Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
GABRIELE AVRA’ FATTO TUTTO DA SOLO?
Commento di GIUSEPPE RUSCONI apparso sul ‘CORRIERE DEL TICINO’ di lunedì 8 ottobre 2012
Ragionando attorno al processo all’ex-maggiordomo del Papa emergono considerazioni anche di segno opposto. Positivo è prima di tutto che il processo si sia svolto. Pubblicamente. L’ha voluto Benedetto XVI, l’ha preteso l’opinione pubblica, anche se in Curia molti l’avrebbero volentieri evitato con un allontanamento ‘indolore’ di Paolo Gabriele dal Vaticano. La presenza a ogni udienza di otto giornalisti (oltre ai due dei massmedia di casa) ha garantito una comunicazione oggettiva di quanto accadeva in aula.
Che il processo sia stato rapido offre invece il destro per valutazioni diverse. C’è chi osserva come, accertato il fatto (furto/fotocopia di almeno un migliaio di documenti confidenziali dall’Appartamento papale) e individuato il colpevole (anche per sua ammissione), il processo non poteva che essere veloce. Così è stato: il presidente ha condotto le udienze con polso fermo, evitando che diventasse una sorta di reality-show: ha bloccato infatti i tentativi della difesa di oltrepassare il fatto circoscritto del furto. C’è chi obietta che, così facendo, si è impedita la ricerca di una verità che andrebbe ben oltre l’azione individuale di una sola persona. Con un’intenzione precisa: ‘sgonfiare’ il caso. Un sospetto poi sgorga spontaneo: si è voluto accelerare il processo per evitare imbarazzanti coincidenze con l’inizio del Sinodo mondiale dei vescovi sulla nuova evangelizzazione (ieri, domenica) e con l’avvio dell’Anno della fede (giovedì).
La sentenza, tre anni ridotti a un anno e mezzo di reclusione, è apparsa “buona ed equilibrata” all’avvocato difensore, “mite ed equilibrata” al portavoce vaticano. Tra le attenuanti concesse a Gabriele ne emerge una, “il convincimento soggettivo – sia pure erroneo – indicato dall’imputato quale movente della sua condotta”. Il Tribunale ha creduto (ha voluto credere, osservano i critici) alle affermazioni dell’imputato di aver agito da solo e per amore della Chiesa dopo aver constatato quanto succedeva al suo interno. Tuttavia lo stesso Gabriele ha sostanzialmente confermato in udienza quanto dichiarato in istruttoria: “Sono stato suggestionato da circostanze ambientali. (…) Ho avuto molti contatti, confidenze ricevute, anche dai cardinali Sardi e Comastri….”. Il primo (che dirigeva l’ufficio della redazione dei documenti papali) del resto nel 2009 aveva inviato al Papa una lettera “circa lo scoordinamento e la confusione” regnanti in Curia. Il verbo “suggestionare”, pur senza rilevanza penale come lo sarebbe “plagiare”, evoca certo scenari con una pluralità di attori in scena.
Sembra oggi “molto concreta e molto verosimile” (padre Lombardi dixit) la possibilità che il Papa conceda al suo ex-maggiordomo la grazia. Quando lo farà, non si sa: può darsi anche nei prossimi giorni, magari in concomitanza con l’indizione dell’Anno della fede. Con la grazia il Papa confermerebbe la tradizionale vicinanza cattolica alla persona: anche a chi ha tradito, con un atto di enorme gravità, la sua fiducia. A tale proposito suona un po’ stonata la dichiarazione dell’avvocato difensore che ha denunciato l’esposizione “in perpetuo al pubblico ludibrio” del suo assistito. Che però è lo stesso che ha fotocopiato referti medici di Benedetto XVI e ha passato per la pubblicazione al giornalista Nuzzi lettere privatissime, con grave danno anche dei mittenti come ad esempio l’ex-direttore di “Avvenire” Dino Boffo.
Ora si dovrà stabilire se la probabile concessione della grazia (in relazione al furto aggravato) bloccherà le altre indagini sull’ex-maggiordomo (“il molteplice e complesso contesto istruttorio è suscettibile di durare molto tempo”). In ogni caso per novembre è previsto il processo per favoreggiamento contro l’informatico Claudio Sciarpelletti. E’ stata aperta anche un’indagine sui presunti maltrattamenti della Gendarmeria vaticana a Gabriele, un’accusa che lascia piuttosto scettici. Infine resta “sub secreto” il rapporto, voluto personalmente da Benedetto XVI, contenente le deposizioni di alti prelati (cardinali compresi) a una commissione di tre porporati incaricata di approfondire la situazione in Curia. Sarà mai reso pubblico? Soprattutto: le turbolenze curiali si attenueranno?
© Copyright Il Corriere del Ticino, 8 ottobre 2012
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