La Chiesa nel mondo contemporaneo
Dove s’infrange il relativismo
Mauro Piacenza
«Quale Chiesa per quale mondo. Linee ecclesiologiche per la contemporaneità» è il tema della prolusione ai corsi di teologia che il cardinale prefetto della Congregazione per i Clero ha tenuto nella mattina di oggi, mercoledì 7, a Milano presso l’Università cattolica del Sacro Cuore. Lo pubblichiamo integralmente.
Nell’Omelia pronunciata, il 19 febbraio scorso, in occasione della Solennità della Cattedra di San Pietro, il Santo Padre Benedetto XVI ha affermato: «La Chiesa non esiste per se stessa, non è il punto d’arrivo, ma deve rinviare oltre sé, verso l’alto, al di sopra di noi. La Chiesa è veramente se stessa nella misura in cui lascia trasparire l’Altro – con la “A” maiuscola – da cui proviene e a cui conduce. La Chiesa è il luogo dove Dio “arriva” a noi, e dove noi “partiamo” verso di Lui; essa ha il compito di aprire oltre se stesso quel mondo che tende a chiudersi in se stesso e portargli la luce che viene dall’alto, senza la quale diventerebbe inabitabile».
Ci sono verità, che quando vengono proclamate nella loro completezza, suscitano immediatamente un assenso pieno, come un’esultanza del cuore che scaturisce da una totale immedesimazione; suscitano quel gaudium veritatis, quella gioia che è godimento della verità, di agostiniana memoria. Questa definizione della Chiesa, data dal Santo Padre, straordinariamente efficace e sintetica, appartiene a questo tipo di verità e suscita questa esperienza.
Ma che cos’è la Chiesa? O meglio, chi è la Chiesa?
Qual è il suo posto nel mondo, se ha diritto ad averne uno?
Tenterò di rispondere a queste cogenti domande, articolando la presente riflessione in tre distinti momenti: nel primo, prenderò in considerazione il rapporto tra identità della Chiesa e relativismo; nel secondo, la realtà della Chiesa come Presenza nel mondo; infine, nel terzo punto, getteremo lo sguardo sull’aspetto missionario della Comunità ecclesiale.
1. Chiesa relativa e relativismo
Appare sempre più evidente, in questo nostro tempo, come, dopo il crollo delle ideologie ateiste, che postulavano la possibilità di fare a meno di Dio, la vera obiezione, il vero obiettivo del potere e della dipendente cultura dominante sia la Chiesa. All’ateismo militante si sono sostituite varie correnti spiritualiste, capaci di ridurre Dio ad un bene di consumo, fornendo anche del rapporto con il Divino una versione utilitaristica. In questo contesto, l’annuncio dell’Incarnazione di Dio, l’annuncio che Dio si sia fatto uomo, come evento centrale del cosmo e della storia, come avvenimento incontrabile nella concreta esistenza di ciascuno, risulta come inimmaginabile e, tuttavia – noi lo sappiamo –, possibile.
La Chiesa ha coscienza di essere come il prolungamento dell’Avvenimento di Cristo nel tempo e nello spazio, fino alla consumazione della storia. La Chiesa è la Presenza divina nel mondo e a Dio è totalmente relativa.
In un contesto nel quale, non di rado, si pensa di poter fare a meno di Dio ed il senso del sacro viene considerato come un retaggio del passato, dal quale l’uomo “adulto” si è emancipato, anche la Chiesa, che di Dio, e quindi del sacro, ritiene di essere Presenza, non può che venir concepita come “qualcosa da cui liberarsi” per divenire finalmente “adulti”.
Il “sistema” di verità, di cui la Chiesa è portatrice, se non si tiene in considerazione che la verità è innanzitutto una Persona, Gesù di Nazareth, e che ogni altra verità sull’uomo e sul mondo, che la Chiesa professa ed insegna, è relativa a Lui, appare come confliggente in modo insuperabile con il contemporaneo relativismo culturale.
Non sono pochi gli ambiti nei quali, con “capriole filosofiche” dimentiche sia delle proprie radici, sia della storia, si insegna e professa che il relativismo sarebbe l’unica condizione possibile per la tolleranza, l’unico orizzonte nel quale la democrazia può vivere.
Vorremmo stupire questi maestri, affermando che anche la Chiesa è, in certo modo, relativa, nel senso che «non esiste per se stessa, non è il punto d’arrivo, ma deve rinviare oltre sé, verso l’alto». Quando la Chiesa non è ciò che deve essere, cioè quando i suoi membri non rimandano a Dio, ma vivono in maniera totalmente mondanizzata, la forza profetica dell’intero Corpo ecclesiale risulta indebolita e la stessa radicalità dell’identità della Chiesa, come Presenza divina nel mondo, appare come inconcepibile.
È abissale, quindi, la differenza tra il “relativismo ecclesiale”, che parla di relazione e che rimanda a Dio, e il relativismo culturale dominante, che, negando l’esistenza di verità oggettive ed universali, nega la stessa possibilità del rapporto tra l’uomo e la realtà, e, perciò, non è in grado di rimandare ad alcunché di definitivo e si accontenta della “convenienza” dell’immediato.
Ma chi è più libero? Chi conosce la mèta del proprio viaggio e, di giorno in giorno, ne gusta le tappe, o chi è costretto a vagare senza mèta, da un luogo ad un altro?
Chi è più “moderno”? Chi vive il presente, intuendone il significato radicato nel passato e, perciò, proteso verso un futuro di bene, o chi del presente è prigioniero, senza radici e senza prospettiva?
Che cos’è realmente il progresso? Una bugia tecnocratica, che promette, senza mantenere, la vittoria sulla morte, o la verità di chi, giorno dopo giorno, cammina verso Colui che ha vinto la morte e la Cui Presenza è sperimentabile nella Compagnia della Chiesa?
Nessuno ama la libertà, il progresso e la modernità più della Chiesa, perché la Chiesa è la comunione di coloro che sono stati definitivamente liberati da Cristo, e di questa libertà, che diviene appartenenza a Lui, sono testimoni, desiderandola per se stessi e per tutti gli uomini, lottando per essa, affinché tutti coloro a cui è dato di godere di questa straordinaria esperienza, che chiamiamo vita, possano accogliere la liberazione scaturita da Cristo.
Paradossalmente, è proprio questo amore smisurato per Dio, che si è fatto uomo, che porta la Chiesa ad amare appassionatamente ogni uomo. Anche chi non è cristiano, anche chi non fosse credente, è amato dalla Chiesa perché uomo, perché la Chiesa, comunità dei salvati da Cristo, fa autentica esperienza di liberazione e si spende, concretamente, in ogni parte del mondo, perché la libertà e la dignità, che ne è parte integrante e sostanziale, siano riconosciute a ciascuno.
La convivenza pacifica tra i popoli, la convivenza pacifica tra le varie culture e perfino la convivenza nelle nostre metropoli, sono possibili non abbandonando ciascun individuo o ciascun gruppo alla propria isolata autoreferenzialità – magari riducendo la partecipazione sociale a quell’aspetto necessario ma parziale, anzi parzialissimo, che è la partecipazione fiscale –, ma proponendo, con motivata, rispettosa insistenza, quel recupero della ragione, che, fin dall’inizio del suo Pontificato, Benedetto XVI ha indicato come momento essenziale ed imprescindibile per ogni possibile, autentico dialogo.
Senza il superamento del contemporaneo riduzionismo tecnocratico della ragione, non sarà possibile alcun incontro tra uomini, popoli, culture, civiltà e religioni.
Non è il relativismo a garantire la pace e la tolleranza, ma il recupero della ragione, capace di conoscere la realtà e aperta al Mistero di Dio. Una ragione che fa riconoscere innanzitutto la datità della vita e, quindi, il suo ineliminabile legame con Dio, e che, perciò, non mi fa appena tollerare l’altro, ma, molto più umanamente, lo fa rispettare e, cristianamente, lo fa amare.
2. Chiesa, presenza e presente
Questa Chiesa, amante della libertà, del progresso e della modernità, così come sono state indicate, ha tuttavia un grande vantaggio rispetto a tutte le ideologie, che mirano in ogni modo a ridurne la Presenza o, addirittura, ad eliminarla.
La Chiesa ha il vantaggio di essere viva e di vivere, in modo assolutamente moderno, anzi contemporaneo, nel presente, in questo presente!
La Chiesa vive ed incontra, perciò, gli uomini di «ogni tribù, lingua, popolo e nazione» (Ap 5,9), nelle loro concrete condizioni esistenziali, in quell’incontro tra uomo e uomo, tra ragione e ragione, e tra cuore e cuore, che nessun potere e nessuna ideologia potranno mai impedire.
Il relativismo si infrange, così, contro il miracolo dell’incontro, nel quale, al di là di ogni schieramento ideologico, l’uomo è chiamato a spalancarsi alla realtà e a cercarne, con rigore e passione, le ragioni, per se stesso, per i propri contemporanei e per i propri figli.
Nessun relativismo potrà convincere l’uomo di non esistere, né potrà eliminare l’esperienza dell’altro di fronte a me; nessun relativismo potrà sopprimere definitivamente le domande costitutive del cuore umano, che, misteriosamente ed in maniera sempre nuova, creano un’inattesa vicinanza e quasi una fraterna prossimità anche tra gli individui più distanti che si possano immaginare.
Per questo, come ha luminosamente ricordato il Beato Giovanni Paolo II, l’uomo è via della Chiesa (cf. Lettera Enciclica Redemptor Hominis, n. 14), nel senso che, essendo totalmente relativa a Dio, che si è fatto uomo, compito della Chiesa è rendere presente questo straordinario Mistero, aiutando ciascun uomo a fiorire nella sua concreta umanità, spalancando ragione e libertà al Mistero di Dio e, con l’aiuto della grazia, accogliendo la Rivelazione di Gesù Cristo.
Parafrasando la Gaudium et spes, si potrebbe affermare che, dovunque viva un uomo che ama, lotta, spera, gioisce, soffre e cerca la verità, lì c’è la Chiesa che, con umana prossimità e materno sostegno, desidera dare un nome a quella ricerca e a quella lotta che sono la vita stessa, e, insieme, offrire una compagnia, perché l’uomo sperimenti concretamente, nel tempo, la Presenza del Mistero nella presenza dei propri fratelli. La compagnia della Chiesa è, infatti, il segno più tangibile della prossimità del Mistero a ciascun uomo. La Chiesa, come indicato nella citazione con la quale ho aperto questa conversazione, «è il luogo dove Dio “arriva” a noi, e dove noi “partiamo” verso di Lui».
L’uomo che vive in comunione è molto più forte e, perciò, in grado di resistere ad ogni oppressione. Se la famiglia, come insegnava Chesterton, è la cellula di resistenza all’oppressione, quella “Famiglia dilatata” che è la Chiesa è, non la cellula, ma il Corpo di resistenza all’oppressione.
Non ci si spiega, allora, per quale motivazione coloro che si ritengono forieri di tolleranza e libertà, i quali dovrebbero essere davvero relativisti, e quindi nemici di ogni oppressione, avversino la Chiesa.
La ragione potrebbe forse essere ricercata nella sostanziale differenza tra la libertà ultima e le libertà penultime. Mentre la Chiesa annuncia la liberazione definitiva dell’uomo in Gesù Cristo e, perciò, è testimonianza nel mondo della vera libertà, della libertà ultima, il relativismo, che si sforza di giustificare, spesso andando contro la ragione e quindi contro la realtà, ogni soggettivo arbitrio, finisce per diventare lo strumento più efficace del potere, il quale, addomesticando la sete di libertà dell’uomo con infinite esperienze di micro-libertà, può indisturbatamente spadroneggiare, costruendo un “nuovo ordine”, che non è secondo Dio, ma secondo gli uomini, e questi vuole strumentalizzare.
La presentazione parziale, unilaterale e volontariamente “contro”, della Chiesa, è parte integrante di questo soffocamento della libertà e come ecclesiastici dobbiamo fare un profondo esame di coscienza, poiché, non di rado, la predicazione, l’insegnamento – perfino della teologia – e la testimonianza della vita, non sono strumenti di quell’«incontro con un Avvenimento, una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte» (DCE n. 1), rendendola autenticamente libera, perché carica di significato e di speranza.
Se la Chiesa è il luogo dove Dio “arriva” a noi, e dove noi “partiamo” verso di Lui, allora nulla è più alieno, alla Chiesa, della staticità. La Chiesa è il luogo di “arrivo” di Dio e di “partenza” dell’uomo; è luogo dove avviene il movimento più importante della storia umana e di ciascuna concreta esistenza: il movimento dell’incontro con Dio.
Nella Chiesa, Dio “arriva” a noi, cioè la Chiesa custodisce integro il deposito della fede, così come ci è stato rivelato da Gesù Cristo, attraverso le Scritture, l’ininterrotta Tradizione ecclesiale, autorevolmente interpretate dal Sacro Magistero, e tale custodia è fondamentalmente dinamica, cioè è essa stessa, nell’atto di trasmettere la fede, un e in movimento. È questo, a mio parere, il senso autentico della nuova Evangelizzazione.
La Chiesa non torna indietro alla Tradizione, ma va avanti, sempre avanti, verso la Tradizione! Perché la Tradizione, Colui che noi tramandiamo, è una Persona: Gesù di Nazareth, Signore e Cristo. Per questa ragione, allora, la Chiesa è il luogo dove noi “partiamo” verso Dio; nel senso profondo indicato dal verbo “partire”: compiere un viaggio verso una mèta; anche se la mèta non è pienamente conosciuta, ma solo intuita, perché narrata da altri fratelli, vale la pena mettersi in cammino.
La Chiesa cammina con tutti gli uomini e dalla Chiesa tutti gli uomini “partono” verso Dio, perché nella Chiesa Dio “arriva” agli uomini. Essa è come la Sposa che attende vigilante il ritorno dello Sposo, avendolo incontrato, conosciuto ed amato e, contemplando, nello stupore e nella gioia, ogni giorno, la moltitudine di figli che lo Sposo sempre le dona.
Fino alla consumazione della storia, la Chiesa sarà in movimento: sarà il luogo dell’“arrivo” di Dio e della “partenza” dell’uomo verso Dio. è necessario essere assolutamente consapevoli che l’uomo non potrebbe “partire” verso Dio, se la Chiesa non fosse il luogo dove Dio “arriva” a lui. Per tale ragione è necessario vigilare con sollecitudine su ogni riduzionismo orizzontalista della Chiesa, che rischia di sottacere l’arrivo di Dio.
Le più grandi opere di carità, quelle che nessun altra organizzazione solo umana ha mai potuto immaginare, sono state realizzate, e ancora oggi sono compiute, dalla Chiesa, solo perché in essa opera Dio, in essa opera lo Spirito Santo e la Chiesa, che crede nel Dio fatto uomo, ama ogni uomo, il suo destino, la sua libertà e la sua vera felicità.
3. Chiesa e missione
Come Cristo ha dato la vita per la liberazione degli uomini dal peccato, così oggi la Chiesa ed i cristiani danno la vita per la liberazione dei propri fratelli uomini, completando, in tal modo, nella propria carne «ciò che manca ai patimenti di Cristo» (Col 1,24) e rendendo presente ed attuale il Mistero della Croce.
Ci sono parti del mondo, nelle quali, tale testimonianza giunge sino al martirio cruento, che rinnova, nel sangue dei cristiani perseguitati nella storia, l’oblazione «pura, santa e immacolata» di un Dio che non solo non ha disdegnato di farsi uomo, ma che ha offerto la Sua stessa Vita per noi. In altre parti del mondo, come nella nostra realtà occidentale, il martirio non è cruento, ma è indubitabile che ci sia una vera e propria persecuzione in atto, attraverso quello smisurato e controllato potere, che sono i media, nella cui cabina di regia, abita troppo spesso l’intolleranza relativista.
Nonostante la persecuzione, che durerà fino alla fine del tempo e della storia, la Chiesa non potrà mai fare a meno di testimoniare Cristo, perché Egli è “ciò che abbiamo di più caro”, è la ragione stessa dell’esistenza della Chiesa.
Testimoniare Cristo significa anche amare l’umanità, amare la libertà, amare il reale progresso, l’umanesimo plenario, amare non l’idea astratta ed universale dell’uomo, ma ciascun concreto essere umano, visto come compagno sulla strada della vita e come fratello, perché figli di un unico Padre ed accomunati da un solo Destino.
Parte integrante della missione della Chiesa è, perciò, il servizio della verità. Essa, misteriosamente e per pura grazia, è come lo scrigno che custodisce il tesoro della verità di Cristo, la mente che progressivamente lo comprende ed approfondisce, il cuore che sempre più profondamente lo ama e ne vive. La Chiesa è, perciò, chiamata a proclamare, diffondere e difendere tale verità, perché ogni uomo la possa incontrare, se ne possa dissetare, diventandone, a sua volta, annunciatore. Dire “verità” non significa dire intolleranza, bensì dire libertà: «La Verità vi farà liberi» e la verità non è un concetto ma una Persona: Gesù!
Nessuno, nemmeno i non credenti, hanno ragioni per temere la Chiesa. La Chiesa non è contro nessuno, ma è per Cristo, per il Vangelo e, pertanto, è per l’uomo. La Chiesa non impone a nessuno una propria verità, ma propone a tutti la verità, proponendo a tutti l’incontro con Cristo. Tanto che l’atto di fede non sarebbe tale se non fosse libero ed è per questo, fra l’altro, che è meritorio.
Se il mondo, che ha perso l’orizzonte infinito di riferimento, «tende a chiudersi in se stesso», la Chiesa ha il compito di aprirlo continuamente oltre se stesso; se la ragione umana, illusa da una falsa autonomia e separata dalla realtà, si ripiega su se stessa, la Chiesa ha il compito di risollevarla e di aprirla nuovamente verso quegli orizzonti di conoscenza tanto ampli e tanto profondi, quanto ampio e profondo è il desiderio del cuore umano.
Ad occhi solo umani, un tale compito potrebbe apparire tanto inaudito, quanto presuntuoso. Tuttavia esso non è l’esito di progetti umani o di strategie associative, ma, da duemila anni, è semplicemente l’obbedienza alla Compagnia generata da Cristo e dai Suoi Apostoli. Obbedienza umanissima perché umanizzante, libera perché liberante, moderna, cioè attuale, perché presente.
Carissimi amici, se siamo stati chiamati ad appartenere alla Chiesa in questo tempo, apparentemente molto difficile, ma in realtà non più difficile di altri, è perché il Signore ci ha ritenuti in grado, con la sua grazia, di poterLo servire adeguatamente oggi.
Se la Chiesa sarà semplicemente e fedelmente ciò che Dio le domanda di essere, se la Chiesa non esisterà per se stessa, ma lascerà trasparire Dio, allora, non potrà temere alcuna ostilità, né alcuna incomprensione, perché il mondo e, nel mondo, ogni uomo, ha profondamente e invincibilmente bisogno di Dio. Quel Dio che in Cristo si è manifestato e che, morto e Risorto, per la forza dello Spirito Santo, nella Chiesa permane.
Amici, com’è bello essere Chiesa! Basta guardare la Vergine Maria che ne è l’icona perfetta!
(©L'Osservatore Romano 8 marzo 2012)
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4 commenti:
Ma chi è più libero? Chi conosce la mèta del proprio viaggio e, di giorno in giorno, ne gusta le tappe, o chi è costretto a vagare senza mèta, da un luogo ad un altro?
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Scusate ma cio' lo vedo anche nella chiesa!
Lasciando anche perdere il problema Parusia o il problema dei segni (miracoli) che nessuno fa (nessuno ha fede?)o almeno io non li vedo cosi' spesso....non mi pare che si parli ancora dei novissimi (paradiso, purgatorio, inferno). Non conosco nessuno che vada incontro alla morte come al Dies Natali, ma- non dico questo-, ai funerali lamentarsi della morte e basta!
Insomma a me pare che anche nella chiesa ci sia IL SACRO e non una FEDE.
Alberto2
la fede,Alberto è frutto di un incontro,di un percorso personale che a volte può anche essere molto faticoso e doloroso,non si può imporre con la forza,si può proporre,possibilmente con l'esempio di un comportamento fedele agli insegnamenti di Cristo,la chiesa può solo testimoniare,a volte splendidamenta come fa il nostro beneamato papa,a volte meno bene,ma non sono le loro parole che ti danno coraggio,ma il messaggio d'amore che Cristo stesso ci ha lasciato.Fosse tutto solo dipeso dagli uomini,non ci sarebbe più chiesa,pensaci un pò su.Con rispetto.
Grazie della cristiana (in senso non violenta) risposta.
Anche il mio vecchio parroco (buonanima) mi diceva che l'unica possibilita' di credere ancora era la chiesa. Fu lui per la prima volta a parlarmi dei 3 papi...In effetti se la chiesa e' resistita per 2000 anni con tutto cio' che e' accaduto fuori e dentro di essa e' un piccolo segno. Rimane il fatto che esiste una religiosita' naturale che ben poco ha a che fare con la fede, da quanto ne so io (vedi Abramo). E che fa si che la religione continui ininterrotta dal cro magnon ad oggi. Il sacro di cui diceva Galimberti. Che non vuol dire assolutamente che Dio c'e', anzi a volte e' il contrario. Troppi sacri, troppi assoluti, diventano veramente relativi.
Con altrettanto rispetto ed affetto.
Alberto2
La fede apre all'uomo l'orizzonte di una speranza certa che non delude,indica un solido fondamento sul quale poggiare,senza paura,la propria vita;richiede l'abbandono,pieno di fiducia,nelle mani dell'amore che sostiene il mondo.Sono parole non mie,naturalmente,ma di Ratzinger,le rilegga più volte,e continui a cercare,vedrà che alla fine troverà delle risposte;anch'io ho dovuto lottare non poco con il mio ego per trovare alla fine risposte esaurienti,mai esaustive,non si finisce mai di imparare e io ho studiato a fondo tutte le religioni,da Neandertal in poi,ora rifletto e ascolto le parole di questo straordinario maestro che è questo papa.Le auguro di proseguire il suo cammino,non si arrenda anche quando la strada sembra sempre più dura e difficile,e trovi pace e serenità.Con amicizia.
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