Il 18 febbraio verrà presentato il catalogo della mostra omaggio a Benedetto XVI per il sessantesimo di sacerdozio
L’arte è polifonica
Splendore della verità e bellezza della carità in un palinsesto di immagini e suoni
Micol Forti
Il 18 febbraio a Roma, nella Sala Santa Caterina presso la basilica di Santa Maria sopra Minerva, verrà presentato il catalogo «Lo splendore della verità, la bellezza della carità. Omaggio degli artisti a Benedetto XVI per il 60º di sacerdozio» (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2012, pagine 160, euro 35) che documenta la mostra allestita in Vaticano dal 5 luglio al 4 settembre 2011. Interverranno il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana, Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani e quattro degli artisti che hanno partecipato all’esposizione: l’architetto Santiago Calatrava, lo scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami, lo scultore Jannis Kounellis e il musicista e compositore Arvo Pärt. Pubblichiamo quasi integralmente la premessa al volume scritta dalla curatrice del reparto dell’arte dell’Ottocento e contemporanea dei Musei Vaticani, che ha curato il catalogo insieme a monsignor Pasquale Iacobone.
La creazione artistica, nelle sue più diverse forme, nella eterogeneità delle tecniche e delle declinazioni stilistiche, si manifesta all’interno di un vasto terreno comune, quello della comunicazione, della condivisione e dello scambio; e il suo valore espressivo si consolida e, a un tempo, si trasforma, grazie al suo essere parte integrante di un determinato periodo storico.
Ogni forma linguistica e poetica esige una fonte creatrice e un alveo capace di accogliere il suo fluire, la sua capacità di contaminare ed essere contaminata, di interpretare ed essere interpretata, senza soluzione di continuità, dal tempo, dalla cultura e dalla storia.
Gli artisti e gli intellettuali presenti in questa occasione espositiva, «Lo splendore della verità, la bellezza della carità», testimoniano di uno sguardo allargato sul mondo della cultura, che comprende pittori, scultori, architetti, poeti, letterati, musicisti, fotografi e orafi; per questa ragione i principi sottesi al lavoro di selezione non hanno seguito criteri consolidati, all’insegna di uno specifico argomento o di una generica rassegna.
Piuttosto si è voluta testare la possibilità di comporre un tessuto fatto di “convergenze”, in cui l’inevitabile e auspicata policromia, dovuta a trame e orditi di diversa natura e provenienza, rispettasse le singole espressioni artistiche e al tempo stesso esaltasse la straordinaria ricchezza celata o sprigionata dalla convivenza di molteplicità e diversità.
Una sfida resa ancor più delicata dall’essere questo un gesto-omaggio per un’occasione straordinaria come la celebrazione del sessantesimo anniversario di sacerdozio di Benedetto XVI, ovvero di un lungo cammino, individuale e universale a un tempo.
Alla luce di queste premesse, i criteri seguiti hanno tenuto conto di alcuni elementi fondamentali. In primo luogo il riferimento guida rappresentato dall’incontro, avvenuto il 20 novembre del 2009 in Cappella Sistina, tra il Santo Padre e il mondo dell’arte: dalla danza alla musica, dall’architettura alla video arte, dal cinema alla letteratura, dalle arti figurative al teatro. L’attenzione per la complessità in cui si articola il campo di azione della creatività umana è stata così uno degli obiettivi più interessanti in questa occasione, perché ci ha spinti a portare in esposizione anche forme artistiche che utilizzano altri luoghi e modi di comunicazione.
Compositori, poeti e letterati si sono volentieri offerti presentando le loro opere come “segni”, non suonati e non letti eppure testimoni di un mondo di idee e di espressioni, in costante tangenza con forme comunicative differenti; e la loro presentazione è stata pensata come un sistematico contrappunto ai linguaggi visivi. Insieme all’architettura — anch’essa esposta nella sua forma progettuale, con plastici e disegni, o documentaria, attraverso la fotografia — esemplificano una visione complessa che rinunciando da un lato a ogni espressione ideale e specialistica, propone una possibilità di integrazione tra diversi piani formali e percettivi. Con analogo intento si è dato ampio spazio all’oreficeria e alla fotografia. L’accostamento tra un sapere artigiano di antichissima origine e una rivoluzionata modalità di osservazione grazie all’uso di un medium tecnologico può suonare anacronistico: rappresenta al contrario l’importanza delle forme linguistiche che, per loro stessa natura, si muovono nelle aree di confine tra forme espressive differenti.
L’oreficeria nella sua oscillazione tra arte e artigianato, manifattura e scultura, aspetto funzionale e valore estetico; la fotografia nel suo complesso e contraddittorio rapporto con la realtà, nella sua capacità di indagine di mondi e modi, in costante dialogo con tutte le forme artistiche.
Le opere fotografiche, che rimandano idealmente anche a quelle video, non incluse per ragioni squisitamente tecniche, hanno inoltre il merito di rappresentare un ampio ventaglio di quella pluralità di declinazioni linguistiche che rendono questo settore artistico tra i più fertili e interessanti del nostro tempo.
In questo contesto di tangenze e convergenze hanno trovato luogo e senso anche le opere pittoriche e scultoree, ovvero lavori appartenenti ad ambiti tanto tradizionali quanto magnificamente contaminati dalle più diverse forme espressive. La proposta, limitata a poco più di due decine di lavori, non poteva e non voleva avere carattere rappresentativo, piuttosto ha voluto garantire e incrementare quella difformità polifonica sottesa al labirinto di percorsi che si andava delineando. Varietà di linguaggi, di tecniche, di materiali, di soggetti, di ambiti culturali e di pensiero, hanno garantito una visione articolata attraverso la quale documentare, sebbene nei limiti imposti dalla circostanza espositiva, la molteplicità degli obiettivi delle ricerche artistiche.
Una molteplicità che è alla base dei futuri, possibili, sviluppi e approdi contenutistici e formali.
È dunque anche alla luce di questo prezioso tessuto culturale che il solo video presente in mostra, simbolica rappresentanza del mondo cinematografico, è stato concepito come una “sequenza palinsesto” di immagini tratte dal cinema italiano:diverse le firme, le epoche, gli stili, i soggetti. Il regista Pupi Avati, che ha ideato e montato questo bel collage, ha introdotto nell’esposizione l’elemento del frammento quale fattore stilistico e contenutistico a un tempo, la cui nuova coerenza e unità sono emblematicamente rappresentate dai pochi fotogrammi recuperati della cerimonia di investitura sacerdotale del giovane Joseph Ratzinger il 29 giugno 1951.
Una simile difformità meritava un allestimento meditato, capace di garantire la leggibilità a ogni singola opera, di salvaguardare la varietà di cui era costituito l’insieme, nonché di permettere una fertile contaminazione tra opere differenti.
(©L'Osservatore Romano 17 febbraio 2012)
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