domenica 19 agosto 2012

Il Papa cita don Giussani: Vivere la vita come vocazione

Meeting/ Il Papa cita don Giussani: Vivere la vita come vocazione

L'uomo teme il suo essere 'creatura di Dio', ma sbaglia in questo

Roma, 18 ago. (TMNews) 

Papa Benedetto XVI ha inviato un lungo messaggio al vescovo di Rimini monsignor Francesco Lambiasi, in occasione dell'apertura, domani, del Meeting per l'Amicizia fra i Popoli, giunto ormai alla XXXIII edizione. Il tema scelto quest'anno dalla manifestazione, 'La natura dell'uomo è rapporto con l'infinito' risulta secondo papa Benedetto "particolarmente significativo in vista dell'ormai imminente inizio dell'Anno della fede', che ho voluto indire in occasione del Cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II".
Per questo il Santo Padre invita a ricordare il messaggio di Don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, che intendeva "la vita come vocazione. 
Ogni cosa, ogni rapporto, ogni gioia, come anche ogni difficoltà - scrive quindi il Pontefice - trova la sua ragione ultima nell'essere occasione di rapporto con l'Infinito, voce di Dio che continuamente ci chiama e ci invita ad alzare lo sguardo, a scoprire nell'adesione a Lui la realizzazione piena della nostra umanità".
"Parlare dell'uomo e del suo anelito all'infinito - si legge nel messaggio del Papa - significa innanzitutto riconoscere il suo rapporto costitutivo con il Creatore. 
L'uomo è una creatura di Dio. Oggi questa parola, 'creatura', sembra quasi passata di moda: si preferisce pensare all'uomo come ad un essere compiuto in se stesso e artefice assoluto del proprio destino. La considerazione dell'uomo come creatura appare 'scomoda', poiché implica un riferimento essenziale a qualcosa d'altro o meglio, a Qualcun altro che entra a definire in modo essenziale la sua identità; un'identità relazionale, il cui primo dato è la dipendenza originaria e ontologica da Colui che ci ha voluti e ci ha creati".
"Eppure - scrive Papa Benedetto - questa dipendenza, da cui l'uomo moderno e contemporaneo tenta di affrancarsi, non solo non nasconde o diminuisce, ma rivela in modo luminoso la grandezza e la dignità suprema dell'uomo, chiamato alla vita per entrare in rapporto con la Vita stessa, con Dio".
Dire quindi che "la natura dell'uomo è rapporto con l'infinito significa dire che ogni persona è stata creata perché possa entrare in dialogo con Dio, con l'Infinito". Ancora, Benedetto XVI sottoliena che "la tensione verso Dio è incancellabile nel cuore dell'uomo: anche quando si rifiuta o si nega Dio - scrive il Papa - non scompare la sete di infinito che abita l'uomo. Inizia invece una ricerca affannosa e sterile, di 'falsi infiniti' che possano soddisfare almeno per un momento".
"La sete dell'anima e l'anelito della carne - dice ancora il Santo Padre - non si possono eliminare, così l'uomo, senza saperlo, si protende alla ricerca dell'Infinito, ma in direzioni sbagliate: nella droga, in una sessualità vissuta in modo disordinato, nelle tecnologie totalizzanti, nel successo ad ogni costo, persino in forme ingannatrici di religiosità. Anche le cose buone, che Dio ha creato come strade che conducono a Lui, non di rado corrono il rischio di essere assolutizzate e divenire così idoli che si sostituiscono al Creatore".
"Riconoscere di essere fatti per l'infinito - spiega il Papa - significa percorrere un cammino di purificazione da quelli che abbiamo chiamato 'falsi infiniti', un cammino di conversione del cuore e della mente. Occorre sradicare tutte le false promesse di infinito che seducono l'uomo e lo rendono schiavo. Per ritrovare veramente se stesso e la propria identità, per vivere all'altezza del proprio essere, l'uomo deve tornare a riconoscersi creatura, dipendente da Dio. Al riconoscimento di questa dipendenza è legata la possibilità di una vita veramente libera e piena".
"A questo punto però sorge una domanda. Non è forse strutturalmente impossibile - si chiede il Papa - all'uomo vivere all'altezza della propria natura? E non è forse una condanna questo anelito verso l'infinito che egli avverte senza mai poterlo soddisfare totalmente? Questo interrogativo ci porta direttamente al cuore del cristianesimo. 
L'Infinito stesso, infatti, per farsi risposta che l'uomo possa sperimentare, ha assunto una forma finita. Dall'Incarnazione, dal momento in cui in Verbo si è fatto carne, è cancellata l'incolmabile distanza tra finito e infinito: il Dio eterno e infinito ha lasciato il suo Cielo ed è entrato nel tempo, si è immerso nella finitezza umana. Nulla allora è banale o insignificante nel cammino della vita e del mondo. L'uomo è fatto per un Dio infinito che è diventato carne, che ha assunto la nostra umanità per attirarla alle altezze del suo essere divino".
"Scopriamo così - scrive ancora il Pontefice - la dimensione più vera dell'esistenza umana, quella a cui il Servo di Dio Luigi Giussani continuamente richiamava: la vita come vocazione. Ogni cosa, ogni rapporto, ogni gioia, come anche ogni difficoltà, trova la sua ragione ultima nell'essere occasione di rapporto con l'Infinito, voce di Dio che continuamente ci chiama e ci invita ad alzare lo sguardo, a scoprire nell'adesione a Lui la realizzazione piena della nostra umanità".
Per papa Benedetto, quindi "non dobbiamo avere paura di quello che Dio ci chiede attraverso le circostanze della vita, fosse anche la dedizione di tutto noi stessi in una forma particolare di seguire e imitare Cristo nel sacerdozio o nella vita religiosa. Il Signore, chiamando alcuni a vivere totalmente di Lui, richiama tutti a riconoscere l'essenza della propria natura di essere umani: fatti per l'infinito. E Dio ha a cuore la nostra felicità, la nostra piena realizzazione umana. Chiediamo - conclude quindi il Papa - di entrare e rimanere nello sguardo della fede che ha caratterizzato i Santi, per poter scoprire i semi di bene che il Signore sparge lungo il cammino della nostra vita e aderire con gioia alla nostra vocazione".

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