martedì 23 ottobre 2012

Tribunale vaticano: il furto delle carte del Papa ha leso il diritto alla segretezza di uno Stato sovrano


Vaticano: furto carte papa ha leso diritto segretezza di Stato sovrano

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 23 ott 

L'azione dell'ex-maggiordomo di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, e' ''lesiva nell'ordinamento vaticano della persona del Pontefice, dei diritti della Santa Sede, di tutta la Chiesa cattolica e dello Stato della Citta' del Vaticano'': e' quanto si legge nelle motivazioni del tribunale vaticano che ha condannato il maggiordomo infedele a 18 mesi di reclusione per il caso Vatileaks.
Il tribunale, si legge nel dispositivo, ''ritiene di dover osservare come l'azione posta in essere dal Gabriele sia in realta' lesiva nell'ordinamento vaticano della persona del Pontefice, dei diritti della Santa Sede, di tutta la Chiesa cattolica e dello Stato della Citta' del Vaticano; cosi' come tale azione e' stata oggettivamente lesiva di diritti ed interessi di persone fisiche ed istituzioni, da cui i documenti illegalmente sottratti pervenivano od a cui erano diretti''.
''In particolare - prosegue il testo - l'azione del Gabriele ha violato non solo il fondamentale diritto alla buona fama e alla riservatezza di tutti i soggetti coinvolti, ma anche il segreto proprio degli atti di un soggetto sovrano''.
''Che la sottrazione e l'impossessamento dei documenti de quibus siano avvenuti senza il consenso di colui al quale i documenti stessi appartenevano, vale a dire il Santo Padre, e' di palmare evidenza'', sottolinea il tribunale, precisando che ''dagli elementi ricavabili dall'istruttoria e dal dibattimento, mentre si rileva nell'imputato - come affermato nella perizia - una peculiare pericolosita', certamente circoscritta nel suo ambito, ma non per questo meno insidiosa, e' viceversa da escludere una tendenza generale a delinquere''.
Anzi, ''il Gabriele ha potuto compiere il delitto ascrittogli in ragione del suo rapporto di servizio per il Santo Padre, necessariamente fondato su un legame di fiducia che portava, tra l'altro, a lasciare o esporre alla sua fede i documenti di cui si e' illegittimamente appropriato''. ''Di tale fiducia - spiegano i giudici - il Gabriele ha fatto un uso illegittimo, deviato, diretto ad altri fini, rispetto a quelli che supportano ogni rapporto di prestazione d'opera - e che conseguentemente sono da esso presupposti - , e che nel caso specifico assumono una rilevanza del tutto peculiare''.
''Difatti - si legge ancora nel dispositivo - le mansioni dell'aiutante di camera, i cui contenuti sono stati precisati nell'udienza dibattimentale dall'imputato, comportano una particolare dimestichezza con la vita privata del Santo Padre e della Famiglia Pontificia, che implica un assoluto riserbo per quanto si viene a conoscere in via di tale familiarita'.
Il carattere riprovevole dell'azione posta in essere dall'imputato, dunque, e' da cogliere proprio nel fatto che egli si e' servito di questa singolarissima posizione per perpetrare la sua azione criminosa''.

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