domenica 28 ottobre 2012

La Chiesa di Ratzinger è aperta al mondo (così la vuole anche il Sinodo dei vescovi) ma perennemente in croce, come Cristo (Rodari)


Addio al sinodo-spettacolo: la Chiesa scarica i carrieristi

Paolo Rodari 

La poca eco mediatica che ha avuto il Sinodo dei vescovi dedicato alla nuova evangelizzazione che si chiude in queste ore in Vaticano dice molto del futuro della Chiesa cattolica. Dopo la sbornia del pontificato di Giovanni Paolo II, con le piazze piene e le parole di Wojtyla amplificate da giornali, radio e televisioni di tutto il mondo, è arrivato il tempo della Chiesa minoranza, «minoranza creativa» l'ha più volte definita Benedetto XVI. Che non significa necessariamente irrilevanza, quanto consapevolezza dei propri numeri. In pochi, in più parti del globo ridotti all'osso, i cattolici sono destinati a essere minoranza, ma non per questo motivo non determinanti la vita delle società. 
Lo disse lo stesso Benedetto XVI volando nel 2009 verso la Repubblica Ceca: «La Chiesa cattolica deve comprendersi come minoranza creativa che ha un'eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà molto viva e attuale».I padri sinodali riuniti in Vaticano hanno ben compreso questo nuovo stato di cose tanto che a più riprese e a più voci hanno parlato di «Chiesa umile». La Chiesa deve ripartire dall'umiltà, che significa comunicare la fede partendo dall'essenziale, partendo dalla croce di Cristo, la suprema prova di umiltà di Dio. Ratzinger, aprendo il Sinodo, ha detto a chiare lettere che questa è l'unica strada, visto anche il «deserto spirituale» che avvolge il mondo tutto d'intorno. Ma deserto è anche opportunità: dove si annaspa, dove nessuno crede, la Chiesa può ritrovare l'essenziale, l'umiltà del credere.Benedetto XVI è arrivato al concetto di «Chiesa minoranza» da uno dei suoi maestri, Hans Urs von Balthasar. Una teologia, quella del teologo svizzero che per un soffio (morì poche ore prima di partire per Roma) non divenne cardinale, della quale sono in parte debitori alcuni dei pezzi da novanta del collegio cardinalizio, da Angelo Scola a Christoph Schoenborn, da Peter Erdo fino a Marc Ouellet.Von Balthasar capì, ben prima del Concilio Vaticano II, che era arrivato il tempo di tornare alle origini, di sbriciolare le mura che tenevano la Chiesa lontana dalla modernità e di puntare tutto sull'essenziale. Un ritorno alle origini che, nella sua visione, teneva la stessa Chiesa lontana dalla derive tradizionaliste (l'arroccamento della Chiesa su se stessa), ma anche da quelle progressiste (l'apertura senza criterio). Ma non venne capito. È del 1952, infatti, lo scritto di von Balthasar significativamente intitolato «Abbattere i bastioni».Qui egli affermò la necessità che la Chiesa abbandonasse il proprio arroccamento per andare incontro al mondo moderno. Lo scritto venne giudicato troppo rivoluzionario tanto che egli non venne invitato al Concilio. Ma dopo l'assise indetta da Giovanni XXIII in molti ritornarono sulle sue idee, e le superarono anche tentando improbabili slanci in avanti. Von Balthasar sentì il pericolo che queste fughe in avanti avrebbero potuto far perdere alla Chiesa elementi essenziali della propria identità e in «Solo l'amore è credibile», uno scritto del 1963, rimarcò con forza il fatto che l'unica via percorribile verso Dio era quella che parte da Lui gratuitamente e trova luoghi rivelativi nella Chiesa, in Maria e nella Scrittura. Ma il luogo rivelativo per eccellenza, disse il teologo, era e resta il Crocifisso, appunto Cristo in croce.È questa la parabola che, a suo modo, sta facendo percorrere alla Chiesa anche Ratzinger. La sua è una Chiesa aperta al mondo (così la vuole anche il Sinodo dei vescovi) ma perennemente in croce, come Cristo. Da Lui in croce nasce la missione e a Lui in croce continuamente torna. Prima di chiudere il Sinodo, Benedetto XVI ha voluto annunciare un concistoro (avrà luogo il prossimo 24 novembre) per la creazione di sei nuovi cardinali. A parte James Michael Harvey, futuro abate di San Paolo Fuori le Mura, i prescelti sono tutti non italiani e non europei e sono tutti a capo di diocesi «di frontiera». È la volontà palese di puntare tutto sulla Chiesa che vive, e non sul centralismo romano che di troppi privilegi e di molto carrierismo ancora oggi vive. È appunto la Chiesa di Gesù crocifisso.

© Copyright Il Giornale, 28 ottobre 2012 consultabile online anche qui.

4 commenti:

corvo di rovo ha detto...

le piazze sono ancora piene anzi lo sono di più rispetto ai tempi di wojtyla.

Anonimo ha detto...

Il fatto che i media snobbano Papa Benedetto e le sue iniziative non e' affatto una circostanza negativa. E' uno dei tanti segni (come la comparsa di corvi, rettili e ratti di fogna vaticani) che si sta imboccando la strada giusta. Il plauso della stampa e dell'opinione pubblica e' il discrimine che, a mio avviso, differenzia cio' che e ' giusto da cio' che non lo e'. Laddove manca la claque c'e' verita' e senso di giustizia. Laddove abbonda la claque, idiozia e falsita'. Una specie di prova del nove infallibile. Carmelina

Anonimo ha detto...

Corvo di rovo mi ha tolto le parole dal mouse,come si fa presto a dimenticare le folle incommensurabili del Messico,Libano,Madrid,non per cattiveria,ma le udienze pubbliche di GP2 erano molto meno affollate,ma qui si continua la solita cantilena;che BXVI non piaccia perchè non si 'vende'ai media,è risaputo,forse se indossasse un paio di Nike bianche e gialle invece delle scarpette rosse firmate Prada(menzogna assoluta e leggenda metropolitana dura a morire),sai che titoloni.....ma io lo preferisco così,serio,poche concessioni al piacionismo e alla captatio benevolentiae ad ogni costo,'klein aber fein',pochi ma buoni,sempre con lui.GR2

Anonimo ha detto...

Guardate che questo articolo non vuole essere una laude della cosiddetta sbornia wojtylana e l'accenno alle folle non vuole essere un paragone con quelle di Benedetto. E' la Chiesa che Papa Benedetto incarna, umile minoranza creativa a rappresentare il presente e il futuro. I media la snobbano? Alleluja!
Alessia