giovedì 8 marzo 2012

La Chiesa non ha paura. Il card. Mauro Piacenza ha inaugurato a Milano i corsi di teologia

La Chiesa non ha paura

Il card. Mauro Piacenza ha inaugurato oggi a Milano i corsi di teologia

Una Chiesa viva “in modo assolutamente moderno, anzi contemporaneo, in questo presente!”. Una Chiesa in “movimento” che “ama la libertà, il progresso e la modernità” quanto nessun’altro e che, nonostante una “vera e propria persecuzione in atto da parte dei media”, “non deve temere il mondo, ma solo la propria insipidità”. È questo il ritratto dell’“Ecclesia” nel mondo contemporaneo descritto dal card. Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il clero, nella prolusione – dal titolo “Quale Chiesa per quale mondo” – tenuta oggi all’inaugurazione dei corsi di teologia dell’Università Cattolica. Parlando nell’aula magna di via largo Gemelli a Milano il porporato ha precisato che “nessuno, nemmeno i non credenti, hanno ragioni per temere la Chiesa” perché “la Chiesa non è contro nessuno” e “non impone, ma propone a tutti la verità” attraverso “l’incontro con Cristo”. Per renderlo possibile, ha precisato il porporato, è necessario però che i cristiani “facciano sentire il calore di questo incontro riscoprendo l’importanza della santità dell’evangelizzazione e la verità che deve trasparire dai nostri ambienti”.

Un’immagine distorta. È stata una prolusione indirizzata all’esterno e all’interno della Chiesa quella pronunciata davanti agli studenti e ai circa 50 docenti dei corsi di teologia delle sedi dell’Ateneo del Sacro Cuore (Milano, Brescia, Piacenza-Cremona e Roma). Gli insegnamenti di teologia rientrano, infatti, nel piano di studi di tutti i corsi di laurea. “Le notizie di cronaca, spesso sconfinanti nel gossip – ha detto in apertura mons. Sergio Lanza, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo – ci restituiscono spesso un’immagine distorta della Chiesa. I media faticano ad afferrare la sua verità e il nostro ruolo del mondo, finendo per definirla alternativamente come un’organizzazione benefica o un centro di potere”. Un tema su cui è tornato più volte il cardinale che ha ricordato come di fronte a questa “presentazione parziale, unilaterale e volontariamente ‘contro’ della Chiesa”, è necessario, come ecclesiastici “fare un profondo esame di coscienza, poiché, non di rado, la predicazione, l’insegnamento – perfino della teologia – e la testimonianza di vita, non sono strumenti di quell’incontro con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte”.

Al servizio di un incontro. Guardando alla società di oggi e al ruolo della Chiesa il porporato è partito dai rischi del relativismo. “In un contesto nel quale, non di rado si pensa di poter far a meno di Dio e il senso del sacro viene considerato un retaggio del passato, dal quale l’uomo adulto si è emancipato, anche la Chiesa non può che venir concepita come qualcosa di cui liberarsi”, ha messo in guardia il cardinale. Un relativismo culturale dominante da non confondere con il “relativismo ecclesiale”. “La Chiesa – ha spiegato – è, in un certo modo, relativa, nel senso che non esiste per se stessa, non è il punto di arrivo, ma deve rinviare oltre sé, verso l’alto”. Da qui il richiamo agli stessi cristiani perché “quando la Chiesa non è ciò che deve essere, cioè quando i suoi membri non rimandano a Dio, ma vivono in maniera totalmente mondanizzata, la forza profetica dell’intero Corpo ecclesiale risulta indebolita”. Il vero antidoto al relativismo resta così “il miracolo dell’incontro, nel quale, al di là di ogni schieramento ideologico, l’uomo è chiamato a spalancarsi alla realtà e a cercarne, con vigore e passione, le ragioni”. Perché “nessun relativismo potrà sopprimere definitivamente le domande costitutive del cuore umano”. Ed è in questo cammino di ricerca che la Chiesa “fino alla consumazione della storia, sarà in movimento: sarà il luogo dell’arrivo di Dio e della partenza dell’uomo verso Dio”.

Una Chiesa autentica non teme le ostilità. Da questa consapevolezza nasce la missione in un tempo “apparentemente molto difficile, ma in realtà non più difficile di altri”, in cui i credenti sono comunque chiamati a confrontarsi con il martirio. “Nella nostra società occidentale – ha spiegato il card. Piacenza – il martirio non è cruento, ma è indubitabile che ci sia una vera e propria persecuzione in atto, attraverso quello smisurato e controllato potere che sono i media, nella cui cabina di regia, abita troppo spesso l’intolleranza relativista”. Una “persecuzione” che, ha sottolineato il prefetto della Congregazione del clero, la Chiesa non deve temere. “Se la Chiesa – ha concluso – sarà fedelmente ciò che Dio le domanda di essere, se la Chiesa non esiterà per se stessa, ma lascerà trasparire Dio, allora, non potrà temere alcuna ostilità, né alcuna incomprensione, perché ogni uomo ha profondamente bisogno di Dio. Quel Dio che nella Chiesa permane”.

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