sabato 20 ottobre 2012

Tra carità e speranza. Il 21 ottobre Benedetto XVI canonizza Marianna Cope (Piacentini)

Il 21 ottobre Benedetto XVI proclama sette nuovi santi, tra i quali Marianna Cope (1838-1918), Caterina Tekakwitha (1656-1680) e Anna Schäffer (1882-1925)

Tra carità e speranza


di Ernesto Piacentini*


Esemplare interprete di una vita di fede e di amore che ha recato il frutto di uno spirito missionario carico di speranza e di fiducia. Sono i tratti caratteristici di una religiosa, Marianna Cope, che ha rinunciato completamente a se stessa per portare un raggio dell'amore di Dio nel cuore dei più miseri tra i miseri, i lebbrosi, confinati nell'«isola maladetta di Molokai» nelle Hawai. Per Benedetto XVI, quando domenica prossima, 21 ottobre, la eleverà al gradino più alto della santità, sarà come tornare ai primi passi del suo pontificato: Marianne infatti, insieme a Ascensión Nicol Goñi, fu la prima serva di Dio a essere beatificata da Papa Ratzinger. Era il 15 maggio 2005. Anche allora come oggi venne esaltato il valore della sua testimonianza tra quanti avevano perso, con la salute, il senso della loro vita.

Marianne nacque il 23 gennaio 1838 a Heppenheim in Germania, e appena due anni dopo la famiglia emigrò in America stabilendosi nella città di Utica (New York), dove passò gli anni della giovinezza. All'età di 24 anni, il 19 novembre 1862, vestiva l'abito religioso e dopo la professione iniziò il lavoro apostolico nella scuola parrocchiale della Assunzione a Syracuse.
Per le spiccate doti intellettuali e di generoso spirito di dedizione fu chiamata a ricoprire delicati incarichi e uffici della sua congregazione religiosa, finché il 27 dicembre 1877 fu eletta madre generale, nella quale carica fu confermata nel giugno del 1881. Fu in questo periodo di governo della congregazione che giunse a lei la richiesta di suore volontarie per andare ad assistere i lebbrosi nell'isola di Molokai nelle isole Hawaii.
In quegli anni infatti si aggravava sempre più la situazione dei malati di lebbra nell'arcipelago hawaiiano Le autorità inviavano i lebbrosi, strappati dalle loro famiglie e dai loro paesi, nell'isola di Molokai, dove non esisteva nessuna costruzione per ricoverarli. Tra loro non vi era nessun medico, e il male era divenuto una «epidemia». I lebbrosi distrutti fisicamente dall'impietoso male, scoraggiati dalla situazione disperata, scacciati dai loro concittadini sani, si trovavano in una condizione morale senza uscita e senza sollievo.
La depravazione dilagava tra quelle genti infelici. Il padre Damiano de Veuster, che aveva scelto di vivere con loro in quella situazione, sentiva che senza un aiuto non gli sarebbe stato possibile provvedere a un ospedale, assicurare l'igiene e l'educazione dei figli dei lebbrosi. Tramite il vescovo di Honolulu fece appello a madre Marianna che rispose immediatamente all'appello. Accompagnò lei stessa sei suore della sua congregazione scelte tra le tante che si erano offerte volontariamente. La situazione era tale che le suore si lasciarono prendere dallo scoramento e solo la vicinanza della loro madre generale dava loro la forza di resistere. Così Marianne decise di restare nell'isola, dove tra difficoltà di ogni genere servì i lebbrosi fino alla morte, avvenuta il 9 agosto 1918.
La situazione in cui dovette operare fu difficilissima, per la mancanza di medicinali, di cibo e di ogni sorta di altri sussidi assistenziali. Madre Marianna cercò, insieme al suo gruppo di suore, di ridare speranza e dignità umana a quegli uomini spesso in preda all'alcool, al vizio, alla disperazione più nera, oltre al dolore fisico. La loro presenza fu veramente provvidenziale. Insieme a padre Damiano, per impedire che i ragazzi e le ragazze, figli di lebbrosi, contraessero la lebbra, stabilirono la costruzione di due case separate in modo che questi appena divenuti adulti potessero essere inseriti nella società. «Madre Marianna -- come testimoniò in seguito una suora -- ha rivoluzionato la vita a Molokai, ha portato l'igiene, l'orgoglio e la gioia di vivere nel lebbrosario». Alle sue suore ripeteva che era stato Dio a chiamarle a quel servizio di carità e di amore e dunque egli non avrebbe mai permesso che fossero contagiate dalla malattia. Anzi predisse che nessuna delle suore dell'ordine chiamate anche in futuro a quel servizio sarebbero mai state contagiate. (Cronaca di Molokai scritta da suor Leopoldina Burns). A tutt'oggi risulta che nessuna delle suore in missione nel lebbrosario di Molokai, né in quello aperto nell'isola di Maui, furono mai contagiate dal morbo di Hansen.

*Postulatore dell'ordine dei frati minori conventuali


(©L'Osservatore Romano 20 ottobre 2012)

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