La luce della speranza
Il primo discorso nel ricordo di Giovanni Paolo II
“Sono molto felice di essere qui, e rendo grazie a Dio per avermi concesso di realizzare il desiderio, presente nel mio cuore da molto tempo, di poter confermare nella fede il Popolo di Dio di questa grande nazione nella sua propria terra”.
Lo ha detto, nel pomeriggio di ieri 23 marzo (ore 16,30 locali – ore 23,30 di Roma), Benedetto XVI, nella cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Guanajuato, prima tappa del suo viaggio apostolico in Messico. “È proverbiale – ha aggiunto - il fervore del popolo messicano verso il Successore di Pietro, che lo ha sempre molto presente nella sua preghiera. Lo dico in questo luogo, considerato il centro geografico del suo territorio, nel quale desiderò venire, sin dal suo primo viaggio, il mio venerato predecessore, il beato Giovanni Paolo II. Non potendolo fare, lasciò in quella occasione un messaggio di incoraggiamento e benedizione quando sorvolava il suo spazio aereo”.
Stringere la mano di tutti. “Con questa breve visita – ha affermato il Papa -, desidero stringere la mano di tutti i messicani e raggiungere le nazioni e i popoli latinoamericani, ben rappresentati qui da tanti vescovi, proprio in questo luogo nel quale il maestoso monumento a Cristo Re, nel ‘Cerro del Cubilete’, manifesta il radicamento della fede cattolica tra i messicani, che si mettono sotto la sua costante benedizione in tutte le loro vicissitudini”. Inoltre, “il Messico, e la maggior parte delle popolazioni latinoamericane, hanno commemorato il bicentenario della propria indipendenza, o lo stanno facendo in questi anni. Molte sono state le celebrazioni religiose per rendere grazie a Dio di questo momento così importante e significativo”.
Come un pellegrino. “Giungo come pellegrino della fede, della speranza e della carità – ha spiegato il Pontefice -. Desidero confermare nella fede i credenti in Cristo, consolidarli in essa e incoraggiarli a rivitalizzarla con l’ascolto della Parola di Dio, i sacramenti e la coerenza di vita. Così potranno condividerla con gli altri, come missionari tra i propri fratelli, ed essere fermento nella società, contribuendo a una convivenza rispettosa e pacifica, basata sulla incomparabile dignità di ogni persona umana, creata da Dio, e che nessun potere ha il diritto di dimenticare o disprezzare. Questa dignità si manifesta in modo eminente nel diritto fondamentale alla libertà religiosa, nel suo genuino significato e nella sua piena integrità”. Richiamando le parole di San Paolo, il Santo Padre, “come pellegrino della speranza”, ha sostenuto che “la fede in Dio offre la certezza di incontrarlo, di ricevere la sua grazia, e su questo si basa la speranza di chi crede. Sapendo ciò, il credente si sforza di trasformare anche le strutture e gli avvenimenti presenti poco piacevoli, che sembrano immutabili e insuperabili, aiutando chi nella vita non trova né senso, né avvenire”. “Sì – ha ribadito -, la speranza cambia l’esistenza concreta di ogni uomo e di ogni donna in maniera reale”. Inoltre, “quando si radica in un popolo, quando viene condivisa, essa si diffonde come la luce che disperde le tenebre che offuscano e attanagliano”. “Questo Paese, questo Continente – ha affermato Benedetto XVI -, sono chiamati a vivere la speranza in Dio come una convinzione profonda, trasformandola in un atteggiamento del cuore e in un impegno concreto di camminare uniti verso un mondo migliore”.
Fare il bene. “Insieme alla fede e alla speranza – ha ricordato il Papa -, il credente in Cristo, e la Chiesa nel suo insieme, vivono e praticano la carità come elemento essenziale della loro missione”. Nella sua accezione primaria, la carità “è anzitutto e semplicemente la risposta a una necessità immediata in una determinata situazione”, come è “soccorrere coloro che patiscono la fame, sono privi di dimora, sono infermi o bisognosi in qualche aspetto della loro esistenza”. “Nessuno – ha sottolineato - rimane escluso per la sua origine o le sue convinzioni da questa missione della Chiesa, che non entra in competizione con altre iniziative private o pubbliche, anzi, essa collabora volentieri con coloro che perseguono questi stessi fini. Tantomeno pretende altra cosa che non sia fare del bene, in maniera disinteressata e rispettosa, al bisognoso, a chi, molte volte, manca più di tutto proprio di una prova di amore autentico”.
Paese ospitale. “In questi giorni – ha dichiarato il Pontefice - chiederò vivamente al Signore e alla Vergine di Guadalupe che questo popolo faccia onore alla fede ricevuta e alle sue migliori tradizioni; e pregherò specialmente per coloro che più ne hanno bisogno, particolarmente quanti soffrono a causa di antiche e nuove rivalità, risentimenti e forme di violenza”. “Già so – ha continuato - che mi trovo in un Paese orgoglioso della sua ospitalità e desideroso che nessuno si senta estraneo nella sua terra. Lo so, già lo sapevo, però ora lo vedo e lo sento in modo molto profondo nel cuore. Spero con tutta la mia anima che lo sentano anche tanti messicani che vivono fuori della propria patria natìa, ma che mai la dimenticano e desiderano vederla crescere nella concordia e in un autentico sviluppo integrale”.
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