lunedì 22 ottobre 2012

La santità secondo Benedetto (Galeazzi)

Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

La santità secondo Benedetto

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Da ieri la Chiesa ha la prima santa pellerossa. Qual è il carisma dell’indiana d’America, Kateri Tekakwitha?

Nel rito di canonizzazione in piazza San Pietro, ieri Benedetto XVI ha auspicato che l’esempio di Kateri (1656-1680) aiuti ogni cristiano a vivere la fede a partire dalla propria «identità», e favorisca il rinnovamento della fede delle «prime nazioni» in tutta l’America del Nord. Di padre irochese e di madre cristiana algonchina, nacque nel 1656 nella località oggi statunitense chiamata Auriesville e morì in Canada a soli 24 anni. «Kateri - ha osservato Joseph Ratzinger - ci impressiona per l’azione della grazia nella sua vita in assenza di sostegni esterni, e per il coraggio nella vocazione tanto particolare nella sua cultura. In lei fede e cultura si arricchiscono a vicenda». Quindi «il suo esempio ci aiuti a vivere là dove siamo, senza rinnegare ciò che siamo, amando Gesù: santa Kateri, patrona del Canada e prima santa amerinda, ti affidiamo il rinnovamento della fede nelle prime nazioni e in tutta l’America del Nord. Dio benedica le prime nazioni».

Perché questo modello di santità è simbolo della nuova missione?

Nel pieno del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione, ieri il Pontefice ha proclamato sette nuovi santi. Padre Giacomo Berthieu era un gesuita missionario in Madagascar, ucciso per la sua fede nel 1896. Identica sorte, ma due secoli prima, nel 1672, per Pietro Calungsod, catechista laico, originario delle Filippine e morto martire a 18 anni nell’arcipelago delle Marianne per difendere il prete con cui lavorava. Ieri sono saliti agli altari anche il sacerdote bresciano Giovanni Piamarta, vissuto a cavallo tra ’800 e ’900 e fondatore dell’ordine della Sacra Famiglia di Nazareth, e la religiosa spagnola Maria Carmen Salles y Barangueras: nata a Burgos nel 1892, morì nel 1911. Lavorò soprattutto accanto alle prostitute e alle detenute, dando vita alle suore concezioniste missionarie dell’insegnamento. Tra i nuovi santi proclamati ieri dal Pontefice ci sono anche Barbara Cope, suora del Terz’Ordine di San Francesco di Syracuse, meglio conosciuta come «Madre Marianna di Molokai», il nome del lebbrosario delle Hawaii dove lavorò e morì nel 1918, e Anna Schaffer, laica bavarese morta nel 1925.

A cosa servono i santi?

Senza i santi, spiega il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, «la Chiesa non vive, tantomeno diffonde efficacemente il Vangelo in mezzo a un mondo che ha difficoltà ad accettarlo, ma ne ha bisogno per ritrovare gratuità di amore che non sa dove attingere, dunque la nuova evangelizzazione ripartirà dai santi del nostro tempo». I nuovi santi rispecchiano la diversità della Chiesa: sono sacerdoti, religiosi, religiose, laici, laiche, vissuti in Europa, Asia, Africa, America, Oceania.

Cosa indossava ieri di «strano» il Papa?

Nella messa presieduta per la canonizzazione, Benedetto XVI ha indossato per la prima volta dalla sua elevazione alla Cattedra di Pietro il prestigioso «fanone papale», paramento liturgico in disuso dopo la riforma liturgica e che da allora fu impiegato soltanto in un’occasione da Giovanni Paolo II nel 1984. Riportato alla luce dal maestro delle cerimonie liturgiche, Guido Marini, è un ornamento omerale: si tratta di una doppia mozzetta circolare di sottilissima seta tessuta a strisce parallele di colore rosso, bianco, giallo-oro ed amaranto. Viene indossato in modo che la parte inferiore sia sotto la stola e la superiore sopra la pianeta o la casula. Per praticità, le due mozzette, una volta unite nel girocollo, vennero staccate e indossate separatamente ed unite tramite un’abbottonatura. Il simbolismo del fanone rappresenta lo scudo della fede che protegge la Chiesa cattolica, rappresentata dal Papa. Le fasce verticali di colore oro e argento rappresentano invece, l’unità e l’indissolubilità della Chiesa latina e orientale. Una scelta che, secondo l’Associazione «Tu es Petrus», testimonia «attaccamento e fedeltà alla gloriosa tradizione liturgica della Chiesa».

Chi ha elevato il primo zingaro agli altari?

Quindici anni fa fu Karol Wojtyla a beatificare il martire Ceferino Giménez Malla detto «El Pelé», nato a Benavent de Lérida nel 1861 e fucilato nel cimitero di Barbastro nell’estate del 1936. Nei primi mesi della guerra civile che insanguinò la Spagna fu arrestato per aver difeso un sacerdote; al momento dell’esecuzione stringeva tra le mani la corona del rosario. Si tratta del primo zingaro beato nella storia della Chiesa, proclamato il 4 maggio 1997 da Giovanni Paolo II a Roma. Attraverso esempi come questo, la santità diventa antidoto alla «cristianofobia». Oggi, secondo i dati Acs, la religione cristiana è la più perseguitata nel mondo: il 75% delle persecuzioni sono infatti rivolte ai fedeli cristiani. La situazione più preoccupante si registra in Nigeria, dove sono proliferati i gruppi islamici. Tanto che dal 1999 alla fine del 2011 sono stati ben 14 mila i nigeriani uccisi a causa di violenze a sfondo religioso. I nuovi santi sono anche protettori anti-persecuzioni e modelli per la nuova evangelizzazione rilanciata mezzo secolo dopo il Concilio. Il mondo intero è terra di missione e la «fabbrica dei santi» globalizza la fede.

© Copyright La Stampa, 22 ottobre 2012 

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