Loreto attende il Papa. Il vescovo Tonucci: la nuova evangelizzazione sotto la protezione di Maria
Il 4 ottobre prossimo, a 50 anni dalla visita di Giovanni XXIII, Benedetto XVI si recherà in visita a Loreto. Un evento che la comunità ecclesiale di tutte le Marche attende con trepidazione. Il Santo Padre si recherà al Santuario della Santa Casa per raccomandare alla Madonna la celebrazione dell’Anno della Fede, promosso per ricordare il 50.mo anniversario dall’apertura del Concilio Vaticano II. La visita avviene inoltre a pochi giorni dal Sinodo dei vescovi sulla Nuova Evangelizzazione. Alessandro Guarasci ha raccolto la testimonianza del vescovo prelato di Loreto e delegato Pontificio del Santuario della "Santa Casa", mons. Giovanni Tonucci:
R. - Il Papa ha saputo partire da quella che poteva essere semplicemente una rievocazione storica, per proporre invece nuovi ideali e nuove finalità. Papa Giovanni era venuto per raccomandare l’inizio del Concilio, e porre questa grande impresa della Chiesa sotto la protezione di Maria. E ora, Papa Benedetto guarda alla Nuova Evangelizzazione, alla riflessione proposta da tutta la Chiesa sul Concilio di cinquantanni fa, e chiede la protezione di Maria su questo nuovo cammino. Quindi, il Papa ci propone non uno sguardo indietro, ma un guardare avanti per capire e cogliere meglio il messaggio di questo grande evento, la cui forza non ha ancora spento la propria energia, ma che ha ancora tantissimo da dirci.
D. - Lei ha appunto parlato di evangelizzazione. Un aspetto particolarmente importante soprattutto per l’Europa che attraversa un periodo si secolarismo...
R. - La Nuova Evangelizzazione diventa particolarmente difficile, laddove si direbbe che il Vangelo è stato ormai ascoltato e poi rifiutato, oppure messo nel dimenticatoio. Questo rende il lavoro della testimonianza ecclesiale più difficile, perché si presenta come qualcosa di già visto. Il rischio è che qualcuno dica: “Io queste cose già le conosco, quindi non ho nulla di nuovo da apprendere”. Per cui c’è una difficoltà particolare, ma - direi - è una difficoltà che va affrontata perché è l’imperativo del momento.
D. - Come state pensando appunto di accogliere il Papa? Quali “sorprese” avete messo in campo?
R. - Noi intanto vogliamo accogliere il Papa con tutto l’affetto di una città che ha ricevuto i Papi tante volte. Noi non dimentichiamo che la storia di questi ultimi secoli, ci parla di una frequenza di visita del Vescovo di Roma a Loreto. Basti pensare che l’ultimo viaggio che ha fatto Pio IX prima della fine dello Stato Pontificio è stato a Loreto. Il primo viaggio di un Papa fuori Roma, fuori dal Lazio, è stato a Loreto. Giovanni XXIII ha aperto in questo modo la stagione dei "viaggi dei Papi". Non dimentichiamo che Papa Giovanni Paolo II è stato cinque volte a Loreto, mentre Benedetto XVI è già stato nel 2007 a Loreto come Papa, e come cardinale, era venuto sette volte. Vorremmo che la decorazione della città fosse fatta nel modo più tradizionale, semplice e allegro possibile, quindi come nell’antica tradizione del mettere le belle coperte alle finestre e far sentire il calore di una presenza. La Piazza della Madonna sarà allestita per la Celebrazione Eucaristica adoperando le cose belle e semplici che abbiamo nel Santuario, con una copertura davanti al sagrato, che non tolga nulla alla bellezza della facciata della basilica, ma che renda sicura la presenza del Papa. In basilica tutto è pronto nell’eventualità della pioggia, ma noi speriamo che non piova. Quindi vorremmo che la piazza fosse piena; calcoliamo quattromila, quattromilacinquecento persone tra posti a sedere e posti in piedi. Le richieste sono tantissime, e noi speriamo che non solo la piazza sia piena, ma anche le strade che il Papa percorrerà; speriamo possano essere piene di gente che faccia sentire al Pontefice il calore della nostra accoglienza. Qualcuno ha detto: “Vorremmo che il Papa tornasse in Vaticano contento di quello che ha visto e che ha sentito”. Credo che questo sia il programma più bello che possiamo svolgere.
Dopo la Messa a Loreto, il Papa si recherà al Centro Giovanni Paolo II di Montorso. Un’oasi di spiritualità e di dialogo tra i popoli che, da dieci anni, ospita l'Agorà dei Giovani del Mediterraneo, il tradizionale incontro nel quale si incontrano i giovani delegati delle nazioni dei tre continenti che si affacciano sul Mar Mediterraneo. Alessandro Guarasci ha intervistato il direttore del Centro, don Francesco Pierpaoli:
R. - Giovanni Paolo II - ai giovani radunati nel 1995, nella spianata di Montorso, davanti al Santuario, nel momento in cui c’era la guerra nell’ex Jugoslavia - disse ai 400 mila giovani provenienti da tutta Europa: “Ecco la vostra casa, la casa di Cristo e di Maria, la casa di Dio e dell’uomo”. Questa frase di Giovanni Paolo II, legata a un luogo come il Santuario della Santa Casa, ha fatto sì che potesse sorgere nello stesso luogo in cui la frase è stata pronunciata, una casa per i giovani che da quel momento in poi è stata sognata e che nel 2000, è stata realizzata. Una casa dove i giovani possano costruire la casa-chiesa.
D. - Quest’anno non ci sarà l’Agorà del Mediterraneo... Però, questo per tanti anni è stato un riferimento per tanti giovani da tutta Europa, da tutto il Mediterraneo. Insomma un vero centro di dialogo…
R. - Mi ha fatto molto piacere che nel viaggio che Benedetto XVI ha fatto in Libano recentemente, abbiamo avuto da alcuni amici l’eco dei giovani che si domandavano rattristati, il perché quest’anno non ci sia stata l’Agorà; come a dire che i giovani che vengono qui ormai dal 2001 - i giovani delle tre sponde del Mediterraneo, quindi tre continenti, Asia, Africa ed Europa - trovano a Loreto, in questo luogo, la possibilità di incontrarsi. Giovani libanesi, palestinesi, israeliani, siriani, egiziani, tunisini o algerini, che dove vivono non si incontrano; qui si incontrano. Giovani dei Paesi dell’ex Jugoslavia, si sono resi conto qui che hanno delle tradizioni comuni, dei canti popolari comuni. Quindi potremmo dire che noi diamo loro una “primavera araba” da diversi anni, e di questo, ripeto, ne siamo estremamente contenti, anche se non ci sono grandi segni... non sono cose che appaiono sui giornali, però sono segnali che noi abbiamo perché conosciamo persone, fatti e situazioni!
D. - Le Marche come respirano la vostra presenza? Come siete integrati nel territorio?
R. - Noi ogni anno contiamo 17 mila presenze. Di queste, seimila sono marchigiane. Voglio dire che c’è un’integrazione profonda con il territorio marchigiano. Ma anche qui è una scommessa, non solo perché Loreto è al centro delle Marche, ed è quindi facilmente raggiungibile da Nord a Sud, ma perché qui da alcuni anni si sta sognando quella pastorale integrata, di comunione, che a volte nelle nostre diocesi si vive con fatica.
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