Lettera pontificia per la riapertura del duomo di Pavia dopo sedici anni di restauri
La cattedrale rinnovata cuore della città
Migliaia di persone, nel pomeriggio di domenica 21 ottobre, hanno seguito nella cattedrale di Pavia il solenne pontificale — presieduto dal vescovo Giovanni Giudici e concelebrato da monsignor Paolo Magnani, vescovo emerito di Treviso, originario della diocesi di Pavia — che ha segnato la definitiva riapertura del duomo.
«Il Santo Padre — ha scritto il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, nella Lettera Pontificia che è stata letta durante la celebrazione — conserva vivo il ricordo della sua visita a codesta diocesi nell’anno 2007, durante la quale ha potuto ammirare soltanto l’esterno della cattedrale, rimasta chiusa per oltre un ventennio, a seguito del tragico crollo della torre civica. Ora, pertanto, Si reca spiritualmente nel sacro edificio, partecipando con il cuore e la preghiera alla solenne cerimonia della sua riapertura al culto».
«Non si poteva non dedicare una speciale attenzione a questo monumento — si legge nel messaggio — che ora torna a risplendere riaffermandosi come eloquente segno del valore storico e della bellezza del Rinascimento italiano. Il duomo di Pavia, dedicato a Santa Maria Assunta e Santo Stefano Protomartire, con la sua maestosa cupola, una tra le più grandi d’Italia, si erge sulla città e di essa è il cuore. La comunità pavese si è sviluppata, infatti, attorno a tale simbolo religioso, i cui lavori, iniziati nel XV secolo, si protrassero fino al XX. La città e il suo duomo sono cresciuti insieme per oltre sei secoli di storia politica, sociale e religiosa».
Come ricorda in un articolo monsignor Vittorio Lanzani, delegato della Fabbrica di San Pietro, chi si avvicina alla città di Pavia, sia dal fiume che ne lambisce le mura e che diede l’antico nome romano Ticinum all’insediamento, sia dalla verde campagna circostante, rimane stupito alla vista della grande mole della cattedrale con la maestosa cupola che si eleva verso il cielo sopra il profilo urbano, quale solenne tenda del santuario, di richiamo biblico. Una esaltazione e una elevazione della casa di Dio, insita già nel progetto originario: «l’imponentissimo Duomo, un miracolo uscito dalla mente di Bramante» (Cesare Angelini, Viaggio in Pavia). Terza tra le grandi cupole rinascimentali italiane, sebbene completata nell’Ottocento, faceva esclamare nel 1888 a monsignor Agostino Gaetano Riboldi, il coraggioso vescovo che ne fu il vero artefice: «Quanto è alto il monumento della fede: è l’altezza per eccellenza: l’altezza del tempio! Quanto alto per l’origine sua divina, che è dono e parola di Dio! Con quale ardire si spinge nelle nubi pel suo oggetto che riguarda le altissime cose di Dio! Come troneggia maestoso al di sopra delle terrene cose, inaccessibile alle umane passioni. Vasto è questo tempio: e non sono vaste le ragioni della fede, che tutti accoglie ed a ciascuno provvede secondo il suo bisogno?».
(©L'Osservatore Romano 22-23 ottobre 2012)
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