Il cardinale Ouellet sul viaggio del Papa in Messico e a Cuba
Tra fede e speranza
di Mario Ponzi
Sarebbe un errore di valutazione pensare la prossima visita di Benedetto XVI in Messico e a Cuba secondo parametri politici o culturali. Il Papa va in questi due Paesi dell'America Latina per irrobustire la fede secolare di una popolazione oggi minacciata dal vento del secolarismo. È chiara la lettura che il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina, propone a proposito del crescente interesse suscitato dal viaggio apostolico di Benedetto XVI. Ne parla nell'intervista al nostro giornale.
Il Papa a marzo compirà un viaggio essenzialmente religioso e mariano. Tuttavia ci sono molti altri motivi d'interesse legati a questo viaggio apostolico.
Senza dubbio. Ma la presenza del Papa a Cuba e in Messico avrà un significato ben oltre ogni valutazione politica o culturale, perché la sua primordiale finalità sarà quella di confermare e irrobustire la fede della stragrande maggioranza dei popoli dell'America Latina. Certo che non mancherà un'attenta considerazione dei contesti e delle circostanze in cui si svolgerà questa visita pastorale; ma essa non rimarrà definita dai problemi né dalle sfide che incontrerà. Il pellegrinaggio del Papa sarà innanzitutto l'annuncio di Cristo, speranza del continente. In questo senso, la sua presenza avrà come effetto di anticipare in qualche modo, per l'America Latina, l'Anno della fede.
Allargando un po' lo sguardo all'intero continente fa riflettere l'esortazione del Papa ai popoli latinoamericani a rinnovare proprio la vocazione alla speranza. Quale significato assume per una società che si propone al mondo in forma di un nuovo protagonismo emergente?
È vero che l'America Latina è in una fase di protagonismo emergente nel concerto mondiale e che da essa ci si aspetta un contributo importante per il superamento delle gravi crisi finora concentrate soprattutto negli Stati Uniti e nei Paesi europei. Il contributo maggiore dell'America Latina al mondo, però, è quello della sua originalità storico-culturale, resa testimonianza dalla fede inculturata nella vita dei suoi popoli, simboleggiata, per eccellenza, dal volto meticcio di Nostra Signora di Guadalupe. Senza di essa, non si parlerebbe dell'America Latina come continente della speranza.
A duecento anni dall'indipendenza dei Paesi dell'America Latina, resta tuttavia ancora molta strada da fare per raggiungere un'accettabile integrazione tra i diversi popoli. Quali sono i presupposti per farlo?
L'America Latina porta impressa nella sua storia una vocazione di unità, fondata nella vicinanza geografica dei suoi Paesi, in un comune sostrato linguistico e culturale, in comuni vicissitudini storiche e soprattutto nella fede cattolica che segna tutta la sua vita. Essa si manifesta nel profondo senso di fratellanza percepito e vissuto tra i latinoamericani. L'integrazione economica e politica ha fatto passi molto importanti negli ultimi decenni in America Latina, ma è ancora insufficiente e irta di ostacoli e resistenze. Rischia di impantanarsi se rimane a livello dei semplici scambi commerciali o alle retoriche politiche.
Essa ha bisogno di fondamenta più solide e di una mistica che solo possono essere date da una rinnovata consapevolezza dell'identità e dell'unità di popoli animati dalla vitalità della fede cattolica.
Miseria, analfabetismo, incertezza sociale, minacce alla vita nascente, corruzione, violenza, narcotraffico sono i mali di cui ancora oggi soffre il continente. Come può la Chiesa affrontare queste sfide?
Tutti i problemi sociali che lei ha elencato sono certamente molto gravi e urgenti. La missione della Chiesa abbraccia tutti i bisogni delle persone, delle famiglie, dei popoli.
Il suo impegno non può mancare a tutti i livelli, soprattutto nella responsabilità che è propria ai fedeli laici, protagonisti nei movimenti di solidarietà, di pace e di giustizia, sostenuti dalla testimonianza evangelica dei religiosi e dagli insegnamenti e guida dei pastori. Bisogna agire di più e meglio nella linea tracciata dall'enciclica Caritas in veritate e cioè con la convinzione che la soluzione ai problemi sociali non proviene dalle ideologie mondane, sempre parziali e deludenti, ma piuttosto dalla carità creatrice, perseverante e concreta per soccorrere le persone e cambiare le strutture ingiuste.
Un problema reale è poi quello della difesa dell'ambiente messo in grave pericolo da interessi che il più delle volte esulano dai confini del continente.
La difesa dell'ambiente va certamente sostenuta con politiche lungimiranti e una seria cooperazione internazionale. Bisogna custodire il creato e usufruire ordinatamente e sapientemente della ricchezza che la Provvidenza ha posto nella geografia fisica dell'America Latina, senza avidità distruttrice -- che tanto male ha fatto -- ma anche senza quell'ecologismo radicale, ideologico, in cui la retorica della madre terra, tentata da panteismo, rischia di lasciare molti gruppi umani nell'arretratezza e nella marginalità. Il contributo fondamentale della Chiesa e del Papa è di sottolineare l'importanza dell'ecologia umana, non dimenticando che il pianeta è per l'uomo e non l'uomo per il pianeta. Se è vero che le risorse e i ritmi della natura devono essere rispettati, tanto più vero è che la natura dell'uomo non può essere sottomessa alla dittatura dei desideri soggettivi che portano persino ad attentare contro una cultura per la vita e che deformano il vero senso del matrimonio e della famiglia.
A ottobre si celebrerà il Sinodo sulla nuova evangelizzazione, con uno sguardo rivolto in particolare ai Paesi di antica tradizione cristiana. In questo contesto l'America Latina non rischia di sentirsi al margine, soprattutto nel periodo in cui in tutto il continente si registra uno sforzo notevole per dare un seguito alle indicazioni della Conferenza di Aparecida?
La secolarizzazione avanza ovunque in America Latina, soprattutto nelle grandi città, benché i popoli continuino a mostrare un forte attaccamento alla Chiesa cattolica e la pietà popolare si manifesti con grande vitalità. Perciò c'è grande interesse per la prossima assemblea del Sinodo dei vescovi, non tanto per approfondire una diagnosi sulle culture secolarizzate, ma soprattutto per condividere esperienze e modelli nell'impegno per la nuova evangelizzazione. La missione continentale, iniziata dal 2007, dopo la v Conferenza generale dei vescovi del continente in Aparecida, dovrebbe illustrare per tutta la Chiesa il dinamismo evangelizzatore dell'America Latina, specialmente nel custodire e far crescere nella fede il tesoro di una sana pietà popolare.
(©L'Osservatore Romano 13-14 febbraio 2012)
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