venerdì 26 ottobre 2012

Famiglia e laici secondo il modello indiano. Intervista al cardinale George Alencherry (Trentin)


Intervista al cardinale George Alencherry arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi

Famiglia e laici secondo il modello indiano

di Alessandro Trentin

Testimonianza coerente, adozione di nuovi linguaggi e stili comunicativi, dialogo: passa attraverso questi principi cardine la nuova evangelizzazione secondo il cardinale George Alencherry, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi. Il porporato, impegnato nei lavori dell'assemblea sinodale, osserva in questa intervista come soprattutto le società occidentali «di fronte a uno stato di confusione» abbiano bisogno di buoni esempi di religiosi e laici fedeli ai valori cristiani, che sappiano «spiegare e trasmettere la fede con un linguaggio adatto ai tempi moderni». Il cardinale spiega anche che la comunità siro-malabarese intende rafforzare la partecipazione attiva dei fedeli, curando in particolare la pastorale nei confronti delle famiglie e dei giovani, e continuare a promuovere lo strumento indispensabile del dialogo.

Da un “osservatorio” lontano come l'India, come giudica le tendenze secolariste in atto in Occidente ?

Penso che la Chiesa debba adottare nuovi metodi di evangelizzazione e di cura pastorale. La fede deve essere spiegata nel linguaggio dei tempi moderni. Occorre, in questa realtà secolarizzata, trovare un nuovo linguaggio affinché il popolo capisca il messaggio della Chiesa, creda maggiormente in Cristo e nei valori della Parola. L'opera dei vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose e dei laici deve essere un'ispirazione per il popolo e una testimonianza della loro vita. Tutti sono chiamati a essere testimoni della loro fede e della loro vita. La cura pastorale richiede un approccio amichevole e soprattutto va incentrata sulla famiglia. La famiglia deve diventare oggetto di particolare cura pastorale.

Anche in India vi è un'emergenza che si riflette sulle famiglie?

La situazione delle famiglie in India è migliore rispetto all'Occidente. Tuttavia, ci sono anche da noi segni di secolarizzazione. Pertanto nel nostro Paese i sacerdoti e i religiosi devono essere ancora più vicini alle famiglie, individuando proposte e soluzioni per i loro problemi e per rispondere alle sfide del mondo attuale.

Nei mesi scorsi alcune migliaia di religiosi e religiose si sono incontrati nella diocesi di Palai dei Siro-Malabaresi proprio per discutere di missione. Quali sono stati i risultati dell'iniziativa?

Abbiamo discusso delle sfide che dobbiamo affrontare e delle difficoltà che abbiamo nel compiere la nostra missione di fronte all'opposizione di alcuni gruppi estremisti. Soltanto le organizzazioni fondamentaliste fanno opposizione ai cristiani in alcuni Stati, ma noi cerchiamo e vogliamo sempre il dialogo, anche se il rischio di violenze può sempre esserci per il futuro. Stiamo trattando con il Governo federale e con quelli locali per evitare che ciò accada. La situazione è comunque migliorata nel tempo. Abbiamo poi discusso della nostra testimonianza nei confronti dei poveri e degli emarginati. I dalits cristiani, per esempio, continuano a non godere appieno dei loro diritti. Giustizia, pace e armonia sono i fronti sui quali siamo concentrati.

Come si manifesta la vocazione della comunità siro-malabarese?

La Chiesa promuove la presenza soprattutto tra la gente. Lo scopo è quello di unire la popolazione, di sviluppare la società nella coesione e nell'armonia delle persone. C'è una presenza molto vicina dei nostri religiosi e religiose alle famiglie: vengono organizzate visite, incontri di preghiera comunitari e forniti servizi essenziali. Inoltre facciamo partecipare attivamente i laici all'amministrazione delle parrocchie e esortiamo i fedeli al dialogo con le altre comunità religiose. Aiutiamo le nostre comunità a strutturarsi nella coesione e quando sono ben formate, costruiamo anche piccole strutture sanitarie e scuole.

Ai laici, dunque, nella realtà indiana è dato ampio spazio partecipativo. Pensa che questa sia un'esigenza più generale?

Durante il mio intervento al Sinodo ho proposto proprio la partecipazione dei laici all'amministrazione della Chiesa. Nelle nostre comunità i laici possono partecipare nelle assemblee ecclesiali. I laici possono parlare e intervenire assieme ai vescovi e ai rappresentanti degli istituti religiosi. Inoltre vi è una forte presenza di giovani e anche loro possono intervenire in occasione delle assemblee portando i propri contributi riflessivi e propositivi.

Quali sono i programmi per favorire la formazione delle nuove generazioni?

Ci sono in India diverse organizzazioni che curano la formazione alla fede e alla testimonianza dei giovani. I bambini e i giovani partecipano con entusiasmo, assieme agli adulti, alla vita comunitaria. Tutti i nostri battezzati sono praticanti. I fedeli prendono parte assiduamente ai momenti di preghiera e anche alle attività in campo sociale e politico. Tutti i cristiani sono coinvolti in queste attività. C'è molto fermento nelle nostre comunità sia di rito latino che orientale.

Come si stanno sviluppando i rapporti a livello ecumenico e con le altre comunità religiose?

Sono in atto molti sforzi per favorire la cooperazione soprattutto con le Chiese ortodosse. Il dialogo rappresenta il nostro modello di Chiesa, anche nei rapporti con gli indù e i musulmani. Nella realtà indiana il dialogo, sia tra le religioni che tra culture, è uno degli strumenti principali per compiere la missione. Per evangelizzare sono necessari anche la testimonianza, la carità e la formazione di leader per affermare con la loro presenza il cristianesimo nella società. In questo modo la stessa testimonianza concreta si trasforma in evangelizzazione.

Dal Kerala a Roma per portare la testimonianza della sua comunità. Con quale spirito vive questi intensi giorni di riflessione del Sinodo?

Vivere questo Sinodo è un'opportunità unica. Lo spirito è quello della comunione della Chiesa universale. All'assemblea vi sono rappresentanti di tutte le Chiese, ma ci sono anche delegati delle Chiese ortodosse e di altre comunità cristiane. Tutte le componenti della Chiesa cattolica sono rappresentate: dai religiosi, ai laici, anche quelli sposati, alle varie organizzazioni e movimenti. Tutto questo dimostra la comunione interna della Chiesa universale e la sua apertura al mondo. Come guida della comunità siro-malabarese posso affermare che questo Sinodo rafforzerà il nostro ministero per il futuro.

Quali impressioni sta ricavando dai lavori dell'assemblea?

Il Sinodo è una risposta a un'emergenza del tempo attuale. In vari Paesi il popolo è in stato di confusione riguardo la fede, e i religiosi e i laici avvertono difficoltà nel trasmetterla. Essi hanno difficoltà, talvolta, a partecipare alla missione della Chiesa e questo è evidente soprattutto in alcuni Paesi dell'Occidente. La situazione delle Chiese è comunque diversa a seconda dei Paesi. È stato quindi opportuno avere un Sinodo sulla missione principale della Chiesa, che è l'evangelizzazione.

(©L'Osservatore Romano 26 ottobre 2012)

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