Il Papa celebra i vespri a San Gregorio al Celio con il primate della Comunione anglicana
Impegno e preghiera per l’unità
E all’Angelus un appello contro ogni forma di violenza
Nella chiesa del complesso monastico di San Gregorio al Celio — «luogo nativo del legame tra il Cristianesimo nelle Terre britanniche e la Chiesa di Roma» — il Papa ha presieduto sabato sera, 10 marzo, i primi vespri della III Domenica di Quaresima, con la partecipazione dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Comunione anglicana. Un «incontro fraterno» che, secondo il Pontefice, è stato connotato da «un profondo carattere ecumenico». Da qui l’auspicio che possa essere di «stimolo per tutti i fedeli, Cattolici e Anglicani, affinché rinnovino l’impegno di pregare costantemente e di operare per l’unità».
Richiamando nella sua omelia i mille anni di storia dell’eremo di Camaldoli, casa madre della congregazione fondata da san Romualdo, il Papa ha messo in rilievo «la grande fecondità della tradizione camaldolese», testimoniata fra l’altro dal contributo culturale e spirituale offerto all’elaborazione della Carta costituzionale italiana e alla riflessione del concilio Vaticano II. Un cammino religioso contraddistinto dalla continua ricerca del «giusto equilibrio tra lo spirito eremitico e quello cenobitico», tra l’esigenza di dedicarsi interamente a Dio nella solitudine, di sostenersi nella preghiera comune e di accogliere i fratelli «perché possano attingere alle sorgenti della vita spirituale e giudicare le vicende del mondo con coscienza veramente evangelica».
Di questa duplice dimensione della visione monastica di san Gregorio aveva parlato anche l’arcivescovo di Canterbury nella sua omelia.
«Nella vita monastica — aveva ricordato tra l’altro — l’equilibrio tra solitudine da una parte, e lavoro e preghiera in comune dall’altra, è qualcosa che cerca di rendere possibile una chiara, direi addirittura profetica visione degli altri». Solo nell’«immersione quotidiana nella contemplazione», infatti, è possibile «vedere le necessità degli altri come veramente sono», fino a sperimentare il «tormento» per i loro bisogni «tanto profondi e tragici».
Questa «impresa inseparabile di azione e contemplazione, solitudine e comunità — aveva sottolineato ancora Williams — ha a che fare con la costante purificazione della consapevolezza che abbiamo gli uni degli altri nella luce di Dio, che incontriamo nel silenzio e nella dimenticanza di noi stessi». Da questo deriva la necessità di una quotidiana «disciplina del silenzio e della pazienza», che permette alla verità di manifestarsi pienamente purificando «le storture della nostra visione, causate dall’egoismo e dalla cupidigia».
Un tema, questo, richiamato indirettamente anche da Benedetto XVI alla preghiera dell’Angelus della domenica successiva, dedicata all’episodio evangelico della cacciata dei mercanti dal tempio. «Una tipica azione profetica» l’ha definita il Pontefice, precisando tuttavia che «non è possibile interpretare Gesù come un violento», perché «la violenza è contraria al Regno di Dio» e «non serve mai all’umanità».
(©L'Osservatore Romano 12-13 marzo 2012)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento