QUARESIMA IN VATICANO: P. CANTALAMESSA, L’IMPORTANZA DI “UN RITORNO AI PADRI”
“Ci metteremo ogni volta alla scuola di uno dei quattro grandi dottori della Chiesa orientale - Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno e Gregorio Nisseno - per vedere cosa ognuno di essi dice a noi oggi, a proposito del dogma di cui è stato il campione, e cioè, rispettivamente, la divinità di Cristo, lo Spirito Santo, la Trinità, la conoscenza di Dio”: è il programma, tracciato stamane nel Palazzo Apostolico da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, introducendo la prima delle quattro prediche di Quaresima pronunciate alla presenza del Papa.
Il predicatore ha voluto sottolineare l’importanza del “ritorno” ai Padri della Chiesa, con queste parole: “Il Padre de Lubac ha affermato che non c’è stato mai nella storia un rinnovamento della Chiesa che non sia stato anche un ritorno ai Padri.
Non fa eccezione il Concilio Vaticano II di cui ci apprestiamo a ricordare il 50 anniversario. Esso è intessuto di citazioni dei Padri; molti dei suoi protagonisti erano dei Patrologi. Dopo la Scrittura, i Padri costituiscono il secondo ‘strato’ di terreno su cui poggia e da cui trae linfa la teologia, la liturgia, l’esegesi biblica e l’intera spiritualità della Chiesa”.
Dopo aver dedicato la parte centrale della predica quaresimale al tema della “divinità di Cristo”, padre Cantalamessa ha portato la riflessione sul rapporto tra teologia e cultura. “Questo ci interpella oggi in maniera particolare, - ha affermato - dopo che la teologia si è definita come una ‘scienza’ ed è professata in ambienti accademici, molto più sganciati dalla vita della comunità credente di quanto lo fosse, al tempo di Atanasio, la scuola teologica, detta Didaskaleion”. “La scienza - ha proseguito - esige dallo studioso che ‘domini’ la sua materia e che sia ‘neutrale’ di fronte all’oggetto della propria scienza; ma - si è chiesto - come ‘dominare’ uno che poco prima hai adorato come il tuo Dio? Come rimanere neutrale di fronte all’oggetto, quando questo oggetto è Cristo?”.
Il predicatore ha quindi proseguito rilevando che “la situazione italiana ci fa vedere gli effetti negativi prodotti dall’assenza di facoltà di teologia nelle università statali.
Il dialogo tra teologia e sapere umano, scientifico e filosofico, è svolto ‘a distanza’, e non è la stessa cosa”. Come suggerimento ai “teologi accademici”, padre Cantalamessa ha affermato in conclusione che “devono essere abbastanza umili da riconoscere il loro limite” e devono dedicarsi maggiormente al ministero della predicazione che “è l’insegnamento dottrinale nella sua forma più alta”.
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