Su segnalazione di Alessia leggiamo:
I cattolici e l’anzianità del Papa
di Filippo Di Giacomo
Il 16 aprile Benedetto XVI compirà 85 anni, ed anche per questo diventerà il pontefice più longevo degli ultimi cento anni. Poi, il 19 dello stesso mese, terminerà il settimo anno del «suo glorioso pontificato» (questa sarà la dicitura dei documenti ufficiali della Chiesa) ed inizierà il suo ottavo anno di servizio pastorale per la Chiesa Universale.
Tra qualche giorno partirà per l’America latina, poi viaggerà ancora, in Italia e nel mondo. Andrà in Libano e, come i vaticanisti sospettano, nelle prossime settimane ci saranno indicazioni per ulteriori destinazioni.
In estate, ci farà discutere con il terzo volume della sua trilogia su Gesù.
Insomma, Benedetto XVI vive e lotta insieme a noi e, quando la lotta si fa dura (magari solo per motivi anagrafici) i duri iniziano a lottare. Giovanni XXIII, il Papa conservatore che seppe farsi ribelle, che età aveva quando indisse il Concilio? E Paolo VI, quando chiamò i terroristi «fratelli»? E Giovanni Paolo II, quando ci consegnò la parte più struggente, gli ultimi cinque anni, della sua avventura di povero cristiano? È vero che a forza di spaccare l’ovulo in quattro e sentenziare se le unioni di fatto, tutte, possano o meno essere considerate forme famigliari, con o senza «matrimonio»; attribuire alternativamente a Caio o a Sempronio la presunta rappresentanza politica dei cattolici; far passare per amico dei poveri chi fa il vescovo in Umbria facendo vita mondana (sabato e domenica compresi) nella sua lussuosa villa al Gianicolo a Roma et similia, anche il dibattito intra ecclesiale sembra agire solo per non perdere spazio sulle rassegne stampa.
Noam Chomsky, principe della linguistica contemporanea, sostiene che gli uomini usano grammatiche diverse secondo la loro cultura, ma che sotto le grammatiche di superficie esiste una grammatica generativa che manifesta, ad ogni latitudine e in ogni popolo, l’esistenza di una umanità nascosta che aspira a superare ogni ostilità culturale e religiosa. Forse anche a questo, a ciò che rischiano di perdere di una umanità che non si esaurisce nella sola cultura occidentale, dovrebbero pensare quei cattolici che «sognano» Benedetto XVI tornarsene in Baviera a godere una meritata pensione.
Il Papa avanza nell’età: e allora? Perché dovrebbe deprimersi, e quindi dimettersi, per una vecchiaia più o meno marcata? Chi può dire che il «culmine» di ogni circostanza esistenziale venga raggiunto avendo solo una manciata di lustri alle spalle? Tutta la Scrittura giudeo-cristiana è pervasa da una sacralizzazione della senioritas, dell’anzianità. Sull’Oreb, per la Pasqua, durante l’Esodo, Mosè affida agli anziani la testimonianza e la memoria del progetto di liberazione di Dio per il suo popolo. Nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli gli anziani sono chiamati alla responsabilità della testimonianza e dell’ evangelizzazione. Nell’Apocalisse, ventiquattro anziani fanno parte della corte di Dio in rappresentanza del suo popolo. La Parola di Dio non è mai vana, insegna San Paolo. Dunque, questo è lo «statuto» che la Fede cristiana riconosce ai battezzati di ogni età.
Nel Vangelo, Cristo impiega parole e insegnamenti per far comprendere come e quanto la verità sia altrove: tra Dio e il mondo, esiste l’ abisso. Chi crede in Cristo non deve dire «io sono», ma «io voglio diventare». E per far questo, deve restare aperto al futuro, anche quando diventa Papa. Per lui, come per ogni altro battezzato alla ricerca della verità, i suoi pensieri, le sue opinioni personali, arrivano penultimi: quelli definitivi li rivela sempre un Altro. Viviamo però in un’epoca strana. Da più di due secoli la nostra civiltà ha pensato di progredire distruggendo i miti che l’avevano strutturata e animata per millenni. Ma i miti non muoiono, se assaliti si nascondono per qualche tempo, oppure si travestono.
Così la senioritas sacrale della nostra tradizione culturale è diventata la sanioritas, cioè quel «vitalismo» imperante nei Paesi occidentali basata su miti che non abbiamo annullato, ma ulteriormente enfatizzato portandoli a modelli del sistema massmediatico. Tanto che, in un mondo condannato all’insufficienza alimentare, il sistema nutrizionale occidentale vacilla tra archetipi fisici in bilico tra anoressia e bulimia, forme estetiche costruite artificialmente, esaltazione di una situazione generazionale (quella giovanile) oltretutto (come lasciano intuire le proiezioni demografiche dell’Occidente) destinata a diventare minoritaria. «Tutti i rivoluzionari muoiono a vent’anni, anche quando campano cent’anni», ha scritto qualcuno. Basta guardarsi intorno per immaginare come e perché, dopo e oltre ogni utopia, è anche l’anzianità del Papa che aiuta i cattolici di oggi, quelli in cerca della saggezza del cuore, a restituire alle proprie esistenze il senso alla vita.
© Copyright L'Unità, 21 marzo 2012 consultabile online anche qui.
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3 commenti:
Ma per caso Di Giacomo ce l'ha con mons. Paglia o altri? Eufemia
A proposito di Mons. Paglia... sentito ieri sera al TG1 delle 20 durante il servizio sulla presentazione del libro "Cercando Gesù". L'intervistatrice chiede: "L'uomo di oggi è capace di cercare Gesù? Dove lo deve cercare?". Mons. Paglia risponde: "Mah, i luoghi sono fondamentalmente tre, potremmo dire: anzitutto nei Vangeli, poi nella comunità cristiana e poi nei poveri". Sacramenti ed Eucarestia in particolare, no? O_o
StefanoG.
Di Giacomo ce l'ha con parecchi,ma non fa mai nomi,more solito;l'articolo è bello,ma io non calcherei troppo sugli anni che passano inesorabilmente per tutti,perchè il nostro amatissimo papa forse ha qualche incertezza nel camminare e qualche acciacco,ma ha una mente fresca e lucida che neanche un 30enne,questo solo conta,le ingiurie del tempo ci sono per tutti quanti,anche per DiGiacomo,che spesso nelle cronache confonde parecchie cose.oggi è S.Benedetto,ad multos annos,Benedicte,Sancte Pater!GR2
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