Il neo cardinale Giuseppe Betori: la porpora non è una "funzione", ma un servizio alla gente
Tra i cardinali creati ieri dal Papa, figura anche l'arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, l'unico fra i nuovi porporati italiani a risiedere in una arcidiocesi. Luca Collodi lo ha contattato per chiedergli in che modo il nuovo ruolo incida sulla sua missione pastorale:
R. – Direi che è un po’ di vitalità della Chiesa, perché – come voi sapete – i cardinali sono coloro che collaborano con il Santo Padre, nella missione universale del Santo Padre. E’ quindi un aprire lo sguardo verso una pluralità di presenze della Chiesa, che vanno ben oltre un compito d'ufficio: guardano a quelle espressioni realmente all’avanguardia nella vita della Chiesa, alle tante piccole comunità, magari oppresse e perseguitate, che nel mondo continuano a far risplendere la luce del Vangelo. Qui non si tratta semplicemente di una funzione – quella del consigliere del Papa – ma si tratta di una questione che riguarda la vita delle persone. Quindi, quel che è stato, in qualche modo, seminato in me nell’ordine episcopale, nel giorno della mia ordinazione a vescovo, adesso trova uno slancio, uno stimolo che coinvolge tutta la mia esistenza nel dono a Dio e agli altri, come ha detto il Papa riprendendo peraltro un’immagine che ho scoperto negli scritti del mio predecessore, il cardinale Elia Dalla Costa, non facile trovarsi e che mi ha fatto molto piacere riudire dal Santo Padre con la medesima frase che disse il cardinale Dalla Costa nel giorno del suo ingresso a Firenze da cardinale.
D. – Eminenza, lei assume una responsabilità pastorale in un momento difficile per la comunità civile italiana. Che riflessione fa a riguardo?
R. – Io ho voluto fare un piccolo gesto contro il protocollo oggi, quello di andare a dare la mano al nostro presidente del Consiglio che, con molta squisitezza, ha volute essere, lui stesso, a rappresentare il governo in questa celebrazione. Mi è sembrato opportuno, come vescovo residenziale italiano, dirgli il grazie della Chiesa in Italia per questa vicinanza alla Chiesa e – se vogliamo – anche la vicinanza della Chiesa nel cammino difficile della nazione in questo momento. E su questo punto, credo che dobbiamo far prevalere le ragioni della speranza contro i pessimisti di turno, che non ci farebbero fare un passo in avanti. (mg)
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