sabato 10 novembre 2012

Paolo Gabriele salva Polvani: ho dato io la busta a Sciarpelletti (Izzo)


VATICANO: GABRIELE SALVA POLVANI, HO DATO IO BUSTA A SCIARPELLETTI =

(AGI) - CdV, 10 nov. 

Paolo Gabriele, il maggiordomo di Papa Ratzinger che sta scontando la condanna a un anno e mezzo per Vatileaks, ha salvato oggi con la sua testimonianza l'onorabilita' di monsignor Carlo Maria Polvani, il responsabile dell'Ufficio Informazioni della Segereteria di Stato. 
Il sacerdote, che e' nipote del nunzio a Washington, monsignor Carlo Maria Vigano' (dalle cui lettere di protesta per il trasferimento in Usa, e' nato in pratica il caso Vatileaks) era stato accusato dall'informatico Claudio Sciarpelletti (condannato oggi a due mesi per favoreggiamento) di avergli consegnato una busta di documenti incriminanti, da far avere a Paolo Gabriele. Il maggiordomo ha invece dichiarato in aula di essere stato lui a dare quei materiali all'informatico e che Polvani non c'entrava nulla.
E se Paolo Gabriele se l'e' cavata con una semplicissima spiegazione: "ho dato a Claudio cose che cercavo su Internet, interessanti per chi ama la Chiesa e che condividevo con lui per curiosita'", affermando pero' di non ricordarsi se quei famosi fogli (alcune mail, una delle quali firmata "nuvola", e il fascicolo contro la Gendarmeria e il suo comandante Domenico Giani poi pubblicato nel libro di Nuzzi in un capitolo intitolato "Napoleone in Vaticano") li avesse consegnati in una busta sigillata o meno, la deposizione di monsignor Polvani, nell'udienza di oggi, e' stata molto carica di tensione emotiva. 
In particolare, il prelato, infatti, ha raccontato di uno strano colloquio avuto in luglio con l'imputato. "Tu mi dovrai capire, perdonare: l'ho fatto per i miei figli e la mia famiglia", avrebbe detto Sciarpelletti a Polvani, il quale pero' pur avendolo alle sue dipendenze nell'organico della Segreteria di Stato, non sapeva della situazione che vedeva l'informatico in stato di liberta' provvisoria dopo l'arresto e il ritrovamento della busta. "Prima della scorsa estate - ha detto ancora il suo capo - Claudio era molto espansivo e cordiale, poi a giugno e luglio si era chiuso nel suo ufficio con aria imbronciata, ma non sapevo cosa gli stesse accadendo. Di questa busta io ho saputo l'esistenza solo il 13 agosto, quando sono state pubblicate la requisitoria e la sentenza istruttoria". Richiesto di un giudizio sulla personalita' dell'informatico, Polvani ha poi aggiunto: "per me Sciarpelletti era una persona con indubbie qualita' e sfortunatamente la tendenza a 'impasticcciarsi', perche' davanti ai problemi si fa prendere dall'agitazione e talvolta non focalizza bene". A una domanda precisa, poi, ha risposto che Sciarpelletti "non aveva in ufficio atteggiamenti irriguardosi o sleali, ma talvolta gli capitava di essere molto critico verso l'Istituzione".
A monsignor Polvani e' stato anche chiesto dei rapporti tra Gabriele e Sciarpelletti, che la difesa dell'informatico voleva fossero in pratica "derubricati" da "grande amicizia" a "semplice conoscenza". "Personalmente - ha dichiarato il prelato - ho visto Gabriele nei nostri uffici due o tre volte, quando veniva da Sciarpelletti, il quale si vantava che erano molto amici. Non ho mai capito pero' se erano anche imparentati o provenienti dalla stessa regione".
Monsignor Polvani - che siti tradizionalisti hanno accusato di essere un sacerdote rivoluzionario filo Che Guevara, quasi un infiltrato in Segreteria di Stato - ha anche lungamente parlato del proprio dispiacere di vedersi coinvolto in questa vicenda, raccontando le sofferenze vissute dalla sua famiglia a seguito degli "anni di piombo". 
Il nonno, di cui ha portato in tribunale una foto, infatti, era stato presidente del CNR e poi rettore della Statale di Milano. Dopo essere stato oggetto di pubbliche contestazioni dagli studenti nel 1968 temeva di poter essere vittima di attentati insieme ai suoi cari. "Lasciammo l'Italia - ha raccontato oggi don Carlo Maria per motivare la sua assoluta lealta' alle istituzioni e lontananza da qualunque trama in qualche modo rivoluzionaria - e non dimentichero' mai le lacrime di mia madre". 
"Se sono prete oggi - ha scandito - lo debbo alle lacrime di mia mamma e a Giovanni Paolo II
E vedermi accomunato ai frondisti, mi lascia interdetto". "Personalmente - ha concluso - voglio solo che trionfi la verita' e anche il perdono".
Da segnalare che non ha poi deposto il comandante Giani, la cui assenza e' stata giustificata dal presidente del Tribunale, professor Giuseppe Dalla Torre, con "impegni istituzionali". Sulle modalita' della perquisizione del 25 maggio nell'ufficio di Sciarpelletti (alla quale assistette, si e' saputo oggi, anche il numero 3 della Segreteria di Stato, monsignor Brian Wells) hanno riferito in aula il vice comandante della Guardia Svizzera William Kloter, e l'ispettore della Gendarmeria Gianluca Gauzzi Broccoletti (tra l'altro citato nel libello).  

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