lunedì 5 marzo 2012

Incontro dei vescovi del Sud-Est Europa. Mons. Giordano: i cristiani siano protagonisti della costruzione europea

Incontro dei vescovi del Sud-Est Europa. Mons. Giordano: i cristiani siano protagonisti della costruzione europea

I presidenti delle Conferenze episcopali del Sud-Est Europa sono da oggi a Strasburgo per il loro 12.mo incontro, promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa e dalla Missione Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa. L’evento prevede, tra l’altro, la celebrazione della Messa per l’Europa mercoledì 7 marzo alle ore 18.30 nella Cattedrale di Strasburgo. Sugli obiettivi di questo incontro Sergio Centofanti ha intervistato mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa:

R. - Noi ci rendiamo conto che è importante che i cristiani siano là dove si prendono delle decisioni a livello europeo. E quindi l’obiettivo è di conoscere meglio le istituzioni europee, di mostrare loro il nostro interesse e la nostra presenza e acquistare una nuova competenza da poter poi trasmettere ai popoli e alle comunità, affinché i laici diventino protagonisti di questa costruzione europea.

D. - Questo incontro si svolge in un momento di grave crisi per l’Europa: la Chiesa come può aiutare ad uscire da questa situazione?

R. - Noi notiamo certamente una crisi dell’identità stessa dell’Europa. Credo che il contributo della Chiesa su questo punto sia determinante, perché noi vediamo come l’Europa abbia un’identità non solo economica, ma politica e soprattutto culturale. In questa identità culturale, la dimensione del cristianesimo è determinante. Noi non possiamo concepire nulla dei duemila anni dell’Europa senza fare riferimento al cristianesimo. Nel cuore del cristianesimo, un altro aspetto è certamente quello della solidarietà, questa dimensione di solidarietà, di rispetto dell’altro, di amore dell’altro… Un altro contributo del cristianesimo è il fatto che introduca la novità della carità nella società. La carità naturalmente non esiste senza giustizia, ma la carità va anche oltre la giustizia: introduce una dimensione di gratuità, introduce anche una dimensione di perdono e di dono che in questo momento storico sono aspetti di enorme originalità.

D. - La famiglia sta diventando una realtà sempre più fragile: cosa dire?

R. - Penso che un compito fondamentale sia, innanzitutto, ridefinire che cos’è la famiglia, ridare un contenuto alla parola “famiglia”. Noi purtroppo assistiamo addirittura alla difficoltà di dire cos’è “famiglia”. Noi vediamo la famiglia nella realtà, nella natura, vista da Dio nel rapporto uomo-donna, un rapporto aperto alla vita. Invece all’interno di questa parola vengono messi oggi dei concetti che sono contrari a questo. Anche alcuni termini come “padre”, “madre”, “marito”, “moglie” o addirittura “uomo”, “donna”, trovano delle difficoltà: sono delle parole che quasi perdono il loro contenuto, tendono a sparire per andare verso il generico. Dire genitore A, genitore B, o dire coniuge A, coniuge B, o ancora “non siamo uomo e donna, ma siamo gender”…c’è questa specie di allontanamento dalla realtà che tocca molti aspetti della cultura europea attuale. Quindi il nostro sforzo è di tornare alla realtà, per noi credenti la realtà voluta da Dio sul tema della famiglia.

D. - Al centro dell’incontro anche il tema della libertà religiosa, in pericolo anche in Occidente. Vediamo ad esempio la questione dell’obiezione di coscienza negli Stati Uniti…

R. - Da una parte, riguardo alla religione in genere, vedo che c’è un nuovo interesse. Le istituzioni internazionali sono ben coscienti che la religione è determinante per i popoli, per le culture, è quindi un riferimento essenziale; dall’altra, abbiamo molti passi da fare. Innanzi tutto ottenere - da una parte - una libertà di culto, una libertà di organizzazione interna, una libertà di poter professare, poter insegnare la propria fede, ma dall’altra parte il fatto di essere presenti nello spazio pubblico, quello che il Papa sottolinea spesso: “Dio ha diritto di essere nello spazio pubblico”. Se togliamo Dio, abbiamo veramente tolto la base della convivenza per la pace, per la solidarietà. In questo ambito abbiamo molte questioni: pensiamo alla presenza dei simboli religiosi nello spazio pubblico e anche la questione - da lei citata - dell’obiezione di coscienza; il rispetto che le organizzazioni delle realtà religiose possano essere fedeli alla loro etica, alla loro morale, ai loro principi, ai loro valori, e non siano costrette, in qualche maniera dal potere, ad andare contro i propri valori. Conosciamo il fatto delle discriminazioni per motivi religiosi fino a forme di persecuzione. I Paesi del Sud-Est Europa che saranno rappresentati qui dai vescovi sono Paesi che incontrano difficoltà. La Chiesa cattolica è in minoranza numerica e quindi anche le domande che sono proprie delle minoranze: dal riconoscimento delle Chiese alla reale libertà di espressione, ad una reale possibilità di essere presenti nello spazio pubblico. Vedo che un altro grande dibattito in Europa è il rapporto tra la libertà di espressione dei media, che oggi è molto sottolineata, e, dall’altra, il rispetto per i valori delle religioni. Fin dove può andare la libertà di espressione? Fin dove vai a violare o ad incitare alla violenza e all’odio contro le religioni o i valori religiosi?

D. – Ma c’è il pericolo che la fede cristiana venga sempre più emarginata e privatizzata in Europa?

R. – Sì, che ci sia da una parte questo tentativo è evidente; che ci siano forze che lavorano in questo senso è chiaro. Dall’altra parte, però, io noto una nuova coscienza, anche nei credenti, del fatto cristiano e c’è anche – direi – una nuova paura, una nuova interrogazione che circola per l’Europa. Siamo un po’ meno arroganti, perché siamo meno sicuri, abbiamo più paure. E questo ci mette di nuovo in un atteggiamento di ricerca, di attenzione a quali siano i valori fondanti della vita, qual è il senso delle cose, il senso dell'esistere; e quindi credo che il cristianesimo in questo senso ha una grandissima chance.

D. – Anche il tema della bioetica è molto caldo...

R. – Recentemente l’Assemblea parlamentare ha detto di no all’eutanasia, ha detto che l’eutanasia va sempre rifiutata, e questo è positivo. Qualche tempo fa, in una risoluzione, si sono pronunciati a favore dell’obiezione di coscienza del personale medico. C’è stata una sentenza della Corte, che ha detto che l’Austria ha diritto di rifiutare la fecondazione in vitro eterologa, cioè la fecondazione in vitro con un seme che viene dall’esterno della coppia. C’è stata una sentenza che riguardava l’Irlanda, dove se non altro la Corte ha detto che non esiste un diritto all’aborto, però i temi legati all’origine della vita, i temi legati alla nascita, legati alla crescita, legati al mondo medico, legati alla fine della vita sono veramente di un’attualità enorme. Anche qui credo che la questione di fondo tocchi la visione dell’uomo stessa: qui si gioca il futuro della persona umana stessa.

D. – Tra le sfide di questi Paesi del Sud-est Europa c’è anche il dialogo ecumenico...

R. – Da una parte queste Chiese hanno delle difficoltà, ma vivono anche dei laboratori di dialogo ecumenico, di incontro tra le religioni, che diventa molto utile per tutta l’Europa. Quindi, spero che questo incontro sia occasione perché la voce di queste Chiese sia più ascoltata anche dalle altre Chiese, da tutta l’Europa. Visitando questi Paesi ho visto che c’è spesso una vivacità di vita cristiana, che mi sembra esemplare, visto il difficile contesto in cui si trovano.

D. – Mercoledì ci sarà la Messa per l’Europa...

R. – Sì, è una proposta che vogliamo fare nella splendida Cattedrale di Strasburgo, dove parteciperanno questi vescovi della regione del Sud-Est Europa. Abbiamo invitato i rappresentanti del Consiglio d’Europa ed anche comunità o amici che sappiamo si interessano in particolare dell’Europa, nella coscienza, come dice il Papa nella Caritas in veritate, che la vita pacifica, la vita solidale, la vita giusta tra i popoli in fondo sia un dono che noi dobbiamo ricevere e che dobbiamo invocare. Quindi diamo un segno di preghiera per dire che l’Europa deve aprire le proprie braccia per accogliere un dono che Dio vuole fare all’Europa. Dio non ha mai abbandonato l’Europa: se siamo noi ad avere abbandonato Dio, il problema è nostro. Dio, però, ha dato la vita per questa Europa e questa Messa vuole essere un prendere coscienza e vivere un evento di invocazione a Dio.

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