Devono accorgersi che li amiamo
Fedeli e fermi nella dottrina ma affettuosi, comprensivi e misericordiosi con le persone: l'orientamento di Papa Luciani è valido ancora oggi nella pastorale dei divorziati. A dirlo è il cardinale Ennio Antonelli, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che domenica 26 agosto a Canale d'Agordo ha celebrato la messa nel trentaquattresimo anniversario dell'elezione di Giovanni Paolo I. Presente anche il vescovo di Belluno-Feltre, monsignor Giuseppe Andrich. Oltre duemila i fedeli che hanno partecipato alla celebrazione nonostante la pioggia. Nell'omelia il porporato ha ripercorso il pensiero di Albino Luciani sulle delicate questioni del matrimonio e della famiglia.
E «Giovanni Paolo I, nonostante il breve pontificato, ha avuto modo di mostrare grande considerazione per la dignità e la missione della famiglia, pur nella consapevolezza delle difficoltà che oggi essa incontra» ha detto il porporato, ricordando come «il 27 agosto 1978, il giorno successivo alla sua elezione, nel suo primo messaggio al mondo, ha voluto esortare le famiglie cristiane a “far argine alle ideologie distruttrici dell'edonismo che estingue la vita” e “a formare energie pulsanti di generosità, di equilibrio, di dedizione al bene comune”».
Quindi «il 6 settembre e il 13 settembre 1978, nelle udienze del mercoledì, Papa Luciani ha salutato gli sposi novelli con un breve insegnamento, ricco di sapienza, trasmesso con un linguaggio immediato, concreto, vivace, da grande catechista qual era». Parole «belle e simpatiche, amabili e cordiali» per «incoraggiare a guardare con fiducia al “per sempre” del matrimonio, senza lasciarsi tentare dallo scetticismo».
Un altro significativo intervento di Papa Luciani sulla famiglia è il discorso del 21 settembre 1978 ad alcuni vescovi americani in visita ad limina. Il cardinale ne ha riproposto un significativo passaggio: «Soprattutto è importante la indissolubilità del matrimonio cristiano. Sebbene sia una parte difficile del nostro messaggio, dobbiamo proclamarla fedelmente come parte della Parola di Dio e del mistero della fede. Nello stesso tempo dobbiamo rimanere vicini alla gente nei suoi problemi e nelle sue difficoltà. Devono accorgersi sempre che li amiamo». Due anni dopo, «muovendosi sulla stessa linea, Giovanni Paolo II avrebbe detto -- ha aggiunto il cardinale Antonelli -- che non bisogna abbassare la montagna, ma aiutare le persone a salirla con il loro passo, insegnando la verità del bene oggettivo senza compromessi e nello stesso tempo, riguardo alla responsabilità soggettiva, tenendo conto della debolezza umana, della cosiddetta legge della gradualità, secondo cui l'uomo conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita. Da una parte occorre indicare la giusta direzione e d'altra parte proporre con pazienza un cammino progressivo di conversione, di umiltà, di preghiera, di fiducia nella misericordia di Dio, di riflessione, di impegno generoso nel bene che si è capaci di fare. A questo orientamento dovrebbe ispirarsi la pastorale dei divorziati passati a nuova unione, i quali non possono essere ammessi alla comunione eucaristica finché rimangono nella loro situazione irregolare, ma devono ugualmente essere invitati a partecipare alla messa e alle attività ecclesiali, e devono sentirsi amati dalla Chiesa e da Dio».
In quello stesso discorso ai vescovi americani «Giovanni Paolo I sottolineava fortemente anche l'importanza della famiglia cristiana come soggetto di evangelizzazione». È un'eredità valida anche oggi. «In un tempo di secolarizzazione, di indifferenza religiosa e di neopaganesimo, è più che mai necessario -- ha detto il cardinale Antonelli -- che i cristiani scelgano Dio e Cristo in modo consapevole e deciso e coltivino un rapporto personale con il Signore. Oggi però scegliere Cristo significa anche scegliere il matrimonio e la famiglia. Infatti la crisi della fede è fortemente legata alla cosiddetta rivoluzione sessuale e la Chiesa viene accusata di essere arretrata, nemica della libertà e della gioia di vivere».
Il porporato ha ricordato che «il cristianesimo esalta l'amore dell'uomo e della donna, purché sia amore vero. Benedetto XVI, nell'enciclica Deus caritas est, insegna che l'amore autentico è sintesi di eros e agape, di desiderio, rivolto alla propria felicità, e di dono di sé, rivolto alla felicità dell'altro. Il desiderio di essere felici e l'attrazione sessuale si devono integrare e armonizzare con la dedizione al bene dell'altro, anche se costa sacrificio. Il dono reciproco, al quale i coniugi sono chiamati, è totale. Non si donano qualche cosa o qualche attività, ma la vita intera, includendo anima e corpo, pensiero, volontà, affettività, sessualità. I due si donano l'uno all'altro e insieme si donano ai figli con la procreazione, la cura e l'educazione. Così diventano una sola carne nella vita comune, nel rapporto sessuale, nella persona dei figli che costituiscono la loro unità permanente, il loro legame che nessun divorzio può spezzare».
La famiglia fondata sul matrimonio e aperta all'accoglienza dei figli «si colloca nella logica del dono e favorisce la crescita dell'appartenenza reciproca e della comunione tra le persone». Invece «le altre forme di convivenza, che si vorrebbero assimilare ad essa, si collocano nella logica dell'individuo, che appartiene solo a se stesso e tende ad avere con gli altri solo un rapporto di scambio, in base al proprio utile e alla propria gratificazione». In ogni caso «agli uomini di buona volontà non dovrebbe essere difficile capire che il matrimonio di un uomo e di una donna ha lo scopo di creare l'ambiente stabile e idoneo per la procreazione dei figli e la loro educazione prolungata nel tempo a vantaggio anche della società, della sua coesione e del suo futuro». Da qui l'appello del porporato a evitare confusione nel campo normativo, perché «a realtà diverse devono corrispondere forme di sostegno e di protezione giuridica diverse».
Per il cardinale l'idea del matrimonio cristiano, con la sua sacralità, «non è un ideale bello ma irrealizzabile. Si tratta di una vocazione, cioè di un dono, una grazia, una possibilità di bene offerta. Se la si accoglie con fede e con impegno, si realizza. Lo testimoniano le minoranze di famiglie cristiane esemplari, assidue nella preghiera, unite nell'amore reciproco, generosamente aperte nell'amore verso tutti, coraggiose e gioiose. Purtroppo la voce di Dio nell'intimo di molti cuori rimane soffocata dalle pulsioni istintive e dai pesanti condizionamenti della cultura dominante, che ha il potere mediatico, finanziario e politico». Questa mentalità «si oppone al vero amore che è sintesi di eros e agape, desiderio e dono, impegno per il vero bene proprio e dell'altro».
(©L'Osservatore Romano 27-28 agosto 2012)
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