava per mettere Dio al primo posto era la preghiera fatta col cuore e con quella affabilità che spontaneamente riservava ai suoi interlocutori, che riusciva così a catturare. Con la sua preghiera e con il collocare sempre Dio al primo posto, con la semplicità e la purezza dei bambini, Caterina è riuscita a catturare l'amicizia di Dio.
Quanto importante è l'amicizia con Dio. E non è neppure un privilegio riservato a pochi eletti. Anche oggi il Santo Padre Benedetto XVI, nel motu proprio Porta fidei dell'11 ottobre 2011 -- con il quale viene indetto l'Anno della fede -- ci ricorda che la porta della fede che introduce alla vita di comunione con Dio è sempre aperta per noi, se lo desideriamo con il cuore. La straordinaria amicizia con Dio aveva portato Caterina a trascorrere diversi anni di vita contemplativa nel nascondimento, in un continuo colloquio con il suo Sposo, perché Gesù parlava spesso con lei, ricambiandole la sua amicizia divina. Ella meditava le Sacre Scritture ascoltate nelle chiese o discusse con i teologi che frequentavano la sua casa: il suo intelletto sostenuto da ferrea volontà e la dottrina miracolosamente infusa la portarono a insegnare l'essenza stessa del cristianesimo, con quella semplicità, chiarezza ed efficacia che caratterizzano le sue opere e che le hanno meritato, prima tra le donne, il titolo di dottore della Chiesa. Dopo essere uscita, come richiestole dallo Sposo divino, dalla sua «cella interiore», Caterina iniziò l'azione apostolica e la sua mente riusciva a trovare la risposta adatta a problemi anche di grande portata, stupendo i contemporanei che la conoscevano quale umile popolana, priva di istruzione scolastica. La fama della indiscutibile santità di Caterina, della sua eccezionale intelligenza, intuito, conoscenza profonda dei problemi degli individui e della collettività, della sua forza di persuasione, infine dello spirito divino che la guida, si diffonde così nei vari Paesi d'Europa, di cui è stata dichiarata compatrona. E anche i detentori del potere chiedono e sollecitano il suo consiglio. Papa Urbano vi, che aveva conosciuto Caterina ad Avignone al tempo in cui era arcivescovo, la chiama a Roma, sotto attacco dei ribelli scismatici seguaci del sanguinario Robert de Genève, divenuto antipapa con il nome di Clemente VII, affinché rincuorasse i timorosi cardinali. Per nulla intimorita dalla situazione di grave pericolo che incombeva sulla Chiesa e neppure dall'eccezionale uditorio, Caterina, sorretta dalla sua granitica fede, riesce a infondere la luce della fede ai cardinali in quel triste e oscuro momento della storia, esortandoli ad avere una forte costanza, affermando che, particolarmente nei momenti di sofferenza della Chiesa, opera sempre la divina provvidenza.
Il discorso di Caterina fu così convincente che il Pontefice, ammirato della forza della sua fede, esclamò rivolto ai cardinali: «Vedete, o fratelli, quanto davanti al Signore ci troviamo degni di essere ripresi dei nostri timori. Questa donnicciola ci confonde. La chiamo donnicciola non per disprezzo, ma per indicare il sesso a cui appartiene, che di per sé è debole, e per il nostro incoraggiamento. Per natura, lei dovrebbe temere anche quando noi ci sentissimo ben sicuri, invece siamo noi che temiamo e lei no; anzi ci dà coraggio con le sue persuasioni». L'importanza della fede nella vita di Caterina è ben scolpita nella lode che la stessa santa scrive al termine della sua principale opera, Dialogo della Divina Provvidenza: «Nel lume della fede acquisto la sapienza, nella sapienza del Verbo del tuo Figliuolo; nel lume della fede so' forte, costante e perseverante; nel lume della fede spero: esso non mi lasci venire meno nel cammino. Questo lume m'insegna la via e sanza questo lume andrei in tenebre: perciò ti chiesi, Padre Eterno, che tu m'allumasti del lume della santa fede».
(©L'Osservatore Romano 29 aprile 2012)
Auguri a chi porta questo bellissimo nome :-)
R.
2 commenti:
^__^ grazie grazie!!! qui in casa siamo in due ^__^
http://www.gloria.tv/?media=282358
Più che un commento, si tratta di una precisazione: s. Caterina è la seconda donna proclamata dottore della Chiesa (il 4 ottobre 1970); la prima è s. Teresa d'Avila (27 settembre 1970)... Buon lavoro!
Carla
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