Con Rosmini e Benedetto XVI in cammino nel periodo più forte dell'anno liturgico
Compagni di viaggio lungo la Quaresima
di Roberto Cutaia
«Una volta passeggiando verso l'ospedale, udì un bambino a piangere, si sofferma il passo, ascolta e s'accorge che doveva essere solo il bambino; ritorna in traccia della porta per entrare in casa di Petrogiacum, e là vi trova la culla, dove ebbe la pazienza di fermarsi buona pezza a ninnare, fino al ritorno della madre dalla campagna (Caterinin la Vezza). Gradita soddisfazione fu allora per la giovane Martina (...) che accorse di soppiatto ad osservare che cosa facesse il Rosmini in quel tugurio; e bello era il vederlo tutto cura per quietare quel bambolo ninnando la culla, e non bastando, guardava attorno su quei muri affumicati, e veduta la tazza appesa sopra la secchia, prese dell'acqua e col dito intinto lasciava di quando in quando una gocciuola d'acqua sulla lingua del bambino: questo esercizio di carità industriosa, spontanea, credo che sia durato circa due ore, finché ritornata la madre gliene fece la debita correzione».
Questa di suor Petronilla Tadini, rosminiana, è una delle centinaia attestazioni della santità di vita, raccolte dai padri rosminiani dopo la morte del beato Rosmini. E cos'altro ci propone in questo tempo di Quaresima Benedetto XVI, tempo di grazia per la penitenza e la conversione? «Quest'anno desidero proporre alcuni pensieri alla luce di un breve testo biblico tratto dalla Lettera agli Ebrei (10, 24): “Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone”». Bell'esempio quello del roveretano, nutritosi fin dall'età di sei anni delle Sacre Scritture e successivamente «arando con il possente vomere della carità intellettuale» le opere dei grandi pilastri della sua cultura teologica e della sua spiritualità, sant'Agostino, san Tommaso e sant'Ignazio, visse in grado eccelso e integrale la carità universale. Dando vita a una spiritualità come scrive Pier Paolo Ottonello in Amore e Preghiera: «Pleromatica, compitiva, radicata nel paolino -- praticare la verità nella carità -- è sintesistica, ossia è caratterizzata dalla costruzione metafisica e logica del significato del tutto come dialettica Essere-enti, il cui rigore, la cogente coerenza, la cui interezza fondano le inesauribili ricchezze antropologiche, teologiche, spirituali».
Dunque “carità” la via maestra per migliorare noi stessi e gli altri come insegnano Rosmini e il Papa. «Se noi abbiamo un vivo zelo per la salute delle anime, noi faremo tutto il possibile per acquistarle ed avvicinarle a Gesù Cristo; epperò nemici di tutte le parole inutili od oziose, e parimenti delle superflue e di ogni vana curiosità. Ma per fare che ogni nostra parola, ogni nostra operazione, sia indirizzata a migliorare gli altri e noi stessi e quindi a portare frutti di vita eterna, ci vogliono due cose; la prima e principale è, che la carità sia sempre quella che ci diriga e poi che domandiamo a Gesù Cristo il lume della sua prudenza, il quale moltiplica i frutti della carità. Un'anima che si propone, in tutto quello che fa o che dice, il bene delle anime, sì delle altrui che della propria, starà sempre raccolta anche in mezzo a molte opere esterne, perché il suo spirito è sempre inteso alla carità e chi pensa sempre alla carità di Gesù Cristo e non altro in cuore è sempre raccolto in Gesù Cristo ed in Dio, perché la Scrittura dice “Dio è carità”» (Epistolario Ascetico vol. III, p. 640, 324).
Un'altra forte lezione che giunge dal messaggio per la Quaresima 2012 del Papa e che trova sintonia con Rosmini è quello della correzione fraterna e del male nel mondo. «Nel nostro mondo impregnato di individualismo, è necessario riscoprire l'importanza della correzione fraterna -- spiega Benedetto XVI -- per camminare insieme verso la santità. Persino “il giusto cade sette volte” (Proverbi, 24, 16), dice la Scrittura, e noi tutti siamo deboli e manchevoli (cfr. 1 Giovanni, 1, 8). È un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C'è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr. Luca, 22, 61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi». Necessità più che mai attuale quella della riscoperta dell'importanza della correzione fraterna, da far prevalere, al primo dei vizi capitali la superbia, sempre gonfia tra quegli uomini che presumono di salvarsi senza merito. E poi il male nel mondo, dove male c'è perché è in noi, come sottolineò Rosmini a un figlio spirituale Guglielmo Agar il 3 febbraio 1844: «Vorrei incoraggiare ad acquistare un gran dolore ed orrore dei propri peccati. Un sol peccato, una sola offesa a Dio è materia sufficiente per piangere mille anni. Se una persona acquista questa cognizione e quest'orrore dell'offesa di Dio, sarà ben premunito contro la superbia, perché un solo peccato, se l'uomo ben ne conosce la deformità, basta ad umiliarlo sotto tutte le creature, e a non più riputarsi che un mostro, la feccia della natura, uno strumento degno solo del fuoco». Dunque quale altra via d'uscita propone la Chiesa all'umanità? Ebbene la medesima di sempre la “Santità”, a imitazione di colui che è sempre stato santo: «L'istinto che porta Dio a essere beato e l'istinto che porta Dio a essere santo, è un solo e identico istinto, è l'istinto che lo porta a essere perfetto, assoluto: poiché la santità essenziale che risiede nell'Essere supremo non è altro che l'atto ordinatissimo col quale egli rende continuamente beato se medesimo; e quest'atto è sempre ab eterno compiuto, per cui Iddio continuamente e compiutamente è beato e così santissimo» (Teosofia, n. 1035).
(©L'Osservatore Romano 2 marzo 2012)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento