mercoledì 17 ottobre 2012

Sinodo: la Chiesa rinunci a consenso sociale ma non alle scuole ed alle nonne. Card. Ouellet: sempre tensioni vescovi-religiosi. Mons. Martin: sottrarre i giovani alle culture banale (Izzo)

SINODO: CARDINALE OUELLET, SEMPRE TENSIONI VESCOVI-RELIGIOSI

Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 17 ott. 


"Nelle relazioni tra gerarchia e vita consacrata sono sorti non pochi disagi: talora per una certa ignoranza dei carismi e del loro ruolo nella missione e nella comunione ecclesiale; talaltra per l'inclinazione di alcuni consacrati alla contestazione del Magistero". Fotografa cosi' le ricorrenti tensioni tra Gerarchia e Istituti religiosi il prefetto della Congregazione dei vescovi, cardinale Marc Ouellet, nel suo intervento al Sinodo. Il porporato canadese, provienente dalle file dei religiosi sulpiziani, propone di aggiornare il documento "Mutuae Relationes", della fine degli anni settanta, dal quale emerge un quadro delle relazioni tra i vescovi e i religiosi nella Chiesa, che, secondo Ouellet, per molti versi resta valido. Nel testo congiunto della Congregazioni per i vescovi e per i religiosi, approvato da Paolo VI nel 1978, tre mesi prima di morire, si afferma che "grave errore sarebbe rendere indipendenti, e assai piu' grave quello di opporle tra loro, la vita religiosa e le strutture ecclesiali, quasi potessero sussistere come due realta' distinte, l'una carismatica, l'altra istituzionale; mentre ambedue gli elementi, cioe' i doni spirituali e le strutture ecclesiali, formano un'unica, anche se complessa, realta'". Per il cardinale Ouellet, "la nuova evangelizzazione puo' trovare un suo ulteriore punto di forza nel rinnovamento dei rapporti tra vescovi e consacrati", ma cio' a patto di non dimenticare che essa "e' inseparabile da un rinnovamento della comunione ecclesiale". "Questa comunione - ha concluso - identifica la missione della Chiesa, quella cioe' di essere, conme dice il Concilio, 'il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unita' di tutto il genere umano', e diventa il tratto piu' suggestivo della testimonianza che i credenti possono offrire ai loro contemporanei".


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SINODO: ARCIVESCOVO DUBLINO, SOTTRARRE GIOVANI A CULTURE BANALI


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 17 ott. 


"La sfida della Nuova Evangelizzazione deve essere contrassegnata da un forte confronto di idee, non in termini di aggressione ideologica, ma nell'aiutare i giovani a discernere le idee". Lo afferma l'arcivescovo di Dublino, monsignor Diarmuid Martin, che nel suo intervento al Sinodo denuncia il fatto che oggi "i giovani vivono in una cultura di relativismo e di un'autentica banalizzazione della verita', senza esserne spesso neppure consapevoli. E' una cultura che non hanno creato loro". "In che modo - chiede il presule ai 262 vescovi di tutto il mondo riuniti in Vaticano - ci rendiamo presenti nella vasta popolazione di studenti, soprattutto presso coloro la cui educazione cristiana di base e' stata molto superficiale, sia in famiglia che a scuola?". I giovani, spiega monsignor Martin, "possono non conoscere altre culture, eppure devono trovare Cristo in questa cultura avendo scarsa familiarita' con il linguaggio della fede". "Non sto pensando - spiega ai confratelli - ai grandi gruppi di giovani che hanno trovato forza e sostegno grazie ad eventi quali la Giornata Mondiale della Gioventu', ma ai molti giovani, uomini e donne, che, in un momento difficile e complesso della vita, nella loro ricerca di un senso si ritrovano molto spesso soli in mezzo ai compagni di classe, agli altri studenti e possono addirittura incontrare ostilita' e incomprensione quando cercano di trovare o coltivare la fede in Gesu' Cristo". "La cultura dell'individualismo - conclude l'arcivescovo di Dublino - puo' essere contrastata con la creazione di una varieta' di nuove comunita' ecclesiali, non solo quelle che nascono dai movimenti ecclesiali, ma anche dalle nostre parrocchie, che saranno le pietre angolari delle comunita' eucaristiche del futuro". 


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SINODO: CHIESA RINUNCI A CONSENSO SOCIALE MA NON A SCUOLE E NONNE


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 17 ott. - La ricerca del consenso sociale e l'indossare "maschere" sono "atti tipici di chi e' diviso tra la realta' di essere un personaggio pubblico" molto rispettato e quella di manifestarsi come un ambasciatore del Regno". Ad incorrere in questa ambiguita' sono i vescovi, secondo il presidente della Conferenza Episcopale del Pacifico (che comprende anche la Micronesia e l'isola di Tonga) monsignor Soane Patita Paini Mafi. "Nel mondo attuale - spiega il presule nel suo intervento al Sinodo - la vita delle persone e' segnata da ferite e da dolori profondi, e quindi esse desiderano pastori autenticamente compassionevoli che possano toccare la loro vita nel profondo e liberarli dalle proprie miserie, ovvero pastori che possono camminare con loro e 'mettersi nei loro panni'".Secondo il vescovo di Tonga, il modello da seguire e' molto semplicemente quello evangelico, e basta chiedersi "perche' Gesu' era tanto 'a proprio agio' e si identificava perfettamente con la maggior parte della gente del suo tempo, perfino con i peccatori?". "Semplicemente - rileva - perche' era profondamente a proprio agio con se stesso, perche' era profondamente libero come persona radicata in una educazione semplice e umile; infatti tra i suoi contemporanei era meglio conosciuto come 'il figlio del falegname'". La linea della semplicita' evangelica e' sposata anche dai vescovi del Kazakastan: monsignor Janusz Wieslaw Kaleta, vescovo di Karaganda, chiede ad esempio di "investire" di piu' sulle famiglie e in particolare sulle nonne, la cui "religiosita' tradizionale non e' stata alimentata da un catechismo adeguato". "Il problema - rileva - e' quello di formare quotidianamente le nostre nonne alla Sacra Scrittura e al Catechismo in modo semplice e comprensibile". Mons. Charles Edward Drennan, vescovo di Palmerston North in Nuova Zelanda, affronta invece il tema dell'educazione in un'ottica meno spontaneistica: "nelle diocesi di paesi laici con una rete di scuole e collegi cattolici, la principale comunita' di fede - rileva - e' diventata la scuola dove, per la prima volta, la maggior parte dei battezzati sperimentano, in modo sistematico, la persona di Gesu' Cristo, la preghiera, la liturgia e la vita sacramentale della Chiesa". Dunque, "sono gli insegnanti, piuttosto che i genitori, in molte occasioni, a diventare i primi formatori dei nostri giovani". In quest'ottica, occorre essere consapevoli, ha spiegato monsignor Drennan, che "le scuole cattoliche non sono prodotti, bensi' agenti della missione della Chiesa". In Ruanda, descrive invece monsignor Jean Damasceno Bimenyimana, vescovo di Cyangugu, "il nostro orientamento pastorale implica una particolare attenzione verso i bambini. Percio' sono nate le comunita' ecclesiali di base per i bambini a misura delle comunita' ecclesiali ordinarie. Comunemente sono chiamate 'club per bambini' o 'feste per bambini'". Il rinnovamento della pastorale, assicura pero', "non trascura affatto la parrocchia". E il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, traccai un bilancio piuttosto critico riguardo a questo tipo di presenza locoale della Chiesa nel nostro Paese. "La parrocchia - afferma - nonostante abbia fatto dopo il Concilio molti passi avanti, salvo lodevoli eccezioni, e' ancora prevalentemente impegnata nella cura gregis, offre servizi religiosi a chi li chiede, ma fa fatica ad aprirsi ad una pastorale di evangelizzazione". Secondo Vallini, "una conversione pastorale e' piu' che mai necessaria, ma non e' semplice da realizzare".


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