L’ambasciatore del Messico presso la Santa Sede parla della prossima visita di Benedetto XVI
Un legame consolidato nel tempo
Mario Ponzi
Da Wojtyła a Ratzinger, il Messico nel cuore del Papa e il Papa nel cuore del Messico. È l’impressione che si ricava dalle parole di Héctor Federico Ling Altamirano, ambasciatore presso la Santa Sede del Paese latinoamericano, dove Benedetto XVI si recherà dal 23 al 26 marzo prossimo per il suo ventitreesimo viaggio internazionale, che dal 26 al 28 toccherà anche Cuba. Nell’intervista rilasciata al nostro giornale il rappresentante diplomatico ripercorre i momenti salienti delle cinque visite compiute da Giovanni Paolo II, descrive i sentimenti suscitati dagli incontri con la popolazione messicana e parla dello spirito di collaborazione tra autorità civili, religiose e semplici cittadini che sta caratterizzando il periodo di attesa dell’arrivo del Papa, nel momento in cui si sviluppa nel Paese un ampio dibattito sul ruolo della religione, e della Chiesa in particolare, per il futuro della società messicana.
Il Messico è stato uno dei Paesi visitati da Giovanni Paolo II durante il suo primo viaggio internazionale, nel gennaio del 1979. In seguito Papa Wojtyła è tornato altre quattro volte: nel maggio 1990, nell’agosto 1993, nel gennaio 1999 e nell’agosto 2002. Come ha vissuto il popolo messicano questa evidente testimonianza d’amore del Papa polacco?
Il popolo messicano, nelle cinque visite di Giovanni Paolo II, ha dimostrato un affetto molto grande per il Papa e una gioia molto particolare per le sue visite, che, per la loro frequenza e intensità affettiva, sono diventate ormai una bella consuetudine. La singolarità di Giovanni Paolo II, la sua origine polacca, il suo essere sopravvissuto agli orrori sia del nazismo sia del comunismo, la sua figura patriarcale, così tanto aperto nei confronti di un popolo capace di gridare la propria gioia e dimostrare il proprio entusiasmo, possono aiutare a capire, sia dal punto di vista sociologico che religioso, il perché di tanto entusiasmo. Non minore importanza darei alla forte devozione di Papa Wojtyła per la Vergine di Guadalupe. E non dimenticherei neppure l’emozione che hanno suscitato alcune sue affettuoso espressioni per il popolo messicano: «Sarò con voi fino alla fine dei tempi» e «mi sento messicano».
Trentadue milioni di persone in fila anche cinquanta ore per venerare le reliquie del beato Giovanni Paolo II esposte lo scorso anno nella cattedrale di Città del Messico. È il segno di quanto il Papa polacco sia rimasto nel cuore dei messicani. Cosa, secondo lei, ha suscitato tanto amore?
Quello che è avvenuto in Messico durante il pellegrinaggio delle reliquie del beato Giovanni Paolo II in tutto il territorio della Repubblica, meriterebbe una serie di valutazioni diverse, riguardo sia ai luoghi visitati, sia al numero dei fedeli che l’hanno accolte, sia all’atteggiamento di devozione autentica dimostrato dal popolo cattolico. Sensazioni che si sono registrate ovunque: dalla selva Huasteca alle grandi città dell’altopiano, dall’arido e moderno nord fino ai più reconditi luoghi maya dello Yucatan e del sud-est e, come lei ha detto nella sua domanda, in quell’enorme centro demografico che è Città del Messico. Penso che anche la collaborazione, semplice ma efficace, che le autorità civili e politiche hanno offerto all’episcopato abbia contribuito. Effettivamente mi è stato riferito che in molte città si sono formate interminabili file di devoti fino a notte fonda, in alcuni casi addirittura fino all’alba. Sono convinto che alla base di questa straordinaria manifestazione di amore ci sia stata la gratitudine e una vera ammirazione per un Papa che ha viaggiato ovunque nei cinque continenti per cercare di lasciarci un mondo migliore. E lo ha fatto sino al momento di tornare alla casa del Padre.
E ora arriva Benedetto XVI. Con quali sentimenti la nazione messicana si accinge a vivere questo nuovo incontro con il Papa?
È difficile riassumere in poche parole i sentimenti con cui il popolo messicano si prepara a ricevere Benedetto XVI. Comunque già si può toccare con mano l’ansiosa attesa. C’è un fervore crescente, paragonabile in parte a quello suscitato da Giovanni Paolo II. Il luogo scelto per gli incontri con la gente è significativo per giustificare tanto fervore. Guanajuato è uno degli Stati centrali del Messico, sia per la sua posizione geografica sia per la sua estensione demografica. Ma è soprattutto una zona popolata da gente che vive un cattolicesimo intenso. Tra l’altro è una terra che, nonostante i cinque viaggi di Giovanni Paolo II, non ha mai avuto la gioia di ospitare il Papa. Alle dimostrazioni di affetto reciproche tra Papa Wojtyła e il popolo cristiano del Messico, sono sicuro che si aggiungeranno quelle con Benedetto XVI. È un magnifico portatore del messaggio evangelico, in grado di insegnarlo anche nelle difficili circostanze che si trovano ad affrontare i popoli latinoamericani. Viene — come ha detto egli stesso lo scorso 12 dicembre nella basilica di San Pietro — per conservare e accrescere la loro fede.
Il Messico, nonostante questa sua anima tradizionalmente e profondamente cattolica, sembra oggi pervaso da una minacciosa corrente secolarista. Quanto può aiutare l’innata religiosità popolare ad affrontare questa sfida?
Mi permetta di precisare questa delicata questione, in quanto a volte sembra che il secolarismo sia una fenomeno dominante ovunque nel mondo, uno sfondo sul quale si susseguono altri fenomeni che minacciano il cattolicesimo. Mi sembra che, sebbene questa valutazione possa essere corretta per il vecchio continente (e molto consistente in alcune nazioni dalle profonde radici culturali cattoliche), nel caso del Messico la secolarizzazione e il relativismo stanno cominciando a crescere nelle aree urbane. In America la causa principale della perdita della religiosità è la “migrazione” o il passaggio ad altre comunità o confessioni religiose. In ogni caso, la presenza del Papa tra i messicani (l’83 per cento è cattolico, secondo l’ultimo censimento) può costituire uno stimolo per conservare un atteggiamento gioioso e pieno di senso in molti cattolici preoccupati per tali questioni. Si può anche rafforzare l’unità familiare, sociale e politica. In ogni caso bisogna seguire attentamente l’evolversi di questi dati e di queste valutazioni.
«Nessuno riceve il Papa come il Messico» è lo slogan popolare che accompagna questo periodo di attesa dell’arrivo di Benedetto XVI. Un modo inequivocabile di riaffermare la propria fede?
Come ho appena detto, non credo che i piani logistici, o pubblicitari, degli eventi e delle cerimonie protocollari siano pensati come risposta al cosiddetto secolarismo. Penso che la frase «Nessuno riceve il Papa come il Messico» sia espressione di una convinzione popolare molto diffusa tra il popolo cattolico messicano. In ogni caso, è un invito a partecipare all’accoglienza del Papa e a essere presenti nei momenti più importanti della visita per ascoltare il suo messaggio.
L’arcivescovo di León, città dove soggiornerà Benedetto XVI, ha lanciato un appello alle organizzazioni criminali per una tregua nei giorni della visita. Quanto è pesante il clima di violenza scatenato dai cartelli del narcotraffico?
L’appello lanciato dall’arcivescovo di León merita ogni rispetto e considerazione. Tecnicamente però una tregua si può ottenere solo se si pone fine alle ostilità. In Messico i delitti e i diversi crimini, e tra di essi il narcotraffico, sono severamente perseguiti. Anche il nunzio apostolico Christophe Pierre ha chiesto a tutti, e soprattutto ai criminali, un cambiamento di mentalità in vista della visita del Papa: «Ciò che chiediamo a tutte le persone di buona volontà è di ascoltare la voce della ragione e di ascoltare la voce di Dio». È comunque vero che il clima di violenza è diventato una preoccupazione quotidiana per molte persone e una minaccia latente soprattutto in certe zone. Ma è altrettanto vero che si sta facendo uno sforzo tremendo, per ciò che riguarda impiego di risorse e di uomini, nella lotta contro il crimine organizzato.
Il presidente Felipe Calderón, riferendosi proprio al clima violento che si respira nel Paese, è stato molto esplicito nell’invito rivolto al Papa: «Abbiamo bisogno di lei nel nostro Paese». Cosa ci si attende dalla visita del Pontefice su questo fronte?
Sicuramente le attese ci sono e riguardano i più svariati ambiti della vita nazionale. Per esempio, in quello religioso l’attesa è concentrata sulla riscoperta, da parte soprattutto dei cattolici, del senso vero della solidarietà verso il prossimo. C’è anche chi si aspetta un intensificarsi della predicazione evangelica, una migliore educazione e una maggiore consapevolezza dell’etica nello svolgimento delle funzioni pubbliche. Per quanto riguarda le affermazioni del presidente Calderón, io credo che da questa breve ma molto significativa visita di Benedetto XVI al mio Paese si possa attendere in particolare un ulteriore nutrimento per le anime e per i cuori di un popolo che è naturalmente e profondamente religioso, una speranza e una fiducia sulle quali sia possibile costruire insieme una patria migliore. Un progetto che si può realizzare solo se crescono insieme lo spirito e la volontà di fare qualcosa per il bene comune.
C’è un clima di grande collaborazione tra la Chiesa e le autorità federali per la preparazione della visita. Risulta che vi siano anche molte fondazioni e numerosi privati pronti a sostenere le spese per l’organizzazione. Cosa pensa di questa convergenza di intenti per ricevere il Papa?
Le posso dire che il Governo federale sta collaborando con la Santa Sede nel senso più ampio del termine. Sono stato testimone di alcuni preparativi a Guanajuato. In particolare so che si stanno facendo grandi cose per l’importante cerimonia di domenica 25 marzo nel Parco del Bicentenario. La cosa più bella è che tutto si svolge in uno spirito di grande collaborazione per il coordinamento a tutti i livelli da parte del Governo. Riguardo al contributo di altri soggetti alla organizzazione, posso solo dirle che c’è una vasta partecipazione dei funzionari, dei media, degli imprenditori, della Chiesa e di tanti altri. Una collaborazione che è auspicabile in questa come in tutte le occasioni.
Una convergenza dunque che ritiene possa in futuro trovare riscontri anche nell’affrontare gli altri problemi del Paese?
Mi sembra molto importante che ci possa essere un risorgere della solidarietà sociale e che si riesca a mantenerla nel corso del tempo in forma organizzata. In diverse occasioni, piccole e grandi, abbiamo potuto constatare il sorgere spontaneo della solidarietà. Questo avviene quando sopraggiungono grandi disastri come inondazioni, siccità o terremoti. E in Messico abbiamo avuto di tutto. Tuttavia sino a oggi sono state solo scintille di aiuto reciproco, smorzatesi subito, come i fuochi di artificio. L’auspicio è che questa visita del Papa possa essere occasione per l’inizio di una solidarietà organizzata, ben pensata e duratura.
(©L'Osservatore Romano 10 febbraio 2012)
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