Il neo cardinale di Toronto, Collins: servire la propria Chiesa è servire la causa della Chiesa universale
Tra i nuovi cardinali creati sabato scorso da Benedetto XVI, figura uno dei presuli più amati del Canada, l'arcivescovo di Toronto, Thomas Christopher Collins. La collega della redazione inglese della nostra emittente, Emer McCarthy lo ha intervistato:
R. – The way a local bishop best serves the Universal Church is by serving his …
Il modo migliore in cui un vescovo locale può servire la Chiesa universale è servire la Chiesa locale affidata alle sue cure. Questa è la nostra responsabilità principale e mi pare che il Santo Padre sia stato molto chiaro al riguardo. Le sfide dipendono ampiamente anche dalla zona geografica. Credo che in alcune zone, la sfida per la Chiesa siano le persecuzioni e penso che non abbiano sempre tempo di cavillare sui termini, mentre sono impegnati a morire per Cristo: questa è, infatti, la testimonianza fondamentale per il Signore. E questo, d’altra parte, lo ritengo molto “salutare” per le persone che vivono in Paesi più tranquilli: per l’arcidiocesi di Toronto è un grande arricchimento avere nelle parrocchie persone i cui parenti sono stati uccisi per Cristo. Sicuramente, questo pericolo ti “sveglia”, piuttosto che essere corrotti da un mondo cinico. Nella mia zona di responsabilità non abbiamo il problema delle persecuzioni: abbiamo altre sfide. Penso all’idea della gente secondo cui i fedeli devono comportarsi bene, essere tranquilli, non rispondere, tenere la testa bassa, non disturbare, e se vogliono pregare di andare a farlo nella loro chiesa… Mentre, per quanto riguarda i temi fondamentali della vita e della morte, i temi importanti, si pensa che noi non abbiamo grandi contributi da dare. Questo, semplicemente, non è vero. Credo che noi forniamo grandi contributi nelle nostre zone: non dobbiamo certo istituire una sorta di “teocrazia”, in cui la Chiesa detti legge in ogni ambito, ma semplicemente portiamo i nostri contributi. In definitiva, siamo parte del contesto e credo sia necessario esprimerci su argomenti come, per esempio, l’eutanasia, che nel mio Paese, ma anche in altri Paesi, sta diventando sempre più oggetto di dibattito. Così come occorre ribadire il concetto della santità della vita dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale… Questo è importante, è pratico, reale, umano. E questo è un ambito nel quale noi ci esprimiamo a chiare lettere. Questo è il magistero sociale della Chiesa e in questo ambito possiamo dare il nostro contributo.
D. – Quando, sabato mattina, era inginocchiato davanti a Benedetto XVI, quali pensieri le hanno attraversato la mente? Quali preghiere e quali speranze ha portato con sé?
R. – It’s just a moving experience to think of being called by the Holy Father …
E’ un’esperienza toccante, essere chiamati dal Santo Padre a essere cardinale: prendere coscienza della realtà, prendere coscienza di quel vivido colore delle vesti… Il rosso parla di tutti, anche di coloro che hanno dato il sangue per Cristo, e parla della Chiesa perseguitata, che in questo tempo è un tema particolarmente vero e attuale. Ecco, credo sia necessario rimanere saldi in quello che veramente conta: la testimonianza a Cristo. Io pregherò sempre di essere buono e fedele, di compiere sempre il meglio. Chiedo la grazia del Signore attraverso l’intercessione di grandi Santi, come San Giovanni Fisher e San Carlo Borromeo, che è un mio grande eroe: chiedo la loro intercessione perché siano insieme a me nella preghiera, così che io possa essere efficiente e capace di servire il popolo di Dio, da cardinale. (gf)
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