sabato 17 novembre 2012

In dialogo con il mondo contemporaneo. A colloquio con il cardinale André Vingt-Trois (Gori)

A colloquio con il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, in visita «ad limina Apostolorum»

In dialogo con il mondo contemporaneo


di Nicola Gori


È la Francia, con tutte le tensioni che inevitabilmente accompagnano ogni processo di cambiamento; la Francia, percorsa da correnti secolariste che accendono il dibattito su laicità dello Stato e simboli esteriori religiosi, nel quale si inserisce la diatriba sull'uso del velo da parte delle donne musulmane; la Francia accogliente che si trova a fare i conti con un flusso migratorio da convogliare nel tessuto sociale, al centro dell'intervista rilasciata al nostro giornale dal cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale, in questi giorni in visita ad limina Apostolorum.


Laicità dello Stato e simbolismo religioso sono ancora oggi oggetto di discussione in molti Paesi. In Francia in particolare si è riaccesa la querelle a proposito della legge sul velo delle donne musulmane. Cosa c'è veramente in gioco?


Certamente non viene messo in discussione l'equilibrio generale della laicità. Esiste, però, dal XIX secolo una corrente di militanti laici che vogliono far sparire i segni visibili della religione. Di qualsiasi religione, senza distinzione. È un movimento che si batte per la separazione della Chiesa dallo Stato, ma non è mai stato dominante. La separazione della Chiesa dallo Stato presuppone che le religioni non abbiano potere politico in Francia. E ciò è una cosa positiva. Indubbiamente c'è stato qualche problema riguardo ai segni esteriori religiosi, in particolare proprio a proposito del velo integrale, poiché comporta l'impossibilità di riconoscere e identificare una persona nei luoghi pubblici. Qualche anno fa è stata approvata una legge per vietarlo. È una tradizione in un certo numero di correnti religiose, che non rappresentano però la totalità dell'islam. Questa legge è stata votata, ma è applicata con moderazione, a meno che non vi siano chiari intenti provocatori. Ci possono essere naturalmente altre questioni legate ai segni religiosi esteriori: si tratta di simboli ordinari, provocatori od ostentatori?


Un problema acuito dal costante flusso immigratorio in Francia?


Sulla questione immigrati è necessario fare innanzitutto alcune precisazioni. Intanto ci sono immigrati cristiani e immigrati appartenenti ad altre religioni. Purtroppo i cristiani che fuggono dai loro Paesi a causa delle persecuzioni sono numerosi. Penso, in particolare, ai caldei che sono presenti nella regione parigina. I cattolici francesi accolgono e aiutano questi fratelli in maniera diversa, a seconda dei luoghi e delle situazioni. Non ci sono difficoltà particolari in questo senso. Ci sono semmai proprio delle difficoltà dovute alle differenze culturali. Per esempio la Francia ha una tradizione di accoglienza nei riguardi dei magrebini, soprattutto algerini. Gente che si è integrata perfettamente nella società francese senza troppe difficoltà. Ciò è chiaramente dovuto al legame esistente tra Francia e Algeria, anche se le cose oggi sono un po' cambiate, perché le nuove generazioni algerine non hanno vissuto l'epoca del rapporto stretto con il nostro Paese. Arrivano quindi senza avere una conoscenza profonda della Francia, né dei suoi costumi né della sua cultura. Un tempo, invece, i giovani algerini potevano apprendere la nostra realtà e i suoi valori nelle scuole francesi esistenti in Algeria. A fronte di ciò c'è poi una forte immigrazione dall'Africa del nord e sub-sahariana, caratterizzata da grandi differenze culturali e da una notevole difficoltà d'integrazione sociale, che è questione diversa dall'integrazione religiosa. La società non è preparata, non ha i mezzi o non li trova per integrare veramente questi giovani stranieri, emarginati dal punto di vista economico. Ecco, quindi che si attivano delle tensioni, delle aggressività, che sono spiegabili appunto con i problemi economici e con le difficoltà di integrazione culturale.


Ci sono risvolti dal punto di vista della garanzia dei diritti umani essenziali?


Vi sono diverse associazioni, cristiane e non cristiane, impegnate nell'integrazione degli immigrati nella nostra società. Il problema presenta diverse sfaccettature. Ci sono gli immigrati regolari e quelli irregolari. Noi abbiamo sempre affermato il valore universale della dignità umana e da tempo cerchiamo di far comprendere che qualunque sia la situazione legale di un immigrato, egli è sempre una persona umana titolare di diritti. Il fatto di non godere di tutti i diritti non significa che non ne abbia alcuno. Per questo, attraverso le associazioni, stiamo molto attenti al modo con cui vengono attuate alcune procedure, come i controlli di identità, la detenzione e il rimpatrio nei Paesi di origine.


E quali problemi, questo grande movimento migratorio, pone nel dialogo tra le diverse religioni che, per forza di cose, si confrontano in Francia?


La Chiesa cerca di essere presente nei quartieri delle città per portare avanti un autentico dialogo religioso, poiché la difficoltà con le altre religioni, e in particolare con i musulmani, non è tanto religiosa ma soprattutto di integrazione sociale. Siccome essi non hanno modo di esprimere questa difficoltà, essa si traduce in termini di opposizione religiosa. Un certo numero di giovani che si dichiara musulmano lo fa per far notare la sua differenza, per marcare la sua distinzione dagli altri. Il nostro impegno è di incontrarli e di accettare il confronto con essi, non su grandi idee religiose, ma sul terreno della vita quotidiana.


Come vivere questo momento di rilancio dell'evangelizzazione in una società segnata dalla secolarizzazione come quella francese?


Cerchiamo di vivere la missione della Chiesa nelle condizioni in cui siamo, cioè in una cultura globalizzata e mediatizzata molto forte, che provoca una sorta di eradicazione delle questioni spirituali dalla cultura. Siamo di fronte a un movimento culturale molto profondo che attraversa la nostra società. Sono convinto che dobbiamo essere presenti e portare avanti un confronto, una discussione, uno scambio con i rappresentanti delle diverse correnti che esistono. A questo proposito, a Parigi, il cardinale Jean-Marie Lustiger aveva fondato il collegio dei Bernardini come luogo di riflessione, di scambio, di condivisione della vita della società.


E come far fronte a questo impegno stante la crisi delle vocazioni?


La questione delle vocazioni è legata all'evoluzione e alla trasformazione delle condizioni della missione della Chiesa. La riduzione delle vocazioni è un fenomeno durevole e non si avrà, almeno nel breve periodo, inversione di tendenza. Questo vuol dire che la Chiesa adesso organizza la sua vita tenendo conto della situazione. Siamo impegnati perciò ad aiutare i preti a tornare all'essenziale del loro ministero, cioè alla vita sacramentale dei cristiani. Fortunatamente, pur mancando sacerdoti, la Chiesa va avanti. Anche grazie all'aiuto dei laici impegnati nel curarne gli aspetti organizzativi.


Come affrontare le problematiche suscitate dal progetto di legge a proposito del matrimonio tra persone dello stesso sesso?


Da diverso tempo abbiamo espresso il nostro punto di vista e la nostra opposizione, e abbiamo avvertito sui pericoli di un progetto di legge del genere. Siamo in un'epoca in cui il governo francese impone nelle elezioni locali la stretta parità tra uomini e donne. Al contrario, una simile legge sul matrimonio, a proposito del quale esiste già una stretta parità tra uomini e donne, rischia di produrre effetti devastanti. Penso soprattutto ai bambini, che, in tali situazioni, non hanno la possibilità di identificarsi nell'esperienza della dualità sessuale.


Potrà, secondo lei, essere proprio quest'anno dedicato alla fede l'occasione da cogliere per tentare un rilancio dell'anima credente della Francia?


Lo speriamo. Abbiamo dato ampia diffusione alla Lettera apostolica di Benedetto XVI Porta fidei, e dato indicazioni precise a tutte le parrocchie di rilanciare, durante le domeniche della prossima Quaresima, il Credo. Nel 2013 poi si celebrerà il giubileo per gli 850 anni della cattedrale di Notre-Dame di Parigi. In quella occasione promuoveremo una rinnovata professione di fede.


(©L'Osservatore Romano 17 novembre 2012)

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