venerdì 2 marzo 2012

Rito delle esequie: La Chiesa accetta la cremazione, se non è decisa in odio alla fede, ma non la incoraggia (Sir)

RITO DELLE ESEQUIE: LA CHIESA “ACCETTA LA CREMAZIONE” MA “NON LA INCORAGGIA”

“La Chiesa accetta la cremazione, se non è decisa in odio alla fede, cioè per negare la risurrezione dei corpi proclamata nel Credo, ma non la incoraggia”.
A spiegarlo ai giornalisti è stato mons. Alceste Catella, vescovo di Casale Monferrato e presidente della Commissione Cei per la liturgia, che oggi è intervenuto alla presentazione del nuovo libro liturgico del Rito delle Esequie.
Dietro l’aumento del numero delle cremazioni, ha commentato mons. Catella, “c’è anche il grande sforzo pubblicitario delle agenzie funebri che gestiscono queste pratiche”.
L’Appendice con testi e riti liturgici che accompagnano le varie fasi della cremazione è la novità più significativa di questa seconda edizione del Rituale, e non ha un corrispondente né nell’edizione originale latina del 1969, pubblicata dopo la riforma conciliare, né nella prima edizione italiana del 1974.
A precisarlo è stato mons. Angelo Lameri, collaboratore dell’Ufficio liturgico della Cei, che ha puntualizzato come “la stessa denominazione di Appendice - vuole richiamare il fatto che la Chiesa continua a ritenere la sepoltura del corpo dei defunti la forma più idonea a esprimere la fede nella risurrezione della carne, ad alimentare la pietà dei fedeli verso coloro che sono passati da questo mondo al Padre e a favorire il ricordo e la preghiera di suffragio da parte di familiari e amici”.

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RITO DELLE ESEQUIE: MONS. POMPILI (CEI), “NON SONO UNO SPETTACOLO”

“Le esequie cristiane non sono uno spettacolo, anche se utilizzano la ricchezza e la pluralità di codici della liturgia”.
Lo ha detto mons. Domenico Pompili, Sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, presentando oggi - presso la sede di Radio Vaticana - la seconda edizione in lingua italiana del Rito delle Esequie. Il nuovo rito, ha spiegato mons. Pompili, può essere “un contributo ad umanizzare il momento della morte, sottraendolo alla sua invisibilità e alla sua individualità, quando non alla sua spettacolarizzazione”.
Grazie alla liturgia, infatti, “ritroviamo una grammatica e una sintassi in grado di dar voce alla morte, anzi di farne una parola che interpella la vita di tutti”. In una società in cui la morte è “rimossa dall’orizzonte della vita quotidiana”, o al massimo intesa come “un evento che si affronta in solitudine”, un “fatto privato per le persone comuni o ‘pubblico’ per le celebrità”, per il sottosegretario della Cei è urgente riscoprire il “carattere di mistero” e il “carattere collettivo” di questo evento, che in una prospettiva cristiana “riguarda il defunto, la sua famiglia, ma anche tutto il genere umano”.
Di fronte alla spettacolarizzazione della morte, che a volte “si consuma sotto i riflettori”, il rito funebre - ha concluso mons. Pompili - ha la funzione di far riscoprire la morte come “cammino collettivo e comune”.

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1 commento:

Dante Pastorelli ha detto...

Ci saranno senz'altro, dietro l'aumento delle cremazioni, gl'interessi delle agenzie funebri, ma la causa maggiore è stata l'apertura della Chiesa.