PAPA: MISSIONE VERITA' TRA LE CONTRADDIZIONI DI MESSICO E CUBA
(AGI) - Citta' del Messico, 22 mar.
(dell'inviato Salvatore Izzo)
Sara' un viaggio fuori dai cliche' quello che Benedetto XVI intraprende domani partendo da Fiumicino per la citta' di Leon, capitale dello Stato di Guanajuato, che era rimasto l'unico mai raggiunto da Giovanni Paolo II durante i suoi cinque viaggi in Messico.
Anche se la scelta del quasi 85enne Joseph Ratzinger e' stata determinata dal consiglio dei medici di non passare per Citta' del Messico, per via dell'altitudine che potrebbe nuocergli in quanto iperteso, il fatto che il Papa tedesco inizi il suo 23esimo viaggio internazionale per una volta fuori dalle orme del predecessore polacco ha un indubbio valore simbolico.
Il Messico, infatti, oggi e' certamente un grande Paese cattolico, la cui fede profonda e' stata irrorata dal sangue dei cristeiros, cioe' dei "Cristi-Re", che tra il 1926 e il 1929 combatterono contro il regime massonico e laicista, al quale contrapponevano la sovranita' di Gesu' affrontando per questo il martirio come i loro "avi" in Vandea.
E i cui rapporti con la Santa Sede - avviati 50 anni dopo quei tragici avvenimenti - sono "in positiva evoluzione", come ha affermato in questi giorni il segretario di Stato della Santa Sede, Tarcisio Bertone, sottolineando che da parte del Governo - peraltro espressione dello stesso Partito Rivoluzionario Istituzionale che allora perseguitava i credenti - c'e' finalmente "un riconoscimento della funzione universale svolta dalla Chiesa e dalla Santa Sede".
Ma il Messico e' stato purtroppo, come e' noto, anche la patria del peggior simbolo della "sporcizia" denunciata e combattuta dall'attuale Pontefice fin dagli anni del suo servizio alla Congregazione della Dottrina della Fede: padre Marcial Maciel, il fondatore dei potentissimi Legionari di Cristo, tossicomane, stupratore e pedofilo, che arrivo' ad abusare perfino dei figli avuti da relazioni tenute segrete grazie a complicita' pagate con molti denari.
A differenza che negli Stati Uniti, qui in Messico il dramma degli abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi non ha portato ancora ad un serio esame di coscienza da parte dei vescovi che all'epoca non vedevano o non volevano vedere. E, a differenza che in Irlanda, qui lo Stato non ha vicariato l'assenza di iniziativa della Chiesa aiutandola a fare pulizia al suo interno.
Cosi' il viaggio di Benedetto XVI potrebbe rivelarsi un'occasione storica per innescare questo processo di risanamento anche in Messico, dove nei giorni scorsi proprio le vittime di Marcial Maciel hanno redatto un documento (tradotto in italiano dal vaticanista Marco Tosatti sul suo blog) per chiedere chiarimenti e limpidezza sul ruolo dei vertici della Chiesa, messicana e romana, a cui si erano rivolti gia' nel 1998 per denunciare il comportamento dell'uomo responsabile di crimini odiosi contro di loro.
E' noto che il cardinale Ratzinger fu l'unico a credere alle loro parole e che gli fu impedito di processare Maciel: una vicenda, venuta alla luce due anni fa grazie alla denuncia del cardinale Christopher Schoenborn di Vienna, dalla quale escono molto male alcuni collaboratori di Giovanni Paolo II, che arrivarono a pubblicare un comunicato della Segreteria di Stato per negare l'esistenza di qualunque procedimento a carico del religioso messicano. Papa Wojtyla, pero', alla fine si convinse e pochi mesi prima di morire autorizzo' ufficialmente la Congregazione della Dottrina della Fede a indagare.
Cosi' - anche senza un regolare processo - Benedetto XVI nel 2006 pote' privare Maciel di ogni autorita' nella Legione e costringerlo a vivere in isolamento. Per appurare le complicita' di cui aveva goduto tra i legionari, lo stesso Papa Ratzinger ha poi ordinato una visita canonica all'Istituto a seguito della quale ha nominato un delegato pontificio che ha i pieni poteri, il cardinale Velasio De Paolis.
Purtroppo, oltre che in Vaticano, dove diversi personaggi ricevevano da lui somme di denaro, padre Maciel - presumibilmente per le stesse ragioni - godeva di appoggi ramificati anche nell'Episcopato Messicano.
E questo spiega perche' - come ha confermato qualche giorno fa il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi - i vescovi locali non abbiano chiesto a Benedetto XVI di incontrare, come avvenuto negli Stati Uniti, in Australia, a Malta e in Germania, le vittime del religioso criminale, il che sarebbe stato importante, forse decisivo, per favorire una presa di coscienza da parte della Chiesa locale. Tuttavia, durante i tre giorni della visita, il Papa potrebbe compiere ugualmente un gesto significativo, ad esempio chiedendo loro scusa a nome di tutta la Chiesa, che ripagherebbe le sofferenze delle vittime.
E di sicuro renderebbe piu' stringente l'appello, annunciato da Bertone a Televisa, con il quale Papa Benedetto, esortera' a difendere la vita in un Paese dove il narcotraffico continua a uccidere ogni giorno e i delitti in maggioranza restano impuniti (come l'uccisione oltre vent'anni fa del cardinale di Guadaljara, Posada O Campos).
Ugualmente, nella seconda parte del viaggio, quando (da lunedi' a giovedi') sara' a Cuba, questo Papa anziano ma coraggioso, potrebbe sorprendere tutti non solo con l'incontro - che ufficialmente non e' in programma - con Fidel Castro, ma anche accogliendo le richieste dei dissidenti che lo hanno implorato di dedicare loro "un minuto" del programma. Anche a Cuba ci sara' una tappa che Giovanni Paolo II non ha toccato, il Santuario della Madonna del Cobra, luogo simbolo della fede dei cattolici dell'Isola, perseguitati per decenni, almeno fino alla visita di Papa Wojtyla del 1998. Al termine di quello storico viaggio il Pontefice polacco chiese a Cuba di aprirsi al mondo e al mondo di aprirsi a Cuba. Anche se la situazione della Chiesa e' migliorata, dopo 14 anni queste aperture di fatto non si sono realizzate, come dimostra la detenzione che si protrae per i prigionieri politici - solo in parte mitigata dalle ripetute scarcerazioni ottenute proprio dalla Chiesa Cattolica - e dall'embargo decretato dagli Stati Uniti che ugualmente continua. Anche in questa direzione, da Papa Ratzinger - non incline ai compromessi e al quieto vivere - potrebbero arrivare parole e gesti capaci di cambiare la storia.
La Radio Vaticana ha intervistato in proposito l'arcivescovo di Santiago de Cuba, prima tappa della visita, monsignor Dionisio Guillermo Garcia Ibanes, presidente Conferenza Episcopale Cubana. La cui preoccupazione, ha confidato, e' "far si' che nel nostro Paese tutti sentano il bisogno della riconciliazione, dell'incontro comune, del rispetto per la persona nella sua dignita' e nei suoi diritti, perche' tutti i cubani si sentano membri di questa patria, che amiamo molto, e che tutti si sentano come fratelli, indipendentemente dalla fede, dal modo di pensare, dalle condizioni sociali".
Anche monsignor Carlos Aguiar Retes, presidente della Conferenza Episcopale del Messico dal 2006 (e dunque non compromesso con Maciel) e ora divenuto presidente del Celam - che e' la Conferenza dei vescovi dei Paesi latino-americani - ha consegnato all'emittente della Santa Sede le attese dei vescovi suoi confratelli, ricordando che "quando il Messico viveva gravi difficolta' dovute al conflitto religioso, la figura del Pontefice e' stata sempre un elemento importantissimo nella vita ecclesiale del Paese".
Il Messico, ha aggiunto, "si trova a vivere problemi che mai aveva vissuto; si trova ad affrontare situazioni particolarmente complesse, che non vedono una soluzione immediata. Ma noi sappiamo - ha osservato - che proprio grazie alla nostra fede in questa situazione si cresce e si matura come discepoli di Cristo".
"Questa - ha concluso - e' la fiducia che ha la Chiesa Cattolica messicana, la quale affronta ogni evento con speranza. Per questo confidiamo e speriamo, con tutti noi stessi, che la presenza del Santo Padre ci infonda un grande entusiasmo e una grande gioia, nonostante tutte le nostre difficolta' che stiamo vivendo".
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1 commento:
Due piccole cose : i Cristeros (non "cristeiros") non erano i "Cristi-Re", ma i "soldati di Cristo", insorgenti contro la Massoneria per affermare la Regalità di Cristo anche sociale, cioè anche in questo mondo. Il santuario della Madonna a Cuba è quello del Cobre, non del "Cobra".
Per quanto riguarda il Messico, cara Raffaella, mi permetto di dissentire da te.
Anzitutto perché quando il "Mondo" processa il Papa su "ciò che avrebbe potuto fare" (vedi S.S. Pio XII) dimostra solo una forma più raffinata del suo odio a Lui e a Cristo.
Poi perché il tema fondamentale della Legione è in evidente continuità con quello dei Cristeros (lo stesso nome di "Legione" parla di esercito "romano", di scontro inevitabile fra chi ama il diritto e chi sovverte ogni legge nell'uomo e nella società), in particolare con l'urgenza di promuovere "l´estensione del Regno di Cristo nella società" (espressione tratta dal sito ufficiale della Legione), fattasi acuta proprio per l'incredibile violenza fisica e morale anticristiana attuata nei nostri tempi. Infatti vedo far capolino, nell'articolo di Beltramo Alvarez (su "La Stampa", impareggiabile covo anticattolico), un'associazione di "Vittime della Legione".
Dai crimini personali del fondatore-attore (pubbliche virtù, vizi privati) si è già passati al coinvolgimento della sua opera, con l'evidente volontà di sostenere che la Chiesa tutta si basa sull'ipocrisia (vecchissimo schema illuministico).
A Roma, te lo garantisco per saltuaria frequentazione, il lavoro dell'Ateneo dei Legionari è prezioso, non solo "accettabile"
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