venerdì 17 agosto 2012

Il vento soffia ancora. Testimonianza sempre rinnovata delle Chiese cristiane dal 1962 a oggi (Sir)


Il vento soffia ancora

Testimonianza sempre rinnovata delle Chiese cristiane dal 1962 a oggi

Aver risvegliato le coscienze delle Chiese locali, averle fatte riavvicinare rilanciando il dialogo ecumenico in vista di una testimonianza comune, aver stimolato l’impegno e la presenza dei laici: sono questi, per padre Jamal Khader, teologo del Patriarcato latino di Gerusalemme, decano dell’università di Betlemme, alcuni dei frutti del Concilio Vaticano II, indetto il giorno di Natale del 1961, cinquant’anni fa, da Giovanni XXIII, che si possono constatare in Terra Santa. Da quella storica assemblea ecumenica giunse per le Chiese orientali e per il loro patrimonio spirituale un grande attestato di stima con il decreto “Orientalium Ecclesiarum”. Ma quali ricadute ha avuto il Concilio sulla vita delle Chiese di Terra Santa, il suo insegnamento è ancora attuale e vivo nell’ambito dei seminari e della formazione dei laici? Daniele Rocchi per il Sir lo ha chiesto a padre Khader che, tra l’altro, è uno degli estensori di Kairos Palestina, documento che giunge “dal cuore della sofferenza dei cristiani palestinesi per chiedere la fine dell'occupazione israeliana e la riconciliazione tra i due popoli".

Padre Khader, che ricadute ebbe il Concilio Vaticano II nella vita delle Chiese orientali e della Terra Santa in particolare? 

“Il Concilio ha dato vita ad un processo nel quale le Chiese hanno accentuato i loro incontri. Fu un inizio importante che ha dato vita a relazioni sempre più strette tra i vescovi cattolici di Terra Santa. Oggi le diverse Chiese fanno progetti, promuovono incontri e ritiri ed anche i laici stanno assumendo ruoli sempre più importanti. Verso la fine degli anni ’90 la Chiesa di Terra Santa ha celebrato un sinodo diocesano con la partecipazione di tutte le Chiese cattoliche orientali da cui è scaturito un piano pastorale. Un evento molto importante, datato anno 2000, che poggia su un’unica idea, quella emersa dal Concilio, del rapporto della Chiesa con il mondo. Dai documenti del Concilio abbiamo tratto insegnamenti ed indicazioni per ciò che riguarda le relazioni con i musulmani, il dialogo con gli ebrei, i temi della giustizia e della pace”. 

E sul piano ecumenico? 

“L’ecumenismo è un punto importante in questo processo. Frutto del Concilio è anche la consapevolezza dell’importanza del rapporto con la Chiesa ortodossa, la più grande che abbiamo qui. Dagli anni ’60 in poi le relazioni sono migliorate anche perché è maturata in tutti la convinzione che, essendo minoranza, il tema della testimonianza comune diventa un’urgenza per valorizzare la presenza cristiana in Terra Santa”. 

Prima, parlando di laici, ha affermato che è maturato il loro impegno ecclesiale e sociale. Un fatto che in una terra segnata da un lungo conflitto assume una valenza anche politica. E’ così? 

“Certamente. Lo abbiamo visto anche al Sinodo del 2010, in cui erano presenti dei laici. Sono molto attivi e si sentono parte della Chiesa oggi più che in passato. Il loro servizio nella Chiesa è prezioso e in aumento. Ne è un ulteriore esempio la crescita dei movimenti e dell’associazionismo cattolico come gli scout. Va segnalato anche il fatto che sono numerosi i fedeli che studiano teologia: da 14 anni all’università di Betlemme abbiamo un dipartimento di scienze religiose frequentato da molti laici. Ma sono diverse le iniziative per la formazione degli adulti”. 

Nel campo della giustizia e della pace, invece, questo impegno come si declina? 

“Viviamo in una terra in cui il conflitto, ultradecennale, è connaturato alle persone e i cristiani sentono molto la responsabilità della difesa dei diritti e della giustizia. Parte da qui l’impegno a lavorare in Ong che si occupano di aiutare le persone in difficoltà e che soffrono per la situazione sul campo segnata dall’occupazione. Basti pensare che nella sola Palestina il 45% delle Ong attive è cristiano. Sono molti i cristiani che qui hanno trovato posto nella società civile”. 

Kairos Palestina è il messaggio in cui i cristiani palestinesi chiedono la fine dell'occupazione israeliana e la riconciliazione tra i due popoli. E’ azzardato dire che sia maturato all’interno di questo clima post-conciliare che sta tratteggiando? 

“Molti laici che hanno partecipato alla stesura di questo documento hanno riscoperto la loro identità cristiana e palestinese. Essere cristiani in Palestina vuol dire impegnarsi per la pace, per il diritto, propugnare la giustizia, il perdono, l’amore per i più poveri ma anche per il nemico. Sono insegnamenti che provengono dal Concilio”. 

Quanto si studia oggi il Concilio Vaticano II nelle Chiese di Terra Santa, nei suoi seminari, nelle sue università, nelle scuole…? 

“Nei nostri seminari il Concilio, con tutti i suoi documenti, rappresenta un importante punto di riferimento. Pur non avendo un corso specifico, tuttavia ogni volta che si tocca un tema, un argomento di studio andiamo a vedere ed approfondire l’insegnamento del Concilio a riguardo. Costituzioni come Gaudium et Spes, Lumen Gentium, Sacrosanctum Concilium e Dei Verbum, o dichiarazioni come Nostra Aetate, vengono regolarmente studiate e messe in collegamento con temi di impegno”. 

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1 commento:

Andrea ha detto...

Chi ha fatto quel titolo?