mercoledì 10 ottobre 2012

Il Papa: i Padri conciliari non volevano creare una Chiesa nuova ma rinnovarla nella continuità (Radio Vaticana)

Il Papa: i Padri conciliari non volevano creare una Chiesa nuova ma rinnovarla nella continuità

L’Osservatore Romano ha pubblicato un numero speciale in occasione del 50.mo anniversario di apertura del Concilio Vaticano II. Una pubblicazione, in 40mila copie, corredata da narrazioni intense della stagione conciliare con dettagli di cronaca poco conosciuti e fotografie rare. Apre il numero speciale un testo di Benedetto XVI che ai lavori del Concilio partecipò come giovane teologo. Ce ne parla Sergio Centofanti.

I Padri conciliari “non potevano e non volevano creare una fede diversa o una Chiesa nuova, bensì comprenderle ambedue in modo più profondo e quindi davvero ‘rinnovarle’. Perciò un'ermeneutica della rottura è assurda, contraria allo spirito e alla volontà” di quanti parteciparono al Concilio: così scrive Benedetto XVI nella sua introduzione al numero speciale dell’Osservatore. Il Papa rievoca le sue emozioni di giovane teologo presente ai lavori conciliari:

“Fu impressionante vedere entrare i vescovi provenienti da tutto il mondo, da tutti i popoli e razze: un'immagine della Chiesa di Gesù Cristo che abbraccia tutto il mondo, nella quale i popoli della terra si sanno uniti nella sua pace. Fu un momento di straordinaria attesa. Grandi cose dovevano accadere”.

“Il cristianesimo, che aveva costruito e plasmato il mondo occidentale, - scrive il Papa - sembrava perdere sempre più la sua forza efficace”:

“Appariva essere diventato stanco e sembrava che il futuro venisse determinato da altri poteri spirituali. La percezione di questa perdita del presente da parte del cristianesimo e del compito che ne conseguiva era ben riassunta dalla parola ‘aggiornamento’”.

Il Papa ricorda come i singoli episcopati si fossero avvicinati al grande avvenimento con idee diverse. L'episcopato centroeuropeo - Belgio, Francia e Germania - aveva “le idee più decise”. Tuttavia c'erano alcune priorità comuni: il tema dell'ecclesiologia, la rivalutazione del ministero episcopale nel contesto del primato papale, il ciclo tematico Rivelazione-Scrittura Tradizione-Magistero, il rinnovamento liturgico - molto importante per gli episcopati centroeuropei - così come l’ecumenismo, argomento sentito in modo particolare dai vescovi tedeschi:

“Il sopportare insieme la persecuzione da parte del nazismo aveva avvicinato molto i cristiani protestanti e quelli cattolici; ora questo doveva essere compreso e portato avanti anche a livello di tutta la Chiesa”.

“Tra i francesi – ricorda Benedetto XVI - si mise sempre più in primo piano il tema del rapporto tra la Chiesa e il mondo moderno, ovvero il lavoro sul cosiddetto «Schema XIII», dal quale poi è nata la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo”:

“Qui veniva toccato il punto della vera aspettativa del Concilio. La Chiesa, che ancora in epoca barocca aveva, in senso lato, plasmato il mondo, a partire dal XIX secolo era entrata in modo sempre più evidente in un rapporto negativo con l'età moderna, solo allora pienamente iniziata. Le cose dovevano rimanere così? La Chiesa non poteva compiere un passo positivo nei tempi nuovi?”.

“Inaspettatamente, – scrive il Papa - l'incontro con i grandi temi dell'età moderna non avvenne nella grande Costituzione pastorale, bensì in due documenti minori, la cui importanza è emersa solo poco a poco con la ricezione del Concilio”: la Dichiarazione sulla libertà religiosa, “richiesta e preparata con grande sollecitudine soprattutto dall'episcopato americano”, e la Dichiarazione Nostra aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane. Il primo testo affermava la “libertà di scegliere e di praticare la religione, come anche della libertà di cambiarla, in quanto diritti fondamentali alla libertà dell'uomo”. Il secondo documento, che “si sarebbe poi rivelato importante per l'incontro della Chiesa con l'età moderna – rileva il Papa - è nato quasi per caso ed è cresciuto in vari strati”. Infatti “all'inizio c'era l'intenzione di preparare una dichiarazione sulle relazioni tra la Chiesa e l'ebraismo, testo diventato intrinsecamente necessario dopo gli orrori della shoah”. Successivamente, i Padri conciliari aggiunsero i riferimenti all’islam, all'induismo, al buddhismo e al dialogo e alla collaborazione tra le religioni, “i cui valori spirituali, morali e socio-culturali dovevano essere riconosciuti, conservati e promossi”. Una carenza del testo – sottolinea Benedetto XVI – è il fatto che “ignora le forme malate e disturbate di religione, che dal punto di vista storico e teologico hanno un'ampia portata”.

Il Papa conclude la sua introduzione rilevando che “se all'inizio del Concilio avevano prevalso gli episcopati centro-europei con i loro teologi, durante le fasi conciliari il raggio del lavoro e della responsabilità comuni” si allargò sempre di più:

“I vescovi si riconoscevano apprendisti alla scuola dello Spirito Santo e alla scuola della collaborazione reciproca, ma proprio in questo modo si riconoscevano come servitori della Parola di Dio che vivono e operano nella fede”.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Veramente qualcuno può pensare che questo straordinario uomo di Dio sia manipolabile? Che lo si possa ingannare tanto facilmente? Certamente può essere consolatorio illudersi che così sia, ma assolutamente irreale.
Alessia